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direttore Paolo Pagliaro

Il Maestro Arlia omaggia Piazzolla, il musicista che ha rivoluzionato il tango

Il Maestro Arlia omaggia Piazzolla, il musicista che ha rivoluzionato il tango

Cento anni fa, esattamente l’11 marzo 1921, nasceva a Mar del Plata, in Argentina, Astor Pantaleon Piazzolla, il rivoluzionario del tango, figlio di un pescatore emigrato in Argentina da Trani, in Puglia. È a lui e alla sua genialità che il pianista e direttore d’orchestra Filippo Arlia al piano e Cesare Chiacchiaretta al bandoneon si ispirano con il disco “Non solo tango Live”.
Maestro Arlia “Non solo tango Live” - registrato dal vivo da Giulio Cesare Ricci a Pontedera e pubblicato dall’etichetta Fonè Records - è il secondo disco che dedica al rivoluzionario del tango, Astor Piazzolla. Cosa la affascina di più di questo grande interprete?
«La sua versatilità. Ha rivoluzionato il tango come genere musicale ma non ha abbandonato totalmente la tradizione. In pratica, più che innovare il tango, lo ha contaminato con elementi che lo rendono più interessante dal punto di vista della scrittura ma anche più nobile».
Come si è avvicinato alla musica di Piazzolla?
«Sono cresciuto con una formazione musicale di stampo classico molto severa e selettiva, perciò fino ad un certo punto dei miei studi ho pensato che Piazzolla fosse un genere musicale da balera o addirittura da liscio. Oggi dico ai giovani musicisti di aprire le orecchie e di ragionare con la propria testa: le barriere ideologiche e i dogmi non fanno bene a nessuno, nemmeno alla musica e alla cultura».
Il tango, diceva Jorge Luis Borges, è un modo di camminare, un modo di sentire la vita, che colora, un po’ come è accaduto con il jazz, anche le vicende dei suoi protagonisti e dei suoi interpreti. Lei che ne pensa?
«Il tango tradizionale è bellissimo, penso che sia uno degli stili più vecchi e antichi, quello di Piazzolla è ancora più speciale perché si arricchisce di strumenti musicali che fino alla sua epoca non erano utilizzati».
“Non solo Tango live” è un omaggio a El Gato (come era chiamato Piazzolla per la sua abilità e ingegno), all’argentino di sangue pugliese e toscano, che sbaragliò le regole con l’introduzione di nuovi strumenti solitamente esclusi al tango, destando non poche polemiche. Ancora oggi, secondo lei, persiste questo atteggiamento di diffidenza nei confronti dei musicisti che sperimentano senza troppo badare alle regole?
«È un atteggiamento socio-culturale dell'Europa tradizionalista. La Russia, per esempio, patria della musica classica, sperimenta e studia Piazzolla ormai da decenni considerandolo un genere musicale che i giovani devono affrontare ed eseguire. Dalle nostre parti, invece, nemmeno conosciamo il suo repertorio».

Lei ha un approccio aperto musicalmente parlando, che rispecchia la sua passione non solo per la composizione classica ma anche per i suoni mediterranei e l’improvvisazione jazz. Le è mai capitato di essere “rimproverato” dai puristi del genere?
«Continuamente. Una volta incontrai un collega direttore d'orchestra che mi disse che non potevo dirigere Beethoven se suonavo Piazzolla. Queste impasse culturali sono la rovina dello spettacolo, della musica e del teatro. Mi rifaccio ad una bellissima frase di Mogol: “la musica non è giusta o sbagliata, ma solo bella o brutta”».
Un disco elegante, dalle avvolgenti sonorità jazz, che spazia dal grande repertorio di Astor Piazzolla ma non solo: quali altri brani ha scelto e con quale criterio di selezione?
«Abbiamo scelto Por una cabeza di Carlos Gardel, la famosa colonna sonora del film "Profumo di donna" perché rappresenta sicuramente l'essenza del tango, e poi Il postino di Luis Bacalov: l'omonimo film si svolge a Pollara, nell'isola di Salina, senz'altro uno dei posti più belli del mondo».
Una bella soddisfazione arriva propria dalla terra argentina perché la traccia Libertango è entrata al numero 12 in iTunes Top 200 Tracks Argentina World Chart. Se lo aspettava?
«In effetti non me lo aspettavo, questo mi rende molto orgoglioso perché in Argentina conoscono benissimo questo genere e non ascoltano certa musica solo per caso».
Ci racconta come è stato inciso il disco e quali tecniche di registrazione sono state utilizzate?
«Giulio Cesare Ricci è l'unico ingegnere del suono in Italia a registrare ancora in analogico. Questo ovviamente consente di avere un risultato di assoluta qualità, quando ascolto i suoi dischi mi sembra di ascoltare la musica dal vivo. Basta pensare che utilizza spesso alcuni dei microfoni che erano più amati dai Beatles. Possiamo definirlo certamente un artigiano del suono».
Il disco ancora non è mai stato presentato dal vivo, dove le piacerebbe suonarlo live per la prima volta?
«Magari a Buenos Aires, chissà».
Quali sono i prossimi progetti?
«Abbiamo un progetto discografico con Sony Music per incidere l'Opera più importante di Piazzolla, la Maria de Buenos Aires con libretto di Horacio Ferrer. Non vedo l'ora».
E dal vivo?
Il 30 Maggio a Catanzaro, Palazzo Stella e il 4 giugno ad Arnesano (LE) al Teatro Don Orione»

(red - 24 mag)

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