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Hijo De Puta, Cicchinelli racconta la parabola di un legionario

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

Hijo De Puta, Cicchinelli racconta la parabola di un legionario

HIJO DE PUTA-LA PARABOLA DI UN LEGIONARIO DI CICCHINELLI

Il romanzo "Hijo de Puta- La parabola di un legionario" della giornalista e scrittrice Orietta Cicchinelli  sarà presentato il 15 aprile a Roma. L'appuntamento è alle 20 al Caffè Letterario dell’architetto Vincenzo Pultrone (in via Ostiense 83-95). L’editore è MGC Edizioni che ha tra i suoi autori personaggi di grande pregio sin dalla sua fondazione e che fa parte del Gruppo Distributivo Nazionale Messaggerie Libri. Il libro è la “testimonianza di una vita d’avventura, di colpa e di espiazione, in cui l’autrice è partecipe con il misurato distacco dovuto a un testo raccolto, ma anche con il graffio dell’originale parola d’artista” come sottolinea Elio Sena nella Prefazione di Hijo de Puta. Dopo il successo de “La Madre” (edizioni NED, distribuzione ARION) la giornalista e scrittrice consegna al pubblico un’altra emozionante storia su un  microcosmo di varia umanità. Giovanni, classe 1948, ex legionario del Tercio  de Extranjeros, soprannominato Hijo de Puta dal suo Capitano, è il  protagonista dell’opera. Sulla sua strada incontra ladroni, guardie, uomini di  Dio, vecchi, giovani, mogli, padri, figli, meretrici, giocatori incalliti, disperati. Tutte tessere di un unico grande puzzle di cui, comunque, Giovanni si sente. Durante la presentazione, interverranno oltre all’autrice: il cabarettista Antonio Giuliani, che leggerà brani scelti del libro; il noto psichiatra e neurologo romano Elio Sena,  che ha firmato la prefazione di Hijo de Puta; l’editore, Maria Grazia  Catanzani e altri ospiti a sorpresa. Cicchinelli è responsabile del servizio Cultura e Spettacoli del quotidiano Metro Roma, e  già autrice del racconto “La madre”, dedicato al poeta e sceneggiatore  Vincenzo Cerami, con il quale la scrittrice era unita da un profondo legame  affettivo. Editato dalla NED di Pier Paolo Mocci nel Maggio 2015, distribuito  nel circuito ARION – Le librerie indipendenti, “La Madre” si avvia alla seconda  ristampa, mentre si lavora all’adattamento teatrale con lo scenografo Premio Oscar Gianni Quaranta.  “Hijo de Puta è nato da un incontro – spiega l’autrice – o, meglio, da una  serie di incontri. Quello con l’imprenditore editoriale Tony Lupetti, per gli  amici ‘Lupo’, un ingegnere che ha buttato la sua laurea e dedica il suo tempo  libero ai diseredati, ai ragazzi in difficoltà, agli ultimi, agli invisibili… E quello  con l’ex legionario, lo smilzo Giovanni, l’uomo tutto d’un pezzo, protagonista  di questa parabola emozionante, piena di risvolti imprevisti”. La copertina di Hijo de Puta è un disegno originale di Massimo Rotundo: illustratore, storyboard-artist. Nato a Roma, è il Fondatore della Scuola  Romana dei Fumetti. Hijo de Puta sarà reperibile nelle migliori librerie di tutta Italia e nei circuiti  Mach2 (ipermercati e grande distribuzione) da metà aprile. Successivamente  è in programmazione un tour di presentazioni a partire da maggio in diverse  location del Belpaese.  A maggio è già previsto un nuovo incontro-presentazione nella prestigiosa  galleria d’arte SpazioCima, di Roberta Cima, in via Ombrone (nel cuore del  quartiere Coppedè 9 www.spaziocima.it ). (PO / red)


