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Sudafrica, il vaccino italiano Tat migliora l’effetto dei farmaci anti-HIV

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(17 giugno 2016) Passi avanti nella lotta all’Aids. Nei giorni scorsi è stato pubblicato sulla rivista “Retrovirology” lo studio dell’Istituto Superiore di Sanità condotto in Sudafrica che conferma l’efficacia di un nuovo vaccino. In particolare, lo studio clinico di fase II condotto in Sudafrica ha confermato che il vaccino terapeutico Tat contro l'HIV/AIDS può migliorare le terapie oggi disponibili per il trattamento dell’infezione da HIV. I risultati sono stati pubblicati su “Retrovirology”, uno dei giornali più autorevoli nel campo dell’HIV/AIDS. Il vaccino è stato sviluppato nei laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità dal Centro Nazionale AIDS (CNAIDS), diretto dalla dottoressa Barbara Ensoli. Lo studio è parte del "Programma di sostegno al Ministero della Sanità del Sudafrica per la realizzazione del programma nazionale di risposta globale all’HIV-AIDS nelle zone di confine tra Sudafrica e paesi circostanti e in regioni selezionate", finanziato dal Ministero degli Affari Esteri italiano (MAE) con 22 mi lioni di euro, diretto dalla dottoressa Ensoli (responsabile scientifico) e dal dottor Paolo Monini (capoprogetto in Sudafrica) in stretta collaborazione con il Ministero della Salute e il Medical Research Council del Sudafrica. I risultati del Programma sono stati valutati dalla United Nations Industrial Development Organization (UNIDO) che ha monitorato, nell’arco di circa un anno, le procedure di implementazione, il rapporto costi-benefici e l’impatto del Programma in Sudafrica, auspicando, in conclusione, che la sperimentazione del vaccino prosegua con la fase III per la registrazione in Sudafrica. Le controparti italiane e sudafricane si stanno impegnando a questo fine per sollecitare il sostegno finanziario da parte di organizzazioni internazionali. (red)


SCHEDA /  LA RICERCA

La ricerca ha coinvolto 200 pazienti - ricordiamo che in Sudafrica vivono sette milioni di persone infettate, pari al 20% dell’intera popolazione - in terapia con farmaci anti-HIV, che agiscono bloccando la replicazione del virus. I partecipanti allo studio sono stati “randomizzati" (ovvero distribuiti in modo casuale) in due gruppi, che hanno ricevuto tre iniezioni per via intradermica di 30 microgrammi di vaccino o di placebo, a distanza di un mese l’una dall’altra. Lo studio è stato condotto in "doppio cieco", ovvero senza che né i volontari né gli sperimentatori conoscessero chi riceveva il vaccino o il placebo. L’apertura dei codici, avvenuta a conclusione dello studio (48 settimane dalla prima vaccinazione), ha evidenziato un aumento significativo di cellule T CD4 nel gruppo dei vaccinati rispetto al placebo. L’aumento era particolarmente evidente per i pazienti con i più bassi livelli di cellule T CD4 al momento della vaccinazione.

(© 9Colonne - citare la fonte)