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Il giorno della memoria
forse va ripensato

Il giorno della memoria <br> forse va ripensato

di Paolo Pagliaro

(24 gennaio 2020)  Lunedi, se l’enfasi post-elettorale lascerà un po’ di spazio, si celebrerà il Giorno della memoria. Saranno 75 gli anni trascorsi da quel  27 gennaio 1945 in cui i soldati dell’Armata Rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz e liberarono i prigionieri sopravvissuti allo sterminio del campo nazista.    Di questa memoria sembrerebbe esserci bisogno se è vero – come ha rivelato un sondaggio – che per  il 15 per cento degli italiani la Shoah non c’è mai stata o non è avvenuta come ce l’hanno raccontata i testimoni.  Ma forse sono le modalità del ricordo che andrebbero invece ripensate.
Il razzismo e l'intolleranza sono infatti aumentati a dismisura proprio nei paesi in cui la Shoah viene commemorata con maggiore intensità e partecipazione. Di questo paradosso si occupa la semiologa Valentina Pisanty nel libro sul ritorno delle destre xenofobe che Bompiani titola “I guardiani della memoria”.
La stanchezza palpabile di una memoria sempre più ritualizzata, inaridita e avvitata su se stessa si percepisce – osserva Pisanty - in diversi ambiti della vita sociale: dagli autoscatti impertinenti dei turisti in gita ad Auschwitz agli episodi di goliardia sul tema dell’Olocausto, specie sui social media; dalle manifestazioni di razzismo negli stadi al linguaggio oltraggioso impiegato dai leader delle nuove destre per stigmatizzare le minoranze di volta in volta prese di mira. C’è probabilmente un rapporto di causa-effetto, questa è la tesi, tra la Shoah ridotta a retorica e il ritorno sotto nuove sembianze del razzismo.
Per il giorno della memoria forse è arrivato il momento di ripensare se stesso. Ecco un buon tema per le celebrazioni di quest’anno. 

 

 

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