CHIARA BRIANI RACCONTA L’AFASIA

Racconta il peso di una mancanza “Voglio potermi arrabbiare”, il libro di Chiara Briani edito da Alter Ego. Una storia semplice, come le tante che non conosciamo, quella di Giovanni, imprenditore, che per un ictus cerebrale, un giorno qualunque, diventa afasico e perde la parola. Della sua vita il protagonista perde solo il “verbo”: capisce, mangia, respira, vive, cammina, anche se a fatica, ha affetti, cure, riabilitazione. Ha senso allora pesare questo “taglio” se il resto, nel bene o nel male, è rimasto ancora impressionato nella pellicola della vita? E se nella parola esistesse un mondo altrettanto vasto e vero di quello in cui siamo immersi? Di tutti i vagoni che viaggiano folli alla velocità del quotidiano nella vita di Giovanni se ne è sganciato solo uno, quello della comunicazione verbale. Percorre lo stesso binario, pesta le stesse traversine, rasoia la stessa aria di fianco la massicciata: lo fa però sempre più lentamente. Tutto è lì, a portata di parola, per il protagonista, eppure non si riesce ad afferrarlo. Manca sempre un centimetro, poi un metro, poi un chilometro. L’altra vita è appena oltre la porta del reparto, ma Giovanni è inchiodato al letto nel ruolo di paziente numero 6. Le ricompense alla fatica sono minime: il traguardo di una prima riabilitazione verbale lo porta solo a ordinare un caffè in un mondo normale che non aspetta. E l’imprenditore guerriero si sbriciola franando sulla pronuncia delle zeta. Se Giovanni geme come il muto, il suo dolore è identico a quello di tutti. Chiara Briani scruta il protagonista nella sua risalita prestandogli sempre parole levigate: all’inizio quando di fronte alla malattia “resta solo la paura, nuda, fisica, animale”, poi nella consapevolezza della cronicità dell’afasia, fino al quel “devo e voglio potermi arrabbiare” che bene si presta a far da titolo. E poi ci sono gli altri protagonisti del libro, perché in un ospedale non ci sono ruoli secondari. Anche loro sono accomunati da un vuoto da colmare: la neurologa corrosa dai cinque minuti che avrebbero forse salvato il padre, la moglie di Giovanni dalla sterile logorrea, Guido lo specializzando empatico che si farà fagocitare dalle parole, la logopedista Serena che attenderà a lungo il suo paziente e la figlia Chiara, vicina, ma sempre fuori dal reparto. Tutto fa da cassa di risonanza alla storia di Giovanni, storia vera peraltro, che con i suoi sbuffi di sillabe lanciati dal quel vagone sganciato dalla vita forse riuscirà a diventare di nuovo un guerriero. Questa volta arrabbiato. Briani è nata e vive a Padova, dove esercita la professione di neurologa al Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova. Vincitrice del Premio giovani di critica letteraria Giovanni Comisso e di altri premi minori, ha lavorato come giornalista pubblicista. Frequenta la Scuola di Scrittura “Omero” di Roma. Con “Voglio potermi arrabbiare” è alla sua prima pubblicazione.

 

 

“FASCISTE DI SALO’” DI CECILIA NUBOLA

A fianco dei tedeschi, negli ultimi due anni della seconda guerra mondiale, furono molte le donne italiane che si impegnarono per la difesa della Repubblica sociale italiana. La maggior parte di loro erano ‘donne in armi’; inquadrate in bande e brigate nere, avevano partecipato a rastrellamenti e stragi, commesso omicidi, sevizie e torture nei confronti di civili e partigiani. Altre erano spie al servizio dei tedeschi o degli uffici politici della Rsi, avevano denunciato ebrei e partigiani contribuendo attivamente alla loro cattura e molto spesso alla loro morte. Le vicende di queste fasciste saloine (e di alcuni loro camerati) – raccontate in “Fasciste di Salò. Una storia giudiziaria” di Cecilia Nubola (Laterza) permettono di riflettere su alcuni temi rilevanti per comprendere l’Italia uscita dal fascismo e dalla seconda guerra mondiale: il rapporto con la violenza, le posizioni di dura condanna o di clemenza assunte dalle Corti nei loro confronti, le strategie messe in atto per negare le accuse o per difendersi, l’atteggiamento dell’opinione pubblica. È una storia che non si conclude nelle aule dei tribunali. Le scelte politiche dei governi del dopoguerra, i numerosi provvedimenti di clemenza (amnistie, grazie, liberazioni condizionali) a partire dall’amnistia Togliatti del 1946, permetteranno, nel giro di un decennio, il ritorno in libertà degli ex fascisti, uomini e donne. Cecilia Nubola è ricercatrice presso l’Istituto storico italo germanico di Trento. Si occupa di storia sociale e di storia della giustizia in età moderna e contemporanea. Tra le sue pubblicazioni: “Grazia e giustizia. Figure della clemenza fra tardo medioevo ed età contemporanea” (a cura di, con Karl Härter, Il Mulino 2011) e “Nei tribunali. Pratiche e protagonisti della giustizia di transizione nell’Italia repubblicana” (con Giovanni Focardi, Il Mulino 2015).  

