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Finanza mafiosa
e narcotraffico

Finanza mafiosa <br> e narcotraffico

di Piero Innocenti

(15 dicembre 2015) E' noto come gran parte del denaro sporco da ripulire provenga dal traffico degli stupefacenti che, nella graduatoria mondiale, occupa, da tempo, il secondo posto, subito dopo il petrolio e prima del commercio di armi. La Banca d’Italia, nell'ottobre 2011, valutava in circa il 10% del Pil il quantitativo di denaro “ripulito” ogni anno, indicando la ragguardevole cifra di oltre 150 miliardi di euro. Stime Eurispes e dell’Osservatorio Confesercenti, a giugno del 2011, valutavano in 110 miliardi di euro il fatturato delle mafie italiane. A livello mondiale, secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), il riciclaggio si attesterebbe intorno al 5% del Pil. Negli Stati Uniti, i traffici di droga producono tra i 150 e i 200 miliardi di dollari l'anno. Con la sola cocaina, nel mondo, si movimentano circa 350 miliardi di dollari.

In Italia, nel 2008, il mercato delle droghe, avrebbe fruttato circa 60 miliardi di euro sul totale di 170 miliardi dell’economia illegale ai quali vanno aggiunti i 250 dell'economia sommersa di cui 100 di tasse evase (Irpef, Ires, Irap, Iva, altre indirette, contributi sociali e imposte locali). Era quanto documentato dal Sole 24Ore, su dati Eurispes, Istat, Legambiente, Confesercenti-Sos Impresa, Abi, nella edizione del 6 luglio 2009. Situazione ancora oggi non entusiasmante stando al recentissimo rapporto (5 dicembre u.s.) dell'Istat "L'economia non osservata"  che ha valutato in 206 miliardi di euro l'economia sommersa e illegale del 2013 pari, cioè, al 12,9% del Pil nazionale e in aumento rispetto al 2012 (11,7%). Insomma, un quadro delle “attività fuorilegge” in Italia davvero sconsolante. La illusione che qualcosa possa cambiare con la prevenzione, l’inasprimento di sanzioni penali o con la cooperazione internazionale di polizia e di magistratura, si scontra, ogni giorno, con una realtà criminale-mafiosa-finanziaria che appare pressoché invincibile, perché saldata con pezzi delle istituzioni e della politica.

Che il mercato italiano delle droghe vada sempre più a gonfie vele lo conferma il numero dei sequestri operati dalle forze di polizia e dalle dogane nel 2014 (oltre 150 tonnellate di droghe, record assoluto) e nei primi undici mesi del 2015 (più di 70 tonnellate). Un mercato, dunque, che non conosce la crisi di altri settori, e che si intreccia sempre più con un sistema di finanza internazionale sporca, che ha intaccato inesorabilmente le basi di istituzioni bancarie in molti paesi, in alcuni casi determinandone il fallimento. Emblematica, a riguardo,  la “boccata di ossigeno” di circa 350 miliardi di narcodollari ricevuta dalla poderosa Lehmam Brothers dopo il crac, a fine 2008. A tal proposito, si ricorderà la denuncia contenuta in un rapporto presentato il 17 luglio 2012 dal Congresso americano contro la banca britannica Hsbc, le cui filiali avevano “ricevuto”, nel biennio 2007/2008, circa sette miliardi di dollari dai cartelli dei narcos messicani. La banca, pur sapendo della pericolosità dei clienti, aveva consentito loro investimenti, estesi persino a istituzioni finanziarie saudite collegate ad Al Qaeda. Ma, è risaputo che in qualsiasi latitudine “pecunia non olet” e servono a ben poco gli Accordi e le Convenzioni internazionali contro il lavaggio del denaro, soprattutto quando, come in questi anni, c’è uno straordinario bisogno di liquidità.

Con il denaro del narcotraffico, dunque, sono state salvate diverse importanti banche. L’inquietante e perdurante situazione finanziaria internazionale, fanno del nostro paese, dell’Europa intera, un mercato di forte richiamo per le grandi operazioni di riciclaggio e c’è il serissimo pericolo che poteri finanziari mafiosi si stiano impadronendo di vitali settori dell’economia, dalle banche a grandi aziende. Continuare a non affrontare seriamente il problema del narcotraffico e del riciclaggio di denaro ( la Convenzione europea sul riciclaggio del maggio 2005 deve ancora essere ratificata dal nostro paese e il relativo disegno di legge è all'esame della competente Commissione soltanto da poco più di un mese), significa correre il rischio di assistere alla nascita e al consolidamento di veri e propri “narcoStati”. E’ quello che stanno  vivendo paesi come il Messico, la Colombia, il Perù, la Bolivia e del Sud Est asiatico, dove l’incidenza della produzione, del traffico di droghe e del riciclaggio, sull’economia, oscilla, mediamente, tra il 40% (Messico) e il 30% nei restanti paesi. Senza contare che anche negli Stati Uniti si sostiene che se il narcotraffico venisse debellato l’economia americana subirebbe perdite di oltre il 20%. Insomma, si vive una situazione paradossale in cui la liquidità proveniente dall’economia illegale e da quella sommersa è fondamentale alla sopravvivenza dell’establishment di  interi paesi. Se, poi, si pensa al Pil nazionale (non solo italiano) che dallo scorso anno cresce grazie anche alla ricchezza prodotta dal commercio degli stupefacenti, dal contrabbando di sigarette e dalla prostituzione, lo sconforto è totale.

 

 

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