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direttore Paolo Pagliaro

Benedetto Croce
e l'Anticristo
che e' in noi

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

Benedetto Croce <br> e l'Anticristo <br> che e' in noi

“LA FINE DELLA CIVILTÀ”, L’ULTIMO CROCE RIPUBBLICATO DA MORCELLIANA

Negli anni tra il 1946 e il 1952 Benedetto Croce - meditando sulla barbarie nazifascista, la Seconda guerra mondiale e la minaccia del totalitarismo comunista - scrisse pagine che erano insieme un'interpretazione dell'ora presente e una rivisitazione dei fondamenti della sua filosofia. Gianfranco Contini parlò di un "nuovo Croce". I saggi ripubblicati da Morcelliana nel volume “La fine della civiltà. L'Anticristo che è in noi”  a cura di Ilario Bertoletti - - La fine della civiltà; L'Anticristo che è in noi; Il peccato originale; La vita, la morte e il dovere - fin dai titoli mostrano la loro "contemporaneità" nell'indagare “il negativo che vuol comportarsi come positivo ed essere come tale non più creazione ma, se così si potesse dire, dis-creazione”. Un principio "distruttore del mondo" che persiste nel nostro tempo e che è forse la definizione più concisa e profonda del nichilismo, a cui il pensiero di Croce fa da argine. A dimostrazione della sua classicità, del suo continuo interrogarci.

 

SUPERSOCIETÀ: HA ANCORA SENSO SCOMMETTERE SULLA LIBERTÀ?

Società intelligente o stupidità di massa? Che forma prenderà il mondo che ci aspetta? Davanti a noi una scelta di civiltà. Questo il tema del saggio “Supersocietà. Ha ancora senso scommettere sulla libertà?” di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, pubblicato dal Mulino. Dopo la pandemia, la guerra in Europa. I due ultimi shock globali dovrebbero convincerci che la stagione della globalizzazione sta definitivamente tramontando. Siamo ormai oltre la modernità liquida, costretti ad affrontare gli esiti di un virus che non si lascia debellare e allo stesso tempo spinti a ripensare il futuro, nel quadro del paradigma tecnico-scientifico e del delicato processo di costruzione di un nuovo ordine mondiale. L’epoca nuova – quella della supersocietà – è caratterizzata da una vita individuale e collettiva sempre più dipendente dalla tecnologia, dall’intreccio inestricabile tra azione umana ed ecosistema, e dal rapporto sempre più stretto tra soggettività – nelle sue componenti anche psichiche e biologiche – e organizzazione sociale. E domani? Dove ci condurranno sostenibilità e digitalizzazione, i due grandi protagonisti della nostra quotidianità? Verso un mondo distopico, centralizzato e burocratizzato, o verso la società dell’intelligenza diffusa dove la libertà potrà ancora essere l’elemento cardine per tenere insieme sviluppo economico e democrazia?

GLI AUTORI. Chiara Giaccardi insegna Sociologia e Antropologia dei Media nell’Università Cattolica di Milano, dove dirige anche la rivista «Comunicazioni Sociali». Con il Mulino ha pubblicato «La comunicazione interculturale nell’era digitale» (2012). Mauro Magatti insegna Sociologia nell’Università Cattolica di Milano. È editorialista del «Corriere della Sera». Tra i suoi libri ricordiamo: «Verso l’infinito. Storia sociale della potenza» (Feltrinelli, 2018) e «Non avere paura di cadere» (Mondadori, 2019). Insieme hanno pubblicato per il Mulino «La scommessa cattolica» (2019) e «Nella fine è l’inizio» (2020).

 

“RITORNO ALLE FORESTE SACRE” CON LORENZO COLANTONI

Molti conoscono il Giappone delle città scintillanti, del sushi e dei manga. Pochi si avventurano nelle campagne silenziose, tra gli alberi millenari, dove la tradizione è forte e le foreste sono sacre. Un viaggio straordinario nel Giappone meno conosciuto, dalle montagne sotto la vecchia capitale imperiale di Nara fino alla città sacra di Hongu, alla riscoperta di un antico modello di convivenza tra uomo e natura. Tutto questo è “Ritorno alle foreste sacre” di Lorenzo Colantoni, pubblicato da Laterza. “Il Giappone – soiega l’autore - è quel luogo dove i fantasmi sono reali. È un paese che nasconde la propria spiritualità dietro alle luci brillanti dei malls, al cemento degli uffici e delle autostrade, al fumo dei bar e degli izakaya. È nelle campagne silenziose, nell’intimità delle case, che appaiono i fantasmi della tradizione, gli dèi dello shintoismo e gli eroi delle leggende, i tengu e gli spiriti dispettosi che interagiscono con gli umani. Conoscere questo Giappone è molto complesso per un gaikokujin, uno straniero, perché è difficile esserne accettato, è difficile da comprendere, difficile da trovare. Ho dovuto lasciarmi alle spalle la città, le guide, i reportage scritti in inglese per gettarmi nel vuoto. È così che li ho incontrati, questi spettri reali, per la prima volta in una foresta tanto imponente quanto dimenticata, dove i primi passi mi hanno lasciato letteralmente senza fiato. E da lì questi fantasmi mi hanno seguito per tutto il mio viaggio, tra le decine di villaggi abbandonati, gli ultimi monaci animisti al mondo, gli alberi millenari grandi come torri e venerati come dèi. Erano con me tra le case piccole, dai tetti blu, immerse nella nebbia, circondate dal tè profumato di rugiada, negli altari nascosti dal muschio, nella foresta che divora la vallata e i suoi abitanti”.