 

BRONDI E ZAMBONI, “ANIME GALLEGGIANTI”

“Anime galleggianti. Dalla pianura al mare tagliando per i campi”: due musicisti, una zattera e un canale che collega Mantova al Delta del Po, attraversando la Pianura Padana. Due cantautori e scrittori raccontano un'avventura in uno dei territori più suggestivi del mondo. Quel luogo è vicino a casa, per entrambi. È così che prosegue il viaggio appena iniziato della casa editrice “La nave di Teseo”, con Vasco Brondi e Massimo Zamboni che navigano a una velocità massima di dieci chilometri l'ora le acque magiche e surreali del Tartaro Canal bianco, uno dei tanti canali che attraversano la pianura padana nella zona del Polesine. Gli argini del canale sono molto alti, la pianura è quasi solo una proiezione mentre le giornate scorrono all'interno del canale, tra incontri con pescatori, aironi, immigrati rumeni e cinesi, idrovore, reti da pesca, pesci siluro, canne, tralicci e chiuse. In mezzo a questa "Amazzonia immaginaria", si alternano le soste in minuscoli paesi dove la vita sembra possedere ancora ritmi e ragioni ancestrali, ma dove in realtà sono avvenuti cambiamenti profondi nel tessuto economico e sociale. I tre - con loro c’è anche il fotografo Piergiorgio Casotti -  sono come guidati da altri, come sempre succede nei grandi viaggi: alle loro spalle le  presenze silenziose di coloro che di questa zona hanno saputo raccontare la sottile e malinconica bellezza, Zavattini, Bassani, Ghirri. Il risultato è “Anime galleggianti”, il racconto a due voci di un sogno, un camminamento celestiale, ma anche una storia civile dell’Italia che non si vede, ma che c’è e resiste. E mentre scorrono le immagini, sembra di sentire la chitarra di Zamboni in sottofondo e la voce, quella voce nuova e antica che Vasco Brondi possiede. Vasco Brondi, alias “Le luci della centrale elettrica” è nato a Ferrara nel 1984. Musicista e cantautore, ha vinto con l'album d’esordio del 2008 “Canzoni da spiaggia deturpata” la Targa Tenco come migliore opera prima e ha all'attivo tre dischi. Ha pubblicato nel 2009 il libro “Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero” e nel 2012 la graphic novel “Come le strisce che lasciano gli aerei”. Massimo Zamboni è nato a Reggio nell'Emilia nel 1957. È musicista, cantautore e scrittore. È stato chitarrista e compositore del gruppo punk rock italiano Cccp e dei Csi, prima di intraprendere una carriera da solista. Ha pubblicato “Il mio primo dopoguerra. Cronache sulle macerie: Berlino Ovest, Beirut, Mostar”, (2005); “Emilia parabolica. Qua una volta era tutto mare” (2002); “In Mongolia in Retromarcia (2009); Prove tecniche di resurrezione (2011); L'eco di uno sparo (2015).

