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direttore Paolo Pagliaro

Non è complicità
chiedersi perché

di Paolo Pagliaro

« La resistenza degli ucraini è eroica e l’invasione del loro paese  è un grave crimine di guerra. Come lo furono l’invasione statunitense dell’Iraq e quella di Hitler e Stalin della Polonia. È sempre opportuno ricercare spiegazioni, ma non ci sono giustificazioni o attenuanti ». Parte da questa premessa la riflessione di Noam Chomsky , il maggior linguista vivente, uno dei punti di riferimento della sinistra radicale internazionale, di cui Ponte alle Grazie pubblica in anteprima mondiale il saggio intitolato « Perché l’Ucraina ».

Uno dei danni della guerra portata da Putin al cuore dell’Europa è l’impossibiltà di interrogarsi sulle origini del conflitto senza essere sospettati di intelligenza col nemico. Un rischio che Chomsky, che oggi ha 93 anni,  corre volentieri da una vita, ma questa volta non da solo. Dall’ex ambasciatore degli Stati Uniti a Mosca, Jack Matlock  all’ex del capo della Cia William Burns, all’ex segretario alla Difesa William Perry , sono molti gli oservatori citati da Chomsky conocordi nel giudicare una sciocchezza pericolosa il tentativo di far uscire l’Ucraina dalla sfera d’influenza russa. Non erano questi i patti sottoscritti con Gorbacev nei giorni della pacifica dissoluzione dell’Unione Sovietica.
 L’Ucraina nella Nato è una minaccia quasi inconcepibile per qualsiasi leader russo e nessuno, non importa il suo nome, potrebbe accettarla.  Chomsky non si fa illusioni sulla Russia di Putin, che definisce un « petrol-Stato cleptocratico ». Ma si chiede quanto sia saggio – per il futuro del pianeta - trasformarla in un satellite della Cina. Le guerre, conclude Chomsky,  possono finire con la distruzione di una delle parti in causa o con una soluzione diplomatica. Quando si minaccia il ricorso alle armi nucleari, la seconda via d’uscita è l’unica praticabile.  

(© 9Colonne - citare la fonte)