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direttore Paolo Pagliaro

Lavoro “agile”
Una conquista?

di Paolo Pagliaro

(7 luglio 2020) Il lavoro “agile” (smart working) all’inizio della pandemia  era una necessità, ora è diventato una conquista. Un bel salto, non c’è che dire.  Resta il dubbio che l’entusiasmo per la nuova modalità produttiva non sia del tutto giustificato.

Pietro Ichino, su lavoce.info, pensa che avrà conseguenze nefaste il  consolidarsi per legge di un “diritto al lavoro agile” che è già stato introdotto per decreto sia nel settore pubblico sia in  quello privato.  “Anche chi è incaricato di mansioni che non possono svolgersi in alcun modo da remoto – come quelle di un addetto alla reception, un bidello, un custode di museo,  un magazziniere – potrebbe rivendicare lo spostamento a mansioni compatibili. E i motivi dell’eventuale rifiuto diventerebbero a quel punto un possibile oggetto di impugnazione e quindi verifica in sede giudiziale, col risultato di sostituire il giudice del lavoro all’imprenditore in questo aspetto della gestione aziendale”. Aggiunge Ichino che il contenzioso giudiziale ha già incominciato a fiorire sulla base dei decreti emergenziali, e già si hanno le prime sentenze che condannano aziende pubbliche e private a consentire il lavoro da casa su prescrizione del medico.

Sul sito phastidio.net un altro qualificato osservatore, Luigi Oliveri, prova a quantificare lo smart working realisticamente funzionale alle esigenze della pubblica amministrazione. La conclusione è che non più del 10 per cento delle mansioni svolte dai 3,2 milioni di dipendenti delle amministrazioni pubbliche può essere eseguita “da remoto”:

Infine Elisabetta Calise, della Scuola di Politiche, osserva su Econopoly (Il Sole 24 Ore) che un sistema improntato su un modello di esecuzione flessibile della prestazione lavorativa, costringe a una paradossale rigidità delle relazioni, con obiettivi eterodiretti e l’impossibilità oggettiva di allargare la propria rete di conoscenze: la situazione meno adatta per mettere chi è senza lavoro nelle condizioni di trovarlo, o per consentire a chi invece il lavoro ce l’ha, di provare a cambiarlo.

(© 9Colonne - citare la fonte)