Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

La 'chiamata alle arti'
di Michela Montevecchi

I musei hanno già riaperto da qualche settimana, solo nei giorni feriale e su prenotazione, dal 27 marzo dati dei contagi permettendo potrebbero tornare a respirare un po’ anche cinema e teatri, ovviamente solo nelle zone gialle: per Michela Montevecchi “sono buone notizie, è chiaro, ma certamente non risolutive. La pandemia ha fatto emergere tutte quelle criticità sulla gestione della cultura e dei beni culturali che per tanto tempo erano stato nascoste sotto al tappeto, e che adesso vanno affrontate con un lavoro organico”: Un lavoro organico che la senatrice del Movimento 5 Stelle, membro della Commissione Cultura di Palazzo Madama, in attesa di poter tornare a svolgere in un Parlamento impegnato ormai da un anno a gestire l’emergenza coronavirus, in queste settimane ha proiettato online. L’iniziativa è quella di una serie di incontri virtuali sulla propria pagina facebook che affrontano in maniera trasversale la questione della tutela e valorizzazione dei beni culturali, in rapporto “una volta con la tecnologia come conservazione e recupero”, un’altra “alla formazione e valorizzazione di figure professionali, e ieri “sul ruolo molto importante della comunicazione per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e nella diffusione della cultura, perché sono temi che fanno spesso fatica a sfondare sui media”.

A questi seguiranno gli ultimi due webinar, il 25 marzo sul ruolo di artisti e influencer, e il 1 aprile sul rapporto tra natura, paesaggio e arte. “Ci sono tante cose da fare nell’ottica di una ripartenza – spiega la senatrice Montevecchi a 9Colonne – ma di sicuro non possiamo ripartire nello stesso modo in cui viaggiavamo prima”. Sembrerebbe il classico leit-motiv di questi mesi: la pandemia come occasione per ripensare politiche economiche, sociali, industriali (e in questo caso culturali) a lungo raggio, in modo finalmente sostenibile. Ma Montevecchi, prendendo lo spunto dalla nascita del nuovo ministero della transizione ecologica, avvisa che questo nuovo orizzonte non può essere collocato troppo lontano dallo sguardo di oggi: “Lo spirito di questo ministero e di questa transizione è quello di chi vuole volare molto alto, guardare molto lontano nel futuro, ma le loro ricadute non devono essere troppo lontane perché l’emergenza climatica non sta arrivando, è già qui. Gli effetti della crisi li vediamo già dispiegati”.

In Italia, per esempio, sono quasi 40mila i beni culturali che insistono su aree soggetto a un rischio idrogeologico da medio a molto grande, e nonostante questo alcune proposte di legge su consumo di suolo giacciono depositate da tempo in Parlamento: “Il mio auspicio, come membro della commissione Cultura, è che la scelta di tutelare il paesaggio sia comunque un faro che guidi tutte le iniziative per una transizione veramente ecologica. Abbiamo la necessità di garantire l’osservanza dell’articolo 9 della Costituzione (‘la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica; tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione’, ndr) e quel diritto alla bellezza che è generatore di opportunità e creatività, e che si esprime particolarmente nel Made in Italy”. E a proposito delle novità introdotte dal nuovo governo, oltre all’incoraggiante concetto di sostenibilità inserito nel nome del fu ministero dei trasporti e delle infrastrutture, c’è anche la trasformazione in dicastero della Cultura di quello che finora riguardava invece i ‘beni e attività culturali’, in una sorta di tentativo di dematerializzazione dell’arte: “Preferivo la vecchia definizione – ammette Montevecchi – garantiva probabilmente maggiore aderenza al concetto di bene”. Specie in un paese noto e apprezzato in tutto il mondo per essere un sorta di museo diffuso, con opere d’arte e architettura di pregio seminato in tutto il suo territorio: un patrimonio che a livello turistico va sfruttato meglio, non solo quantitativamente, anzi. “Un’altra cosa che quest’anno ci ha insegnato è che il turismo deve essere sostenibile. Abbiamo un patrimonio culturale che non si concentra solo nelle grandi città d’arte” improvvisamente svuotate dalla pandemia, “e che potrebbero essere valorizzate. Questa per esempio è una operazione che si può fare nel medio periodo”: con l’informazione ma soprattutto “privilegiando collegamenti e infrastrutture dolci, sostenibili”. Del resto, è proprio della Montevecchi la proposta per la creazione di una ‘mappa del recupero’, presentata sia come pdl nel 2019 che come emendamento alla scorsa legge di bilancio, che consenta il tracciamento e il recupero “delle migliaia di edifici abbandonati di pregio e di valore culturale sparsi per tutta Italia”: un modo non solo per creare tracciati di turismo alternativi ma appunto “anche per fermare, tramite il riutilizzo, la nuova cementificazione”.

(PO / Sis)

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