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direttore Paolo Pagliaro

Sequestri, tutti pagano
americani compresi

di Paolo Pagliaro

(12 maggio 2020) A metà marzo, in piena tempesta coronavirus,  ha trovato poco spazio la notizia della liberazione di Luca Tacchetto,  architetto padovano trentenne sequestrato quindici mesi prima insieme alla compagna  canadese  in Burkina Faso. Tenuti prigionieri nel Mali, dicono le versioni ufficiali che a un certo punto i due ostaggi siano riusciti a liberarsi da soli. Il  Times ha scritto invece   che per entrambi sia il Canada sia l’Italia hanno pagato un riscatto. 
Nulla di diverso dunque da quello che verosimilmente è accaduto nel caso di Silvia Romano, la cooperante milanese tratta in salvo anche lei grazie alle capacità investigative e negoziali dei servizi di sicurezza esterni guidati ancora per pochi giorni dal generale Luciano Carta.
Non esiste una legislazione internazionale che vieti agli Stati il pagamento di un riscatto per liberare i loro cittadini rapiti. Paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dicono di non pagare, perché ritengono che cedere al ricatto vada contro l’interesse generale. I Paesi europei i riscatti invece li pagano perché la loro civiltà prevede che sia dovere dello Stato salvare la vita dei cittadini in pericolo.
L’etica degli americani è però elastica. Perché se lo Stato non paga, in molti casi pagano le assicurazioni. Ha scritto il New York Times che i rapimenti in Mali e Nigeria, in Iraq e Siria sono stati molto più numerosi di quelli di cui si è avuta notizia.
Il riscatto medio per un americano rapito è di circa tre milioni e settecentomila dollari. Una polizza assicurativa contro i rapimenti in Nigeria costa non meno di 100 mila dollari l’anno.  Tempo fa il New York Times scrisse che i gruppi jihadisti avevano incassato grazie ai sequestri almeno 125 milioni di dollari, in parte pagati dalle assicurazioni.

(© 9Colonne - citare la fonte)