di Paolo Pagliaro
Il 95 per cento degli inquilini del Comune di Roma paga meno di 300 euro al mese; la Repubblica araba d’Egitto un euro a settimana; il Sovrano Ordine di Malta un euro al mese per un’intera palazzina. La Fao un euro l’anno per il suo palazzone al Circo Massimo. La concessione per lo stadio di atletica a Caracalla, forse il più bello del mondo, ha reso al Comune 4 euro e 31 centesimi al mese. Il permesso per il centro storico per un’automobile targata Città del Vaticano costa 56 euro e 38 centesimi mentre un normale cittadino romano paga 2832 euro.
Daniele Frongia e Laura Maragnani hanno reso pubblici i dati raccolti dalla commissione che per più di due anni ha lavorato sui conti dissestati e dissennati della capitale d’Italia. Una galleria degli orrori che si può visitare leggendo “E io pago”, libro pubblicato in questi giorni da Chiarelettere.
Frongia, che ha presieduto la commissione comunale sulla spending review per conto del Movimento 5 Stelle, sostiene che lo sfacelo di Roma non è una semplice storia locale, ma ci parla della politica italiana negli ultimi venticinque anni. E aggiunge che tutto il meglio e tutto il peggio dell’Italia è passato per Roma e a Roma ha lasciato il segno.
Del meglio il libro per la verità non parla.
Inutilmente si cercherebbe il nome di Renato Nicolini, inventore di quella straordinaria macchina politico-culturale che fu l’estate romana, o di Renzo Piano, che con il suo auditorium segnò il ritorno a Roma della grande architettura contemporanea.
Ma nella guerra dello storytelling, il peggio ha ormai da tempo travolto il meglio, cancellandone persino la memoria.