di Paolo Pagliaro
(11 maggio 2020) Tra i primi a lanciare l’allarme era stato Francesco Fedele, responsabile della cardiologia in uno dei più grandi ospedali italiani, il Policlinico Umberto I di Roma. Molti pazienti - aveva scritto nel suo blog che si chiama “stetoscopio parlante” - temono il contagio da coronavirus e rinunciano a farsi curare. Fedele suggeriva di rassicurare i malati, replicando ovunque il modello del Policlinico, con percorsi di cura separati e sicuri per i pazienti no Covid.
I timori hanno trovato ora conferma in un rapporto della Società Italiana di Cardiologia secondo cui la mortalità dovuta a malattie del cuore è stata in questi mesi tre volte maggiore rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. L’indagine è stata condotta in 54 ospedali nella settimana 12/19 marzo e il risultato è che la mortalità è passata dal 4 al 13 percento, Un aumento dovuto nella maggior parte dei casi a un infarto non trattato o trattato tardivamente, All’aumento della mortalità è associata una sorprendente riduzione del 60% dei ricoveri per infarto. La gente dunque ha rinunciato a curarsi o non è stata curata, e questo anche negli ospedali del sud, dove pure i letti erano disponibili e sono rimasti inutilizzati.
Una diminuzione dei ricoveri si è registrata in tutti i reparti, compresi quelli in cui si curano le malattie oncologiche. Ovviamente non si è trattato solo di una scelta dei pazienti. E’ stato anche il risultato delle circolari che in questi due mesi hanno invitato gli ospedali a occuparsi solo delle prestazioni urgenti e non procrastinabili, causando così il rinvio di migliaia di interventi, visite ed esami. Il danno, alla fine, non sarà inferiore a quello causato dal coronavirus.
(© 9Colonne - citare la fonte)