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MADE IN ITALY VALE
TERZO DELL’EXPORT

MADE IN ITALY VALE <BR> TERZO DELL’EXPORT

“Un dato è certo: chi compra made in Italy è disposto a pagare di più per il solo fatto che si tratti di prodotti italiani. Tutto ciò vale oltre un terzo del valore delle esportazioni”. Così Andrea Prete, presidente di Unioncamere, presentando lo studio “Quale valore del brand Made in Italy nel mondo”, realizzato da Unioncamere in collaborazione con la rete di Assocamerestero e la rete delle CdC italiane all’estero. “Lo studio fissa un perimetro e considera solo le imprese che operano nei settori delle 4A: abbigliamento, automotive, alimentare e arredamento – spiega in una intervista al Il Sole 24 Ore -. Queste occupano 2,1 milioni di lavoratori, generano 454 miliardi di fatturato, 105,5 miliardi di valore aggiunto e 193,4 miliardi di export. Mentre il totale export 2023 del made in Italy, che comprende anche altri settori come chimica, farmaceutica, meccanica e altro, ammonta a 420 miliardi. Lo studio è stato realizzato sentendo 3mila soggetti, tra cui aziende italiane iscritte alla rete delle Camere di Commercio, imprese italiane esportatrici, distributori e fornitori di prodotti italiani. Mentre sono stati fatti ben cinque focus group con le Camere di commercio italiane all’estero di Johannesburg, Londra, New York, San Paolo e Tokyo”. Evidenzia che “fino a qualche anno fa, la globalizzazione ci aveva abituato all’idea di poter avere relazioni con tutti i Paesi, o quasi. In cui vendere prodotti o anche andare a investire. Oggi la situazione geopolitica è cambiata e rende problematiche le relazioni economiche. Pensiamo alla Russia, a esempio, con cui l’Italia aveva intense relazioni commerciali che si sono quasi annullate. Non resta che adeguarsi e compensare i mercati che si chiudono con nuovi mercati”. E l’inflazione? “Il settore del made in Italy nel complesso resiste anche all’inflazione. Dalla ricerca emerge che per il 36,6% degli intervistati la crisi inflattiva non ha avuto alcun impatto. Più precisamente, per il 26,67% i volumi di vendita sono rimasti costanti e, addirittura, il 9,9% ha registrato una crescita. Per il 23,9% si parla di lieve impatti recuperabile”. Inoltre sottolinea che “Paesi come Cina, India, e altri cresce il tenore di vita e aumentano i potenziali acquirenti di made in Italy. Non resta altro da fare che difendere in ogni modo la reputazione e far conoscere sempre meglio il brand Italia. Il sistema delle Camere di commercio, in Italia e all’estero, lavora su questo fronte e può fare ancora di più”, “l’obiettivo deve essere incrementare le esportazioni in Paesi che hanno voglia di Italia. Ci sono almeno 40mila imprese che finora hanno esportato in maniera saltuaria, non avendo all’interno l’organizzazione necessaria per farlo stabilmente. Le Camere di commercio possono essere di grande aiuto. Poi pensiamo al settore alimentare: se recuperassimo una parte del mercato dell’italian sounding avremmo fatto un altro importante lavoro. Se oggi è il quinto Paese esportatore del mondo e, in Europa, secondo dopo la Germania, in un futuro vicino l’Italia potrebbe senz’altro scalare posizioni. Una parte del lavoro la faranno proprio gli italiani che vivono all’estero”, “sono i nostri migliori ambasciatori. Le nostre Camere all’estero sono associazioni di italiano emigrati o di figli di italiani. Stiamo pensando ad alcuni progetti. A esempio, per invitare persone a lavorare in Italia visto che le nostre imprese lamentano una carenza di risorse umane, e favorire in questo modo una emigrazione di ritorno”. (18 apr - red)

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