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Troppo furbo
per non essere sincero...

Troppo furbo <br> per non essere sincero...

di Arnaldo di Latebiosa

In un recente numero dell’Economist viene doverosamente deplorata la concessione di licenze petrolifere da parte della Repubblica Democratica del Congo, in particolare in aree ecologiche protette: una prassi tuttavia coerente nel purtroppo famigerato Paese con il grado anche solo di corruzione; assai più interessante, e doveroso, sarebbe stato pertanto menzionare le compagnie petrolifere che di quelle licenze risultano beneficiarie, e della corruzione quindi a rigore responsabili, ma sui cui nomi invece semplicemente si tace. Eppure indagando su internet una di tali compagnie risulta a quanto pare registrata a Guersney (https://www.globalwitness.org/en/ campaigns/oil-gas-and-mining/null-and-void-comicos-oil-aspirations-in-drc/), noto paradiso societario del Regno Unito. Possibile dunque che nell’articolo ce ne sia esclusivamente per il governo del Paese africano e nulla invece per quello europeo, nel quale per giunta proprio l’Economist stesso viene pubblicato?
Di fronte ad un conflitto di interessi così macroscopicamente occultato fa allora veramente sorridere quello microscopico altrove invece dall’Economist palesato, nel precisare in particolare la titolarità di azioni del proprio pacchetto da parte di una prestigiosa etichetta di vino che nel settimanale veniva festeggiata. Nell’intervallo intercorso fra l’uno articolo e l’altro la redazione si è a quanto pare scolata di tale etichetta numerose bottiglie… Mai sincerità fu così ipocrita insomma, che poi è tipico del petrolio, come il compianto Lucio cantava in Confusione, alla quale appunto ci siamo permessi di intitolare le nostre assai più modeste riflessioni.
Per affinità geografica sia inoltre menzionato dal Wall Street Journal un articolo pubblicato lo scorso 14 ottobre e nel quale la multinazionale delle spedizioni UPS è evidenziata in neretto mentre tale risalto è negato ai nomi dei “Paesi Africani” che invece proprio seguendo il titolo “Per la Distribuzione dei Vaccini si Affidano all’High-Tech”. E per giunta sempre in neretto era altresì menzionato nell’articolo il gigante farmaceutico Glaxo Smith Kleine, che il vaccino di cui nella fattispecie si trattava, cioè l’anti malaria, certamente lo produce ma alla relativa distribuzione high-tech e cioè, di nuovo, al suddetto titolo, è almeno a prima vista del tutto estranea.
Vacciniamo quindi senz’altro milioni di bambini, come manco a dirlo inneggiava in effetti il WSJ, ma vacciniamo a milioni magari anche i lettori, altrimenti trattati proprio da bambini.
Ci scusi poi ancora il WSJ, ma sulle multinazionali le cronache ci hanno reso assai restii all’entusiasmo ed anzi specialmente sfiduciati ad un mondo in cui esse “mettono in comune” con i Paesi poveri “le rispettive forze”, visto fra l’altro che tali Paesi da offrire hanno semmai, almeno di norma, le proprie vulnerabilità. Pertanto, sarà pure quello descritto dal WSJ un caso invece eccezionale, con le multinazionali impegnate a costruire, chissà, il migliore dei mondi possibili, ma proprio per tale eccezionalità avremmo preteso una compiuta illustrazione dei rapporti giuridici ed economici in gioco, diritti ed obblighi insomma, costi e profitti (aspetto del tutto omesso nell’articolo) così almeno da rendere tale altruismo finalmente disponibile, come modello, alle tante multinazionali ancor oggi purtroppo condannate a trarre loro malgrado dai Paesi poveri un profitto come noto rapace.
Ci permettiamo in chiosa il seguente suggerimento: gli articoli su Paesi poveri e società multinazionali il WSJ li sottoponga preventivamente agli uffici stampa di queste ultime e se ne riceve un vivo apprezzamento, com’è facile immaginarsi per quello appena commentato, si disponga a cestinarli, in nome di una prudente deontologia professionale.


adlatebiosa@gmail.com

 

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