L’AUTORE. Lorenzo Colantoni, giornalista ambientale con numerose esperienze sul campo in Africa subsahariana, Asia ed Europa, collabora con “National Geographic” e “la Repubblica”. Si occupa di crimini ambientali, geopolitica della transizione energetica e impatto delle questioni ambientali sulla cultura e sulla società mondiale. Ha diretto i documentari Habitat: la geografia degli altri, dedicato alla conservazione degli ultimi ecosistemi pristini d’Europa, e We Face Forward, pubblicato da “la Repubblica” e dedicato al ruolo dell’agricoltura sostenibile per lo sviluppo africano. Tra le sue più recenti pubblicazioni, Open Africa (Peliti Associati 2018), Empowering Africa (a cura di, con G. Montesano e N. Sartori, Peter Lang 2019) e la collaborazione a Il mondo rinnovabile (V. Termini, Luiss University Press 2018).

 

MARCO GIUNIO BRUTO DI ROBERTO CRISTOFOLI

“Marco Giunio Bruto” di Roberto Cristofoli in libreria per Salerno editore. Il nome di Marco Giunio Bruto riecheggia nella storia quale sinonimo di tradimento e irriconoscenza, oppure di fedeltà ai propri ideali. Osannato e al contempo dispregiato dai posteri, che videro in lui talvolta l’assassino, talaltra il paladino della Repubblica, legò la sua vita a uno degli eventi più noti della storia universale: la congiura che portò alla morte di Giulio Cesare. Nato nel bel mezzo delle guerre civili fra Silla e i seguaci di Mario, Bruto si formò sotto l’influsso dello zio Catone. Per l’elevata considerazione di cui godeva venne attratto nella trama del cesaricidio dal cognato Cassio, destinato a formare con lui, nella memoria collettiva, una specie di binomio; al disegno tirannicida, Bruto impresse realismo, con lo scopo di riaprire la competizione politica dopo che un singolo uomo si era librato ad un’altezza inusitata, non più compatibile con quell’ascesa verso una porzione di potere autentico che i maggiorenti dell’epoca chiamavano “libertà”. L’orologio della storia scandiva inesorabilmente il percorso di Roma verso una forma di potere accentrata che avrebbe preso il nome di principato, e il tentativo di Bruto e di Cassio di fermare il tempo si infranse in Macedonia, a Filippi: entrambi sarebbero morti sconfitti e suicidi nella guerra contro Antonio e Ottaviano, a distanza di qualche settimana. Secondo la leggenda, il demone di colui che avevano ucciso avrebbe inquietantemente spinto le loro vite verso il crepuscolo, che era anche quello della repubblica.

“INVECCHIARE IN GIARDINO” CON GIAN LUPO OSTI

Coltivare la terra, prendersi cura di creature viventi, stare all'aria aperta, fare un lavoro manuale, ascoltare i ritmi delle stagioni, comprendere le esigenze profonde di un fiore: gesti che ci fanno sentire bene e ci aiutano a capire meglio il nostro percorso. Sagge e silenziose compagne di viaggio, le piante hanno molte cose da insegnarci. “Invecchiare in giardino, De senectute in horto” (Ponte alle Grazie) è un manuale di vita, ricco di suggestioni e consigli di Gian Lupo Osti su come ritrovare il piacere di immergersi nella natura e rimettersi in contatto con la nostra parte più autentica. “Definisco il mio giardino, per nobilitarlo culturalmente, arcadico, ma alcuni amici dicono che da me ogni pianta è lasciata a se stessa: fa quel che vuole. Se devo definire in modo semplice il mio giardino ideale direi che questo ha come modello una radura piena di fiori in un bosco: si esce al sole dalla selva oscura e la suggestione un po’ tenebrosa della foresta viene spazzata via dall’esplosione della luce, dei colori, dalla bellezza. Lo scopo del mio giardino è di riunirmi, di immergermi nella Natura”.

 

L’AUTORE. Gian Lupo Osti (1920-2012) è stato protagonista nel dopoguerra della riorganizzazione dell’industria italiana e, dopo essersi ritirato da ogni attività industriale, si è dedicato alla natura e in particolare alla ricerca delle peonie arboree nel loro habitat naturale in Cina; a una specie nuova, trovata in queste spedizioni, i botanici cinesi hanno dato il suo nome, Paeonia ostii. Appassionato di natura, della montagna, di alberi, ha scritto vari libri e articoli su questi argomenti. Assieme ad altre persone e istituzioni italiane e britanniche ha fondato e presieduto per vari anni l’Associazione degli Amici dei Giardini Botanici Hanbury, per il rilancio di questo giardino botanico al confine occidentale della Riviera ligure. La Royal Horticultural Society britannica gli ha assegnato, unico italiano, la Medaglia d’Oro per il contributo dato al progresso della botanica e dell’orticultura.

 

 

 

 

 

 

 

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