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La “Creazione” secondo il genio intellettuale di Gore Vidal

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

La “Creazione” secondo il genio intellettuale di Gore Vidal

Socrate, Buddha, Confucio, protagonisti degli splendori culturali dell’antichità classica, rivivono in tutta la loro grandezza umana, spirituale e intellettuale grazie alla penna di Gore Vidal, nel suo nuovo libro “Creazione” (Fazi Editore, collana Le Strade, 720 pagine). Ciro Spitama, discendente diretto del sacerdote Zoroastro profeta dell’Unico Dio, ambasciatore del re di Persia ad Atene, ormai giunto al crepuscolo dei suoi anni detta le proprie memorie al nipote Democrito. Ecco i Grandi della storia che hanno avuto a che fare con l’anziano ambasciatore come fosse un loro pari: Serse, grande amico dai tempi della comune educazione alla corte di Susa, destinato a sedere sul trono di Persia; la regina Atossa, che ammalia con i suoi racconti, scrigno di tutti i segreti dell’Impero; Buddha, che Ciro Spitama incontra nel folto di un bosco indiano, e Confucio, conosciuto sulle sponde del Fiume Giallo in Catai. Ha viaggiato e visto, Ciro Spitama, al servizio della corte persiana, fino all’approdo ad Atene, allora al massimo del suo fulgore. Ed ecco, ad Atene, Pericle, di cui si guadagna la stima, Anassagora, compagno di desco, ed Erodoto, avversario in schermaglie polemiche. Un giovane e brillante carpentiere di nome Socrate gli ripara il muro della villa con vista sull’Acropoli, e con lui discute di filosofia. E in ogni luogo, a ogni incontro, sono sempre gli stessi interrogativi immortali, nati assieme all’uomo, che dominano la conversazione: com’è stato creato l’universo, e a quale scopo? E perché il male è stato creato insieme al bene? Vidal affronta tali temi senza che la sua sensibilità contemporanea interferisca col rigore storico, offrendoci così un efficacissimo spaccato del pensiero del tempo.

 

MOULIN ROUGE, TOULOUSE –LAUTREC E’ UN ROMANZO STORICO

Un personaggio noto si aggira tra il Divan Japonais e il Moulin Rouge: un insuperato Henri de Toulouse-Lautrec letterario che avrebbe spiegato agli imprenditori che la pubblicità è una sottile arte... “Moulin Rouge” di Pierre La Mure, collana I Paralleli, per il marchio Meridiano Zero, è un romanzo storico sul grande pittore Henri de Toulouse-Lautrec, che nel corso della sua breve e travagliata esistenza riuscì a conquistare la fama ma non l’amore. Moulin Rouge è la storia dell’ultimo rampollo di una famiglia di antica nobiltà che, irrimediabilmente segnato nel fisico, fugge dal suo ambiente per approdare a Montmartre, culla degli anticonformisti e degli artisti incompresi. Deforme, ammalato, assetato di gioia, Henri de Toulouse- Lautrec si trova costretto a cercare la felicità nel vizio e nell’arte. L’incantevole mondo parigino fin de siécle viene rievocato in queste pagine con rara efficacia e profondità di indagine. Fra la Torre Eiffel e il Moulin Rouge si muove una schiera di personaggi famosi e ignoti, tutti indimenticabili: Debussy e la bionda canzonettista Jane Avril; lo scrittore Oscar Wilde e l’assassino Caillette; il geniale e sofferente Vincent Van Gogh, il suo preoccupato fratello Theo e l’inquieto Gauguin; Degas, Pissarro e Seurat; Anatole France e La Goulue, ballerina di cancan. Ma fra tutte le figure femminili del libro, quattro dominano l’azione. Denise, la jeune fille che per prima diede a Henri l’esatta misura della sua infelicità; Marie Charlet, la figlia della strada, di cui egli fu schiavo per un breve periodo desolato; Myriam, creatura enigmatica e avida, che gli donò se stessa per pietà, e per pietà dovette abbandonarlo. E infine, la madre, la contessa Adèle, sublime esempio di martire silenziosa che si dedicò al suo pietoso compito d’infermiera e di consolatrice.

