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direttore Paolo Pagliaro

“IL PROSSIMO E’ CHIUNQUE
SI TROVI NEL BISOGNO”

“IL PROSSIMO E’ CHIUNQUE <BR> SI TROVI NEL BISOGNO”

Alle domande “chi è mio prossimo? I miei parenti? I miei connazionali? Quelli della mia religione?”, Gesù risponde ribaltando la prospettiva: "Non stare a classificare gli altri per vedere chi è prossimo e chi no. Tu puoi diventare prossimo di chiunque incontri nel bisogno, e lo sarai se nel tuo cuore hai compassione, cioè se hai quella capacità di patire con l’altro”: così Papa Francesco, nell’udienza generale incentrata sulla parabola del Buon Samaritano.

IL SAMARITANO. La parabola “mette in scena un sacerdote, un levita e un samaritano. I primi due sono figure legate al culto del tempio; il terzo è un ebreo scismatico, considerato come uno straniero, pagano e impuro – racconta il Pontefice -. Sulla strada da Gerusalemme a Gerico il sacerdote e il levita si imbattono in un uomo moribondo, che i briganti hanno assalito, derubato e abbandonato”. I primi due vanno per un’altra strada e non si avvicinano. “E qui la parabola – sottolinea Papa Francesco - ci offre un primo insegnamento: non è automatico che chi frequenta la casa di Dio e conosce la sua misericordia sappia amare il prossimo. Non è automatico! Tu puoi conoscere tutta la Bibbia, tu puoi conoscere tutte le rubriche liturgiche, tu puoi conoscere tutta la teologia, ma dal conoscere non è automatico l’amare: l’amare ha un’altra strada, occorre l’intelligenza, ma anche qualcosa di più. . . Il sacerdote e il levita vedono, ma ignorano; guardano, ma non provvedono. Eppure non esiste vero culto se esso non si traduce in servizio al prossimo. Non dimentichiamolo mai: di fronte alla sofferenza di così tanta gente sfinita dalla fame, dalla violenza e dalle ingiustizie, non possiamo rimanere spettatori. Ignorare la sofferenza dell’uomo, cosa significa? Significa ignorare Dio! Se io non mi avvicino a quell’uomo, a quella donna, a quel bambino, a quell’anziano o a quell’anziana che soffre, non mi avvicino a Dio”.

IL SIGNIFICATO. Invece il samaritano, “cioè proprio quello disprezzato, quello sul quale nessuno avrebbe scommesso nulla, e che comunque aveva anche lui i suoi impegni e le sue cose da fare, quando vide l’uomo ferito, non passò oltre come gli altri due, che erano legati al Tempio, ma ‘ne ebbe compassione’” continua il Papa, aggiungendo: “Ecco la differenza. Gli altri due ‘videro’, ma i loro cuori rimasero chiusi, freddi. Invece il cuore del samaritano era sintonizzato con il cuore stesso di Dio”. “Il samaritano – conclude il Pontefice - si comporta con vera misericordia: fascia le ferite di quell’uomo, lo trasporta in un albergo, se ne prende cura personalmente e provvede alla sua assistenza. Tutto questo ci insegna che la compassione, l’amore, non è un sentimento vago, ma significa prendersi cura dell’altro fino a pagare di persona. Significa compromettersi compiendo tutti i passi necessari per ‘avvicinarsi’ all’altro fino a immedesimarsi con lui: ‘amerai il tuo prossimo come te stesso’. Ecco il Comandamento del Signore”. (Roc – 27 apr)

   

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