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Bambini: 7 su 10 connessi, l'allarme dei pediatri

Sette preadolescenti (tra 8 e 13 anni di età) su 10 dichiarano di disporre di strumenti informatici, quali smartphone o computer, tutti i giorni; circa il 23 per cento può accedervi senza limitazioni temporali e ben 1 su 6 riferisce di poterlo fare senza alcun controllo parentale. Lo smartphone ad uso personale esclusivo è risultato lo strumento informatico più utilizzato, seguito da tablet, playstation e computer. La stragrande maggioranza degli intervistati dichiara di usare gli strumenti informatici per andare in internet, per ricerche scolastiche, scaricare musica e videogiochi, chattare e vedere video; meno di 1 su 2 dichiara di usare lo smartphone anche per telefonare. La ricerca ha, inoltre, evidenziato come l’età di primo utilizzo sia in media di 9 anni per i maschi e di 10 anni per le femmine nella rilevazione del 2016, e di meno di 8 anni in quelle del 2017 e 2018, con punte dichiarate di 1 anno di età. Sono i risultati preliminari di un’indagine presentata da uno degli autori, Luigi Greco, pediatra di famiglia a Bergamo, al convegno “Digitale sì, digitale no, gli effetti del digitale sul neurosviluppo” organizzato dal Sindacato medici pediatri di famiglia (Simpef). Greco, insieme a un gruppo di 90 colleghi della provincia di Bergamo e alla locale Azienda per la tutela della salute (ATS), ha somministrato, tra il 2016 e il 2018, un questionario a quasi 8mila preadolescenti di età compresa tra gli 8 e i 13 anni, per valutare l’età di primo utilizzo, le modalità di accesso agli strumenti informatici, la frequentazione di internet e dei social media. 

 “Questi primi dati impongono alcune riflessioni - ha commentato Rinaldo Missaglia, segretario nazionale Simpef. Innanzitutto, testimoniano la diffusione pressoché ubiquitaria di queste tecnologie presso i nostri piccoli assistiti. Ciò deve fungere da stimolo per ognuno di noi a conoscere professionalmente quali possano essere i rischi derivanti dall’esposizione e dall’uso degli strumenti che se ne avvalgono. Ci troviamo di fronte, infatti, a qualcosa di indubbia utilità, se opportunamente utilizzato per corrette motivazioni e con appropriate tempistiche, ma il cui uso inappropriato è in grado di minare la salute, soprattutto in particolari epoche dello sviluppo. Mi riferisco, in particolare, ai rischi biologici, derivanti da un’eccessiva esposizione al loro funzionamento, particolarmente rilevanti nei primi mille giorni di vita, quindi sin dallo sviluppo nel grembo materno, ai rischi per la sfera cognitiva e comportamentale, e, non ultimi, quelli educativi e sociali, da tenere in seria considerazione nel periodo che tecnicamente indichiamo come ‘secondi mille giorni di vita’, coincidente con le fasi centrali dell’età adolescenziale. In altre parole, sarebbe raccomandabile massima attenzione già durante la gestazione”. “È importante diffondere una corretta consapevolezza circa i rischi e le potenzialità di queste nuove e potenti tecnologie digitali tra genitori e addetti ai lavori ossia insegnanti, psicologi, pediatri di famiglia – ha ricordato Ernesto Burgio, pediatra ed esperto di epigenetica, membro del consiglio scientifico di ECERI (European Cancer and Environment Research Institute) -. Ci troviamo, infatti, di fronte a tecnologie che possono interferire sia direttamente, attraverso i campi elettromagnetici, sia indirettamente sullo sviluppo del cervello e del sistema psico-neuro-endocrino in periodi di vitale significato”. (red - 13 nov)

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