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direttore Paolo Pagliaro

Le unioni dei gay
rivoluzione mancata

di Paolo Pagliaro

(26 giugno 2020) Nel maggio del 2016, quando il parlamento approvò la legge sulle unioni civili tra persone dello stesso sesso, il segretario della Cei osservò che si trattava di una sconfitta per tutti, il patriarca della Chiesa ortodossa Kirill disse che la nuova legge era di stampo nazista, Salvini invitò i sindaci della Lega a non applicarla, il centrodestra, peraltro diviso come i 5 Stelle, annunciò un referendum abrogativo. A destra l’unica voce fuori dal corso fu quella di Giorgia Meloni, allora in corsa per il Campidoglio: “se dovessi diventare sindaco di Roma – disse - rispetterò la legge anche se non celebrerò di persona le unioni civili". 
Ora che sono trascorsi quattro anni si può cominciare a tirare qualche somma. Anche se i dati più recenti a livello nazionale sono aggiornati all’inizio dell’anno scorso possiamo già dire che usi e costumi tradizionali non sono stati travolti e neppure intaccati dalle unioni tra omosessuali. Nel 2016 le Unioni civili tra persone dello stesso sesso sono state 2.330, l’anno dopo sono state 4.400 e nel 2018 – esauritasi la novità – sono scese a 2.800. Come era nelle attese, le unioni civili sono state più numerose all’inizio, quando le coppie già da anni conviventi hanno “legalizzato” la loro posizione, e si sono poi assestate su numeri più modesti. 
In un approfondimento pubblicato da Neodemos, Maria Castiglioni e Giampiero Della Zuanna ci dicono che al primo gennaio del 2019, risiedevano in Italia 11 mila 800 uomini e 5 mila 700 donne unite o già unite civilmente. Un numero davvero esiguo. Neodemos osserva, in conclusione, che l’entusiasmo degli omosessuali verso le unioni civili resta assai inferiore rispetto a quello – a dire il vero già fiacco – degli eterosessuali verso il matrimonio.

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