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Criminalità: ma Roma è davvero più insicura di altre grandi città?

Criminalità: ma Roma è davvero più insicura di altre grandi città?

Piero Innocenti

(18 novembre 2019) Nella quinta tappa sulla criminalità nel nostro Paese realizzata dal Sole24Ore sulla “qualità della vita” nel 2018 e pubblicata a metà ottobre scorso, Roma occupa il sesto posto nella graduatoria nazionale sulle denunce ogni centomila abitanti con un decremento del 2,6% rispetto al 2017. In cima alla non invidiabile classifica troviamo Milano (e anche in questo caso un calo del 2,6%), seguita da Rimini, Firenze, Bologna e Torino. Lo studio del Sole24Ore si basa su dati statistici che vengono elaborati dal Servizio Analisi Criminale, un’articolazione interforze, in seno al Dipartimento della Pubblica Sicurezza, e che includono oltre a quelli forniti dalle tre forze di polizia anche i dati della Polizia Penitenziaria, della DIA, delle Polizie locali e Provinciali, della Guardia Costiera.
Nell’”Italia dei reati” presi in esame nello studio, la Capitale occupa la quinta posizione nazionale relativamente ai furti in generale con un rapporto pari a 3.097,6 denunce ogni 100mila ab. (un meno 5,1% rispetto al 2017), la settima posizione sia in tema di furti con destrezza con 529,6 ( un meno 7,5%) che nei furti con strappo con 39,22 (un meno 10,2%) e la sesta posizione nelle rapine ( termine che include quelle in banca, negli uffici postali, sulla pubblica via, negli esercizi commerciali) con 74,90 (un più 3,2%), Relativamente a quest’ultimo dato va anche detto che, a livello nazionale, si è registrato un calo del 7%.
In tema di stupefacenti Roma è in cima alla classifica con un incremento delle attività di repressione dei delitti collegati al narcotraffico in un mercato  illecito sempre più in espansione. In realtà, relativamente agli stupefacenti, anche gran parte delle città che seguono Roma nella graduatoria si rilevano incrementi, a volte minimi (il caso di Genova con un più 0,9%), altre volte più consistenti ( come a Macerata con un più 25,5%, a Prato con un più 22,7%, a Livorno con più 41,2%, ad Imperia con più 33,1%) attribuibili alle iniziative (e alle sensibilità individuali) che vengono adottate dalle autorità periferiche di ps e dai comandanti locali di carabinieri e guardia di finanza.
E’, dunque, a questo ambito della criminalità che a Roma  e nelle altre città, vanno riservate le maggiori attenzioni sul piano della prevenzione (e qui c’è ancora moltissimo da fare) e su quello del contrasto. In questa direzione sembrano orientate le risposte istituzionali adottate  nella riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica (CPOSP) del 15 novembre alla quale ha partecipato lo stesso ministro dell’interno Lamorgese ed il Capo della Polizia Gabrielli. Di fronte ad iniziative finalizzate ad un maggior controllo del territorio in “venti piazze dello spaccio”recuperando risorse umane da altre zone perché “la coperta è corta” (come ha sottolineato la Lamorgese), la sindaca Raggi avrebbe laconicamente affermato “ma senza militarizzazioni”  (la conferma che non ci sono ancora le idee molto chiare sula situazione reale della sicurezza nella Capitale).
L’auspicio è che non si tratti del solito ritornello ripetuto dalle autorità di “migliorare la percezione della sicurezza” semplicemente con una maggiore visibilità sul campo dei servizi di pattugliamento (lampeggianti accesi) e con ulteriori sistemi di videosorveglianza che non impediscono, di certo, la commissione dei delitti. Si vedrà, fra tre mesi (questo il periodo fissato in sede di CPOSP), quali risultati in concreto saranno stati conseguiti per restituire un po’ di tranquillità ai cittadini romani in attesa di vedere l’assegnazione definitiva di altri 500 agenti di polizia entro la fine del 2020.

 

 

(© 9Colonne - citare la fonte)