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Colombia, una guerra infinita e le responsabilità di tutti

Roma, 30 nov - Un paese solo tecnicamente pacificato ormai dal 2016, con lo storico accordo tra il governo e le Farc (le Forze armate rivoluzionarie di Colombia), ma ancora tremendamente insanguinato dal narcotraffico, dai gruppi paramilitari, dallo sfruttamento delle proprie grandi risorse. È la Colombia descritta da Flavia Famà nel libro “I morti non parlano – La guerra infinita in Colombia” presentato oggi alla Camera dei Deputati. Una fotografia impietosa di un paese in cui, dalla fine dello scorso aprile, le forze speciali della polizia locale hanno represso con brutalità manifestazioni pacifiche, uccidendo, violentando e facendo sparire cittadini inermi scesi in piazza per protestare contro le disuguaglianze incrementatasi negli ultimi anni, complice ovviamente la pandemia, ricorda l’autrice. Una fotografia che in Italia ha il volto giovane di Mario Paciolla, il cooperante delle Nazioni Unite ucciso il 15 luglio 2020 nella sua abitazione di San Vicente del Caguàn, sulla cui morte si è ancora ben lontani dall’aver fatto luce. Un paese ancora in guerra, una guerra infinita in cui – spiega la deputata del gruppo Misto Doriana Sarli, riprendendo la forte accusa lanciata in conferenza stampa da don Luigi Ciotti, presidente di Libera contro le mafie – “ci sono come sempre delle corresponsabilità della comunità internazionale. È vero che la diplomazia internazionale è molto complessa ed è difficile intervenire nei processi di giustizia degli altri Stati, però la comunità internazionale può dare dei segnali forti, può decidere di non comprare materie prime che derivano dallo sfruttamento, può decidere di interrompere i rapporti commerciali finché non vengano rispettati i diritti umani. Ci sono convenzioni internazionali che questo lo mettono per iscritto ma poi si pensa sempre agli affari. Tutto questo non ci assolve, noi potremmo dare tutta la responsabilità al popolo colombiano, alla guerriglia, alle Farc, ai narcotrafficanti, ma la verità è che la responsabilità è di tutti”. Presenti all’iniziativa erano anche i genitori di Mario Paciolla, che hanno ribadito il loro appello alle istituzioni per fare luce sul caso del giovane napoletano: “L’Onu non ha garantito il diritto alla vita di nostro figlio, un loro cooperante – ha detto Anna Paciolla – derubricando in poche ore la sua morte a suicidio senza neanche che fosse stata eseguita l’autopsia. Faccio un appello a chi sa, dei suoi compagni, affinché parli. Sappiamo che ci sono state delle interrogazioni parlamentari, ma non sappiamo se ci sono state delle risposte effettive”.
Risposte istituzionali che, secondo Sarli, non sono state ancora sufficienti. “Noi avevamo provato a presentare una interrogazione all’inizio, quando anche i genitori di Mario per via delle indagini della magistratura e per tutto quello che stava avvenendo chiedevano silenzio. Poi ci ha pensato Palazzotto e le risposte sono state praticamente nulle, noi abbiamo iniziato anche a inviare una serie di lettere al ministro Di Maio, sono state fatte delle interrogazioni da parte della Boldrini sulla Colombia in generale, ma le risposte non arrivano”. Sono due le inchieste attualmente aperte sulla morte di Mario Paciolla: una della Procura di Roma, un’altra in capo alla fiscalìa di Bogotà. Lo scorso 15 luglio, in occasione dell’anniversario della morte di Mario, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio aveva avuto un colloquio telefonico con la vice presidente e ministra degli Esteri della Colombia, Marta Lucia Ramirez, ribadendo “l’importanza di continuare a collaborare”. Paciolla era in Colombia proprio nell’ambito di una missione Onu di verifica del reinserimento degli ex guerriglieri Farc in seguito agli accordi di pace del 2016.

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