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IL “DRAGAN” DI LOCATELLI
PREMIATO IN RUSSIA

IL “DRAGAN” DI LOCATELLI <BR> PREMIATO IN RUSSIA

“Stiamo vivendo un periodo molto particolare. Mi sembra di rivivere l'epoca dei telefoni bianchi degli anni Trenta con un cinema che non è esattamente lo specchio della realtà, che non tende più a raccontare come si faceva dal dopoguerra in poi, ad analizzare obiettivamente la società tramite l'arte cinematografica ma a raccontare storie un po’ fuori dal mondo. Se penso al cinema italiano degli ultimi trent'anni mi vengono in mente soltanto storie di famiglie medio alto borghesi, sentimentali fini a se stesse… Vedo un distaccamento molto forte tra l'arte cinematografica e il vissuto, similmente agli anni in cui, durante il fascismo, si tendeva a raccontare storie di persone agiati quando in realtà il tessuto sociale era molto più critico. Mi vengono in mente delle commedie con Vittorio De Sica che erano veramente lontanissime dalla realtà. Poi è arrivato ‘Ossessione’ di Luchino Visconti che ha stracciato completamente il quadro così idilliaco che veniva dipinto durante quel periodo”. Difficile trovare nel panorama dei nuovi autori indipendenti del cinema italiano una figura eclettica come quella di Emiliano Locatelli, classe 1984, regista ma anche scrittore, produttore, tecnico del suono, musicista elettronico e, se fosse nato nel 19mo secolo, ideologo. Lo dimostra il suo primo lungometraggio, “Il diavolo si chiama Dragan Cygan” che ha appena ricevuto la menzione d’oro al Moscow Indie Film Festival, è arrivato al Los Angeles Italia Film e sta dividendo la critica nazionale per la sua indefinita collocazione e la complessità del messaggio. Un thriller che è anche un’opera di denuncia sociale, un noir che intreccia vite disperate in cerca di redenzione, traducendo coraggiosamente - raffinata sfida dell’autore (Locatelli è anche l’autore del soggetto) – la dialettica hegeliana dell’essere, non-essere e del divenire, con padri nobili Godard, Petri, Rosi, Pasolini, Bertolucci, citazioni di Dostoevskij e Marx, la solitudine archetipica dei personaggi tesi alla catarsi di stampo greco. “Un film d'autore che ha all'interno già dalle prime scene dei meccanismi tipici specialmente del thriller e più in avanti con lo scorrere della storia anche elementi di poliziesco quindi l'utopia intrinseca è quella di quella di creare una sorta di ibrido tra un film più impegnato ed uno più di intrattenimento” racconta Locatelli nella videointervista “Ciak, Azione!” per 9colonne curata da Cesare De Simone. Protagoniste “quattro storie parallele che incideranno in un punto” espressione di altrettanti classi sociali: il Dragan ex rapinatore e “povero diavolo” tormentato dal suo passato (Enzo Salvi), l’operaio e giovane padre Daniele (Gennaro Lillio) che cade nel dramma della disoccupazione quando la sua azienda viene delocalizzata in Polonia dallo spregiudicato imprenditore Assante (Sebastiano Somma) ed il poliziotto corrotto e violento Fabrizio (Ivan Boragine). Il tutto su una “struttura parallelo incidente” basata su “un sostrato che parla di crisi economica, deindustrializzazione, delocalizzazione ma con dei meccanismi tipici del thriller, che vuol dire che c'è comunque una tensione crescente nel film, anche nelle scene che sono più posate e riflessive, grazie alle musiche di Emanuele Braga”.

 

Una storia tragica in cui i protagonisti Dragan e Daniele - l’anziano reietto ed il giovane dalle speranze distrutte - avanzano verso un destino stravolgente, uniti da una amicizia stretta non a caso durante una partita a scacchi. I personaggi creati da Locatelli si ritrovano stritolati da un cinico sistema socio-economico che aliena, smarrisce, dilania, scortica sogni (c’è anche l’affondo nella droga della figlia eroinomane dell’imprenditore-squalo, interpretata da Lara Balbo). La violenza, la disperazione e la solitudine vengono accentuate da colori caravaggeschi, la narrazione è di crudo realismo ma trascina in una sorta di incubo. Come accade nel primo romanzo di Locatelli, “Io sono Vendetta” del 2014, che mira a diventare serie tv (ha già un pilot ma per uno scherzo del destino si vedrà il titolo “sottratto” dall’arrivo nel 2016 del film omonimo con John Travolta): un thriller fumettistico selezionato finalista, dalla Scuola Holden, al premio Ilmioesordio). Ed è ancora un giustiziere il protagonista del suo romanzo del 2022 che, come sempre nella scrittura di Locatelli, è una sceneggiatura in potenza: “Redskin Baby” si ambienta nel 2071. Una città-Stato post-apocalittica divisa in quattro zone in lotta l’una contro l’altra: la zona centrale dei filogovernativi di matrice democratico-liberale, la zona nera dei nazi-fascisti, la zona viola degli estremisti religiosi, quella rossa del socialismo.  Nel pluripremiato cortometraggio “Solamente tu” del 2021, Locatelli si era spinto ad estrarre a mo’ di cartelli brani dai “Manoscritti economico-filosofici” del 1844 di Marx, dimostrando come siano ancora in grado di dare potenti chiavi di lettura all’analisi del consumismo e dello sfruttamento lavorativo. Tra “La classe operaia va in paradiso” del 1971 di Elio Petri e “Prima della rivoluzione” del 1964 di Bernardo Bertolucci.  La storia del suo manager rovinato – narrato sperimentalmente con scavalcamenti di campo per creare più ansia nello spettatore - è arrivata su Amazon Prime Video, distribuita anche in Cina e Russia ed il protagonista Enzo Salvi, per la prima volta in un ruolo drammatico (e co-sceneggiatore) è stato premiato come miglior attore protagonista al festival Cortinametraggio. Nel lavoro anche una dedica a Fabio Ancillai, storico fonico del suono di Fellini e Scola, con il quale inizia a lavorare giovanissimo, a Cinecittà, mentre coltiva il sogno della regia. Il prossimo progetto ancora più ambizioso: una sorta di “cinecomic all’italiana” che parte ancora da una fabbrica. 