 

 

FAZI CELEBRA CHARLOTTE BRONTË IN BICENTENARIO NASCITA

 

In occasione del bicentenario della nascita di Charlotte Brontë, Fazi Editore pubblica la biografia scritta da Lyndall Gordon, opera vincitrice del Cheltenham Prize for Literature (traduzione di Nicola Vincenzoni). In questa biografia l’autrice introduce una prospettiva nuova, sostenendo che, dietro la facciata di donna vittoriana ligia al dovere, la Brontë nascondesse in realtà una natura molto passionale. Attingendo alla sua corrispondenza personale e analizzando le opere di natura autobiografica (Shirley, Villette), Gordon delinea il ritratto di una scrittrice talentuosa con un umorismo pungente, in collera con i limiti imposti alle donne dalla società, e al tempo stesso il ritratto di una donna che, dopo due passioni non corrisposte, intraprende un breve ma felice matrimonio. Scritti precedenti che la descrivono come una figura tragica e solitaria, afferma Gordon, erano distorti dalla morale vigente all’epoca e dal lutto di Charlotte per le due sorelle e il fratello. Fazi pubblica anche “Il professore” (traduzione di Martina Rinaldi) il primo romanzo scritto da Charlotte Brontë. Inizialmente rifiutato dagli editori perché giudicato troppo realistico, fu pubblicato solo due anni dopo la sua morte. Come “Villette”, “Il professore” è basato sull’esperienza personale dell’autrice, che nel 1842 studiava francese a Bruxelles. Raccontato dal punto di vista di William Crimsworth, l’unico narratore uomo da lei utilizzato, il libro formula un’estetica nuova, che mette in discussione molti dei presupposti su cui era basata la società vittoriana. Il protagonista fugge da un lavoro pesante nella zona industriale dello Yorkshire per trovare lavoro come insegnante in Belgio, dove si innamora si una studentessa indigente, la quale è forse l’eroina femminista più realistica dell’autrice. Lettura trascinante, “Il professore” costituisce oggi un precursore degli ultimi lavori della Brontë.

 

 

 

GIANNI PAPA RACCONTA LA STORIA DELL’ORIENT EXPRESS

Il 27 settembre 1825 inizia la storia della strada ferrata. In “Una bella storia - Le origini del mito dell'Orient Express di Gianni Papa (edizioni Luoghinteriori), attraverso un’accattivante ricostruzione, scopriamo l’evoluzione che ha segnato le origini del mito dell’“Orient Express”, dal momento dell’idea iniziale a quello dell’orgoglioso completamento del suo straordinario progetto. La ricostruzione degli avvenimenti ma soprattutto la storia di quegli uomini che a questi progetti hanno dato un’anima tra storia e leggenda, tra mito e realtà. Gianni Papa, giornalista pubblicista, vive a Ragusa. Dopo gli studi classici e la frequenza della facoltà di Giurisprudenza si è trasferito per lavoro a Biella come funzionario dello Stato, dove ha avuto anche i primi contatti col mondo della carta stampata nel bisettimanale “Eco di Biella”, collaborando con “Telebiella”, prima televisione libera italiana via cavo. L’esperienza è poi continuata a Ragusa con “Teleiblea”, capofila delle televisioni libere via etere, dove ancora oggi si occupa di sport,  cultura, attività sociali, turismo e interviste. Dal 1985 collabora con la “Gazzetta del Sud”, scrivendo di cultura, sport, volontariato e “colore”. Ha collaborato anche a vari periodici locali, di alcuni dei quali è stato direttore responsabile, oltre che a “Il Giornale di Sicilia” e “Il Mattino”. Grande appassionato di viaggi, letture e storia (ferrovie, Mitteleuropa, mondo balcanico e guerre mondiali) ne ha fatto gli argomenti dei lavori che gli sono valsi nel 1986 il premio “Casentino” per la narrativa-saggistica, il secondo posto al “Premio Leonforte” e l’inserimento tra i quattro vincitori del premio giornalistico nazionale “Ferrovie, ieri, oggi e domani”, oltre a riconoscimenti in altri premi letterari nazionali. Con “Una bella storia” si è classificato al secondo posto  per la sezione saggistica al Premio letterario “Città di Castello” edizione 2014.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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