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Sull’Ilva tutti
si giocano qualcosa

Sull’Ilva tutti <br> si giocano qualcosa

di Paolo Pagliaro

Nel 1972 il grande meridionalista Pasquale Saraceno prevedeva che “Il divario fra Nord e Sud sarebbe stato colmato solo nel 2020”. Purtroppo, la previsione si è rivelata infondata perché la distanza tra le due Italie nel frattempo è aumentata. Nelle regioni del Sud oggi il Pil pro-capite è la metà di quello del Centro Nord. Sono più accentuate le disuguaglianze e l’incidenza della povertà. Sono insoddisfacenti la dotazione infrastrutturale e la qualità dei servizi pubblici essenziali. La dimensione media delle imprese del Mezzogiorno è inferiore di circa un terzo rispetto a quella del Centro Nord. E’ inferiore del 20% anche la produttività. Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice Generale della Banca d'Italia, citava qualche giorno fa questi dati davanti ai deputati che la interrogavano sulle ragioni della debolezza del sistema bancario nel Sud.

Il divario tra Nord e Sud sta diventando un abisso per quanto riguarda il lavoro. Nel meridione la disoccupazione è prossima al 20 per cento, il doppio di quella del resto del Paese. Su lavoce.info Ivana Fellini ed Emilio Reyneri documentano come al Sud l’occupazione non solo sia più scarsa rispetto al nord, ma anche sempre meno intensa in termini di ore lavorate, sempre meno stabile e sempre meno qualificata.

Per questo vale doppio la notizia che a Taranto, dopo la sentenza che ha evitato lo spegnimento dell’altoforno 2, è ripartita la trattativa sul nuovo assetto dell’Ilva. Sulla sopravvivenza e il rilancio di questa fabbrica tutti si giocano qualcosa: il Sud un pezzo di futuro, l’Italia l’industria siderurgica e il governo la credibilità.

(© 9Colonne - citare la fonte)