 

  A sostenere i progetti di Locatelli la sua Whitedust Productions che fonda nel 2009, a 25 anni (fortissima la passione per la settima arte che lo vede poco più che ventenne membro di giuria alla prima Festa del Cinema di Roma selezionata da Ettore Scola) per produrre i primi cortometraggi (Anarchist del 2009, Violence del 2010 e L’educatore del 2016) oltre a videoclip di band emergenti (Floorshow e Legittimo Brigantaggio). “Ma non sarebbe bastata se non fosse arrivata la produzione e distribuzione della Roble Factory che in corsa si è interessata al progetto e ci ha aiutato a terminare le riprese del film. Nel cinema indipendente in Italia è molto, molto difficoltoso produrre un'opera cinematografica che non sia un cortometraggio. Anche solo partecipare ad un bando pubblico, figuratevi vincerlo, è davvero difficile. Esiste un meccanismo molto complesso, non è facile fare da solo, bisogna comunque avere qualcuno esperto che è già stato o vincitore oppure partecipante di questi bandi e quindi è un sistema che, secondo me, non funziona perché premia solamente chi già ha la possibilità di fare cinema, di produrre un film. Paradossalmente i soldi pubblici vanno a finire alle produzioni che hanno già all'attivo molti film. Quindi un autore indipendente, che si approcci alla sua opera prima, deve passare attraverso delle produzioni che non sempre sono pronte ad accogliere nuove sceneggiature e che vogliono andare sul sicuro, visto poi la crisi dei biglietti in sala, con quelle che loro credono storie in linea con i tempi”. Per dare alla luce “Il diavolo si chiama Dragan Cygan”, a cui ha collaborato anche Nuovaera film, tra le tante difficoltà che hanno rischiato di far naufragare il progetto, è stato fondante anche il sostegno degli stessi protagonisti Enzo Salvi (che ha creduto in primis in Locatelli) e Sebastiano Somma ma anche dei tanti amici della natia Priverno che concretamente appoggiano il loro giovane cineasta (molti figurano tra gli attori non professionisti che Locatelli utilizza in chiaro omaggio al suo amato cinema neorealista) e che saranno in prima fila nella proiezione del 30 aprile, alle 21, al Cinema Corso di Latina. Il film che, come ogni produzione indipendente sconta le carenze della distribuzione, inizierà poi a circuitare in altre città. “In sala c'è la vera esperienza cinematografica, la vera immersione, in cui possiamo veramente perderci in un'opera audiovisiva, perché il cinema è fatto anche di sonoro e di musica” ricorda Locatelli invitato, come sempre in “Ciak, Azione!”, a convincere gli spettatori a tornare davanti al grande schermo. D’altronde per lui, come detto anche tecnico del suono e musicista, la commistione sonoro-visuale è fondante. Su Kindle, con il titolo “Last days of a starman – Cinema e Rock tra Nicolas Roeg e Gus Van Sant” si trova il frutto della sua tesi di laurea nel 2008, al Dams dell’Università La Sapienza, in cui la visione dei due grandi registi sperimentali si interseca con le musiche di David Bowie e Kurt Cobain, in quello che viene definito un “iconismo auricolare decadente”. Infine la classica domanda di rito di Ciak, Azione!”: quali i tre film da salvare? “2001: Odissea nello spazio perché, secondo me, Stanley Kubrick è il più grande dei registi mai esistiti. Ha avuto la grandezza di affrontare diversi generi cinematografici e di eccellere in ognuno di essi. L'ultimo dei Mohicani di Michael Mann perché è un film che ogni volta che lo guardo mi commuovo, esempio dei film contro i soprusi di una minoranza etnica e che ci riconduce oggi all'attualità visto la situazione storica che stiamo vivendo. E Germania anno zero di Roberto Rossellini perché è un capolavoro straordinario che racconta l'umiliazione subita dal popolo tedesco da parte dei vincitori della Seconda guerra mondiale e che ha pagato per gli errori del suo folle capo un prezzo altissimo di cui non era veramente colpevole”. (15 apr - red)

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