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direttore Paolo Pagliaro

SPORT E PATOLOGIE PEDIATRICHE COMPLESSE: LA COLLABORAZIONE TRA FONDAZIONE POLICLINICO UNIVERSITARIO AGOSTINO GEMELLI IRCCS E FONDAZIONE HEAL

SPORT E PATOLOGIE PEDIATRICHE COMPLESSE: LA COLLABORAZIONE TRA FONDAZIONE POLICLINICO UNIVERSITARIO AGOSTINO GEMELLI IRCCS E FONDAZIONE HEAL

Un progetto per aiutare i bambini e ragazzi in cura presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS tramite lo sport, come veicolo di inclusione sociale e di riabilitazione. È lo scopo del progetto “Sport e patologie pediatriche complesse”, realizzato con il sostegno e la collaborazione di Fondazione Heal. Il progetto durerà due anni e si articolerà su tre aree di intervento: ricerca, riabilitazione, opportunità sportive inclusive. Tra gli obiettivi più innovativi c’è quello di valutare l’impatto dello sport sulla qualità della vita dei pazienti affetti da malattie complesse. L’iniziativa sarà finanziata con un contributo di 200.000 euro dalla Fondazione attiva nel campo della ricerca scientifica.

“Lo sport costituisce un’occasione di crescita e benessere psicofisico per ogni persona - afferma il professor Eugenio Mercuri, Direttore del Dipartimento Scienze della salute della donna, del bambino e di sanità pubblica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS - Per le persone con patologie complesse lo sport, oltre a ricoprire un ruolo importante in campo riabilitativo, è uno strumento essenziale per lo sviluppo psicofisico, per promuovere ed educare all’autonomia, potenziare le capacità esistenti, accrescere l’autostima e per favorire l’integrazione sociale”.

A chiarire ulteriormente le finalità del progetto è Marika Pane, direttrice del Centro Clinico Nemo Pediatrico del Gemelli: “Qui ci occupiamo di malattie neuromuscolari pediatriche come l’atrofia muscolare spinale (SMA) la cui forma più severa, fino a qualche anno fa, era mortale in età infantile. Negli ultimi anni, grazie alla ricerca, siamo riusciti a trovare dei farmaci molto efficaci per la SMA, che riescono a ‘gestire’ la malattia in maniera importante e cambiare radicalmente la storia naturale della patologia, la vita e la sopravvivenza dei nostri ragazzi”. Se questi bambini, infatti, vengono trattati in fase presintomatica non sviluppano le complicazioni della malattia.  Perché si possa intervenire in modo tempestivo, basta un semplice screening neonatale – aggiunge Pane. Screening che a oggi effettuano poche regioni, come il Lazio e la Toscana. Dal 2018 aspettiamo la firma di un nostro ministro su un disegno di legge – prosegue - che renda possibile effettuarlo in tutta Italia: ad oggi i nostri bambini non hanno tutti la stessa fortuna, a seconda di dove nascono ci sono regioni che si sono organizzate in maniera autonoma e consentono di individuare subito questa rara patologia”.

Lo sport diventa quindi una parte integrante importante della terapia. “Fino a poco tempo fa – prosegue Pane, parlando della collaborazione con Fondazione Heal - lo sport per i nostri pazienti era impensabile. Oggi abbiamo bambini, ad esempio, che hanno iniziato a giocare a pallone, hanno allestito squadre di calcio in carrozzina. Lo sport per loro è aggregazione, è stare insieme. Si sentono parte di un tutto: è vita vissuta pienamente, ciò di cui hanno bisogno”. La sfida, come detto, è valutare l'impatto che ha lo sport sulla ripresa e sulla qualità di vita dei ragazzi. Mentre sulla riabilitazione c'è molta letteratura scientifica, su questo aspetto ancora no: “Vogliamo capire – aggiunge la professoressa Pane - come lo sport e il lavoro di squadra impattano sulla qualità della vita, e sul benessere psicofisico. Unire sport e riabilitazione permette di avere un vantaggio fisico, un'inclusione sociale e quindi un benessere, che poi si riflette nella quotidianità e nel percorso terapeutico”.

Il progetto si colloca all’interno della campagna “Look Beyond”, promossa dalla Fondazione Heal, che intende sensibilizzare sul tema dell’unicità e dell’inclusione. “Tutti siamo unici. Ma quando ci si ritrova ad affrontare una patologia complessa, spesso subentrano altre unicità difficili da accettare – spiega Serena Catallo, Presidente di Fondazione Heal -. Lo sport, in questo senso, si trasforma in un'opportunità concreta, in grado di aprire nuovi punti di vista e nuovi orizzonti verso un futuro in cui ciascuno può accettare la propria unicità senza mai doversi sentire diverso. Per questo motivo la Fondazione Heal è orgogliosa di poter sostenere questo importante progetto pensato e realizzato con una istituzione autorevole come il Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS. È proprio da questo dialogo che è possibile creare sinergie in grado di far progredire la ricerca che è quella fiamma in grado di illuminare il nostro cammino verso la conoscenza”. (nella foto, Serena Catallo, Presidente di Fondazione Heal, e Simone De Biase, fondatore di Heal, con la professoressa Marika Pane)

(17 maggio – Marcello Lardo)

(© 9Colonne - citare la fonte)