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direttore Paolo Pagliaro

Italiani all’estero, la sfida
di un’emigrazione circolare

Nuova emigrazione e misure per contenere l'esodo favorendo il rientro degli italiani che si trovano all’estero. Di questo si è parlato oggi durante il secondo incontro preparatorio della IV Assemblea plenaria della Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome-Consiglio generale italiani all’estero. “Partire, lasciare il proprio Paese per cercare oltre confine nuove e migliori opportunità di lavoro e di crescita personale, dovrebbe essere sempre una scelta, non una necessità”, afferma Ricardo Merlo, sottosegretario agli Affari esteri. “E’ importante lavorare affinché i giovani italiani all’estero possano avere la prospettiva di tornare. La circolarità dei flussi conferma che la migrazione di per sé non è negativa, è un fattore di arricchimento anche per il nostro paese, ma dovremmo lavorare affinché si chiuda in una prospettiva circolare”, dichiara Lugi Vignali, direttore generale per gli Italiani all’estero e le Politiche migratorie della Farnesina. “Ogni volta che i giovani vanno all’estero si arricchiscono, vorremmo che questo arricchimento potesse essere reinvestito in Italia offrendo loro concrete possibilità di rientro affinché si tratti non di cervelli in fuga ma di cervelli in movimento”, prosegue Vignali parlando di “un rientro di energie e di capitale umano fondamentale”. L’associazionismo italiano all’estero, sottolinea il direttore generale per gli Italiani all’estero della Farnesina è “fondamentale, come rete di accoglienza e per mantenere un legame. E’ attraverso queste reti di italiani all’estero che si trovano le opportunità di rientro”.

E’ necessario, per Vignali, “agevolare l’evoluzione delle reti di associazioni in modo da coltivare la creatività e l’innovazione delle collettività e favorire collegamenti. L’associazionismo è un punto fondamentale anche per le istituzioni, per le imprese che vogliono recuperare investimenti. Bisogna lavorare per attivare circuiti di rientro e far sì che l’associazionismo svolga un ruolo fondamentale”. Secondo Michele Schiavone, segretario generale del Cgie, “il fenomeno migratorio non dovrebbe essere percepito come un problema legato ai territori in sofferenza, ma pensarlo in maniera positiva, mettendo a fuoco storie vissute e contaminazioni di esperienze”. Per la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Elly Schlein, “la messa in campo di un portale informativo a disposizione di chi vuole dare anche dall’estero un proprio contributo allo sviluppo del Paese e la previsione di azioni mirate, nel campo della cultura e dell’imprenditoria, per favorire la mobilità dei giovani da e verso l’Italia sono a mio parere le due direttrici lungo le quali procedere con decisione verso le nuove politiche per gli italiani all’estero”. Manfredi Nulli, presidente della VI commissione CGIE, fa notare come il fenomeno migratorio italiano riguardi i giovani ma anche “intere famiglie e sia caratterizzato da grande mobilità”. Proprio in virtù di questo, sottolinea la necessità “dell’utilizzo da parte delle regioni dei fondi europei per progetti che facilitino il ritorno di connazionali per sviluppare attività in Italia, una politica coordinata per riconoscimento dei titoli di studio a tutti i livelli e delle spese contributive pensionistiche, garanzie per assistenza sanitaria quando si è in Italia per alcuni periodi”.

Negli ultimi 15 anni, il numero di persone che ha lasciato l’Italia è aumentato di oltre il 70 per cento e gli iscritti all'Aire, cioè l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, sono passati da poco più di 3 milioni a oltre 6 milioni e rappresentano più del 10 per cento della popolazione residente in Italia. Gli italiani emigrati laureati sono aumentati del 23% in un quinquennio. La presenza italiana nel mondo, come fotografato dal Rapporto 2020 Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, è soprattutto meridionale (2,6 milioni, 48,1%) di cui il 16,6% (poco più di 908 mila) delle Isole; quasi 2 milioni (36,2%) sono originari del Nord Italia e quasi 861 mila (15,7%) del Centro. “I dati ci hanno permesso di sdoganare due errori di narrazione”, spiega Delfina Licata, sociologa e curatrice del rapporto Italiani nel mondo della Fondazione Migrantes. Il primo riguarda il titolo di studio: “oltre agli altamente qualificati c’è anche chi si è spostato alla ricerca di lavori generici”, afferma Licata. Il secondo errore di narrazione è quello secondo il quale si parte soprattutto dal nord. “Quando andiamo a disaggregare il dato vediamo quanto impatta la mobilità nei contesti del meridione - sottolinea Licata -. Al sud ci sono anche fenomeni di migrazione interna e il vero divario si gioca tra città e aree interne. La nuova mobilità va raccontata con le giuste parole e nel rispetto della complessità. E’ fondamentale rimettere al centro la persona migrante ed è necessario uno studio continuo”. (red - 2 feb)

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