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direttore Paolo Pagliaro

Covid-19, così Lodi
diventa un modello

di Paolo Pagliaro

(13 aprile 2020) Nella generale emergenza lombarda, ci sono isole in cui gli interventi per fermare il contagio hanno avuto successo e vengono ora proposti come un modello sulle pubblicazioni scientifiche. E’ il caso di Lodi, la provincia in cui tutto è cominciato. Fu infatti l’ospedale lodigiano di Codogno il primo a individuare il coronavirus in Italia. Qui il 20 febbraio una giovane anestesista effettuò il primo tampone positivo e il personale sanitario fu il primo in Occidente a dover gestire l’epidemia che in poche settimane avrebbe travolto i sistemi sanitari più avanzati al mondo.
A Lodi sembra stia funzionando un sistema che crea un vero e proprio cordone protettivo attorno agli ospedali, lasciando a questi ultimi solo la cura dei pazienti più gravi. L’azienda sanitaria di Lodi – in collaborazione con un’equipe di Medici senza Frontiere – ha avviato un progetto di telemedicina messo a punto gratuitamente da Zucchetti che riduce l’intervento del medico di base e del pronto soccorso. La telesorveglianza è affidata a saturimetri che consentono di misurare da remoto temperatura, ossigeno, frequenza respiratoria del paziente. I dati vengono caricati su un software che classifica i pazienti in categorie. Su 100 monitorati i codici rossi sono in media cinque, e a loro viene data la precedenza per il ricovero.
Negli ospedali di Lodi, Codogno e Sant’Angelo sono stati organizzati circuiti che separano nettamente la aree Covid dalle altre. Medici senza Frontiere - guidata da un’infettivologa che in passato ha lavorato in grandi emergenze come l’epidemia di Ebola – si occupa anche di formare il personale della polizia locale e delle case di riposo. Ai migranti viene spiegato il da farsi perché diventino essi stessi promotori della salute tra i loro compagni. E’ un lavoro di squadra che comincia a dare i suoi frutti e che ora Medici senza Frontiere sta trasferendo nelle Marche.

(© 9Colonne - citare la fonte)