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"SUL PEACEKEEPING L'ONU SI GIOCA LA CREDIBILITA'"

Quello della capacità di fare operazione di peacekeeping nelle zone più calde del pianeta “non è semplicemente un tema che riguarda il Consiglio di Sicurezza dell’Onu” bensì “il tema sul quale è in gioco il ruolo stesso e la credibilità delle Nazioni Unite”. E’ l’avviso che il premier Paolo Gentiloni lancia a New York ai leader del Consiglio di Sicurezza, nel corso del suo intervento al dibattito sulla riforma, poi approvata, del sistema di peacekeeping dell’Onu. L’agenda della comunità internazionale per il mantenimento della pace nei focolai più a rischio, dall’Africa alla Corea del Nord passando per il Medio Oriente, “deve essere orientata a un approccio olistico, che coinvolga allo stesso tempo sicurezza, diritti umani e sviluppo. E’ mia forte convinzione – dice il premier - che una pace durevole possa essere perseguita solo adottando un approccio multilaterale” che si preoccupi di tutti gli aspetti “dalla possibile prevenzione al necessario peacekeeping, fino a eventuali interventi di sostegno post-conflitto, di riconciliazione nazionale e sui processi di sviluppo sostenibile”.

(Un approccio che appare naturalmente in contrasto con quello dell’America First (“che però non vuol dire ‘America da sola’” ha corretto il tiro oggi il vicepresidente Usa Mike Pence) propugnato, per l’ennesima volta appena ieri nella prima giornata del Consiglio Onu, dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Tanto che lo stesso Gentiloni poco prima dell’inizio del consesso era stato anche più chiaro, spiegando ai cronisti che “rispondere alle sfide che abbiamo davanti difendendo ciascuno il proprio interesse nazionale è una illusione: non si risponde a queste sfide con i muri, si risponde con un lavoro comune".

Con l’approvazione della riforma del peacekeeping, che va nel senso di un rafforzamento delle missioni internazionali, secondo Gentiloni “siamo ora chiamati a mettere in atto azioni concrete per implementare in modo effettivo questo approccio”. Ma c’è anche un ‘ma’, legato proprio alla possibilità di un taglio dei fondi destinati alle missioni in caso di smarcamento degli Stati Uniti, di gran lunga il maggior Paese finanziatore in questo momento: “Se vogliamo puntare a soluzioni di lungo periodo bisogna evitare di pensare più ai costi che all'efficacia delle missioni di peacekeeping”, avverte Gentiloni a margine. E’ una questione – appunto “di credibilità”.

(Sis) 

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