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direttore Paolo Pagliaro

BCE: COSI' LA PANDEMIA
AFFOSSA IL PIL MONDIALE

La pandemia di coronavirus – si legge sull’ultimo bollettino economico della Bce - rimane la principale fonte di incertezza per l’economia mondiale. Dopo una stabilizzazione temporanea intorno a metà maggio, che ha portato a una graduale revoca delle misure di contenimento, più di recente il numero di nuovi casi giornalieri ha ripreso a salire, alimentando i timori di una forte recrudescenza dei contagi da coronavirus. Tali timori hanno inciso sulla fiducia dei consumatori. I dati più recenti confermano che l’attività economica mondiale ha raggiunto il suo punto minimo nel secondo trimestre e ha intrapreso un recupero a partire da metà maggio, in concomitanza con la graduale revoca delle misure di contenimento. Secondo le proiezioni macroeconomiche formulate a settembre 2020 dagli esperti della BCE, il PIL mondiale in termini reali (esclusa l’area dell’euro) quest’anno si ridurrà del 3,7 per cento e aumenterà del 6,2 per cento nel 2021 e del 3,8 per cento nel 2022. La contrazione del commercio mondiale sarà più grave, in ragione sia della sua forte prociclicità, in particolare durante le fasi di recessione economica, sia della natura peculiare della crisi legata al coronavirus, che ha comportato turbative nelle catene produttive mondiali e ha fatto aumentare i costi dell’interscambio per via delle misure di contenimento. I rischi per le prospettive mondiali rimangono orientati al ribasso alla luce della persistente incertezza sull’evoluzione della pandemia, che potrebbe segnare l’economia mondiale in maniera duratura. Altri rischi al ribasso riguardano l’esito dei negoziati sulla Brexit, il rischio di un aumento del protezionismo commerciale e gli effetti negativi di più lungo termine sulle catene di approvvigionamento mondiali.

INTERSCAMBI A PICCO. Ci si attende che nel 2020 il commercio mondiale registri una contrazione a due cifre. Il brusco calo delle importazioni mondiali (esclusa l’area dell’euro) nel 2020 – si legge ancora nell’ultimo bollettino economico della Bce - riflette sia la forte prociclicità dell’interscambio, soprattutto durante le fasi di rallentamento economico, sia la natura peculiare della crisi legata al COVID-19. Il calo della domanda a livello mondiale, unito alle interruzioni nelle catene produttive mondiali e all’aumento dei costi del commercio riconducibile alle misure di contenimento della pandemia, hanno inciso negativamente sul commercio mondiale. Nel secondo trimestre le importazioni mondiali di merci (esclusa l’area dell’euro) hanno subito una flessione del 10,5 per cento rispetto al trimestre precedente, sebbene tale andamento si sia lievemente attenuato nel mese di maggio, e a giugno sia stata registrata una ripresa più marcata (+6,3 per cento sul mese precedente). Anche i dati ricavati dalle indagini segnalano un recupero dell’interscambio: il PMI relativo al settore manifatturiero per i nuovi ordinativi dall’estero è aumentato in agosto per il quarto mese consecutivo, da 46,1 a giugno a 49,5 ad agosto e da un minimo di 27 ad aprile.

In prospettiva – sottolinea ancora la Bce -  se da un lato il commercio mondiale dovrebbe registrare un recupero con la progressiva revoca delle misure di contenimento, dall’altro potrebbero manifestarsi alcuni effetti negativi. Nel breve periodo, il mantenimento delle restrizioni selettive agli spostamenti decise dai governi, almeno fino a quando non sarà messo a punto un ritrovato medico, potrebbe ridurre ulteriormente l’interscambio attraverso un aumento dei costi del commercio. Infine, poiché la pandemia di COVID-19 ha evidenziato la dipendenza di diversi paesi da fornitori esterni, ciò può tradursi in nuove politiche. Esse potrebbero puntare alla diversificazione dei fornitori a livello mondiale, in modo da evitare la monodipendenza, o alla ricollocazione dei processi produttivi, con conseguenti effetti negativi sulle complesse catene globali del valore. Secondo le proiezioni macroeconomiche formulate dagli esperti della BCE a settembre 2020, il commercio mondiale dovrebbe contrarsi dell’11,2 per cento nel 2020 per poi crescere, rispettivamente, del 6,8 per cento e del 4 per cento nel 2021 e nel 2022. La domanda estera dell’area dell’euro dovrebbe invece diminuire del 12,5 per cento nel 2020, e poi crescere del 6,9 per cento nel 2021 e del 3,7 nel 2022. (red)

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