 

STRIPTEASE, AMSTERDAM VISTA DA UN ITALIANO

“Striptease” (Edizioni Punto Rosso, Collana “Materiali Resistenti”,  pagg. 198)  è l’opera prima (di genere letterario) di Roberto Caradonna, un artista che, giunto negli anni della piena maturità, sente il bisogno di riflettere sul proprio percorso umano e artistico e di esplicitarlo in una serie di brevi racconti che, di fatto, ne descrivono una sorta di “autoritratto”.  Il libro è soprattutto un omaggio alla città di Amsterdam. Da questo presupposto prende il via il testo per descrivere e commentare i profondi cambiamenti che si stanno verificando in questa città e nei Paesi Bassi ove l’Artista venne a rifugiarsi in alternativa all’Italia. È una metafora di un viaggio interiore analitico all’ interno della cultura, della società e della mentalità olandese e al tempo stesso di quella degli Italiani all’estero. Dopo il suo primo lavoro “Alla ricerca della fonte” che raccontava la sua esperienza d’artista - in compagnia tra l' altro di Raffaele K. Salinari - nella foresta equatoriale dell’Ituri (Zaire), in differenti campi abitati da gruppi appartenenti al popolo pigmeo, Roberto Caradonna con Striptease, scrive la sua opera prima di genere letterario. Artista nato a Taranto nel 1953 dove è cresciuto. Dopo la maturità, sceglie di viaggiare in oriente. Nel 1978 si è trasferito in Olanda dove ha completato la propria formazione professionale e, quindi, sviluppato l’intero percorso artistico di pittore e scultore.

L’EROE E LE MAGA, FIGURE ASSOLUTE PER MARCO LODOLI

Nella letteratura di tutti i tempi, da Omero a Virgilio, da Ariosto a Tasso, due figure interpretano variazioni di una stessa danza: si inseguono, si avvicinano, si corteggiano, si tradiscono, si abbandonano. Ce ne parla Marco Lodoli nel suo nuovo lavoro “L’eroe e la maga” edito da Bompiani. L’eroe, l’uomo responsabile delle vite altrui, chiamato dal destino a compiere grandi imprese, si lascia salvare dalla bellezza, cullandosi nel piacere sottile della stasi. La maga lo accoglie e lo ama, rendendolo temporaneamente sordo al richiamo imperioso del mondo. Ma l’eroe non decide nulla per sé, obbedisce a un volere superiore, e la maga, dopo essersi presa il meglio di lui e averlo blandito e vezzeggiato, è condannata a lasciarlo andare. La solitudine per tutti e due è la fine della storia: l’eroe sarà costretto ad abbandonare l’amore per non tradire il destino, eppure la maga continuerà a illudersi “di poter chiudere il vento in una rete, la forza in un giardino.”

 

 

LA RADICALITA’ DELL’AMORE, IL SENTIMENTO SECONDO LA STORIA

Cosa accadrebbe se andando a spasso per la storia rivoluzionaria del XX secolo, e senza aver paura delle risposte, chiedessimo ai suoi protagonisti – da Che Guevara a Ulrike Meinhof – cosa pensano dell’amore? Se lo chiede Svrecko Horvat, nel suo libro “La radicalità dell'amore, Desiderio e rivoluzione” (DeriveApprodi Editore). Nonostante il XX secolo si sia distinto per cambiamenti politici e sociali che non hanno escluso infervorati dibattiti sul ruolo dell’amore, e della libertà sessuale, oggi assistiamo a un’inflazione di pratiche e discorsi legati a sesso e genere ma che poco interpellano il tema dell’amore. Tornando alla rivoluzione «sessuale» dell’Ottobre russo e alla sua successiva repressione, al dilemma di Guevara tra amore e rivoluzione e al ’68 (dalle comuni alla violenza rivoluzionaria), il filosofo Srecko Horvat fornisce una risposta alla domanda: perché i maggiori rivoluzionari avevano così tanta paura dell’amore? Cosa c’è di così radicale in un concetto dall’aria conservatrice e che per Horvat, invece, non lo è affatto? Un libro che nelle sue incursioni alla ricerca dei nessi tra amore e rivoluzione nella storia del Novecento, dalla Rivoluzione iraniana ai movimenti contro la guerra in Vietnam, pone oggi l’urgenza di pensare l’amore all’altezza dei desideri di trasformazione.

 

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