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Fusacchia, (PiùEuropa):
voce e rappresentanza
a tutti gli italiani in Europa

Fusacchia, (PiùEuropa): <br> voce e rappresentanza <br> a tutti gli italiani in Europa

“Ho lavorato negli ultimi 10 anni dentro diverse istituzioni, nazionali ed europee, e ho visto da vicino cosa può essere la politica e cosa non deve essere mai. Per questo ho deciso di impegnarmi in prima persona. Perché è troppo facile chiedere sempre a qualcun altro di cambiare le cose che non ci piacciono”. A parlare è Alessandro Fusacchia, capolista alla Camera per la Circoscrizione Europa per “PiùEuropa”. Nato a Rieti 39 anni fa ha vissuto a Gorizia, Parigi, Ginevra, Bruges, Firenze, Roma, Bruxelles. Dal 2012 è tornato a Roma e da pochi mesi è diventato papà. Fusacchia è il segretario di Movimenta, associazione politica collegata a Emma Bonino che aderisce a Radicali Italiani. Attualmente lavora come consigliere strategico per la divisione Education di H-Farm. Fino al dicembre 2016 ha lavorato per il Governo italiano, come capo di gabinetto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini.

Cosa l’ha spinta ad accettare la candidatura?

“Ho il mio lavoro, la mia passione per i romanzi, una figlia di 15 mesi, ma allo stesso tempo vedo intorno a me crescere le disuguaglianze e tornare la povertà e la mancanza, per tanti giovani e meno giovani, di trovare una strada. Vedo le nostre periferie diventare luoghi di solitudine, conflitto e marginalizzazione. Ho conosciuto da vicino più Paesi europei, e centinaia di italiani capaci e motivati, in tante città italiane in giro per l’Europa. Ho deciso di candidarmi perché la testimonianza di molti può generare un impatto vero. Sono ancora profondamente convinto che la politica possa avere un potere di indirizzo e di trasformazione reale per correggere le storture sociali ed economiche quotidiane, a condizione di restare autentici, smettere di pensare in piccolo, mantenere uno sguardo lungo”.

Quali sono le problematiche che affrontano oggi gli italiani in Europa?

“In Europa a me non piace parlare di italiani all’estero, noi tutti siamo cittadini europei. Questo è uno spazio comune di libertà. Premesso questo, utile ricordarci che gli italiani in Europa hanno storie ed esigenze diverse.  Se vogliamo identificare una questione trasversale che interessa tutti gli italiani in Europa è sicuramente il loro rapporto con l’amministrazione italiana, che passa principalmente per i consolati. Nel breve periodo, serve dare ai consolati più forza e velocità, e digitalizzare tutti i servizi. La domanda non deve essere ‘cosa digitalizziamo?’ ma ‘cosa non digitalizziamo e perché?’. In prospettiva, a mio avviso i consolati e le ambasciate all’interno dell’Europa dovrebbero sparire, perché qui non siamo all’estero e quindi i servizi dovrebbero essere forniti dai normali uffici pubblici del Paese di residenza.  Altre due problematiche vissute da molti italiani all’estero sono da un lato il riconoscimento e la portabilità dei diritti pensionistici e dall’altro il riconoscimento dei titoli di studio tra i vari Paesi. Se non lavoriamo su questi due fronti, non avremo mai un vero mercato del lavoro europeo. Inoltre, punti chiave del nostro programma, vogliamo creare l’ ‘Erasmus di ritorno’ in Italia per i figli degli italiani di più antica emigrazione, così come ci impegniamo a sviluppare una vera e propria diplomazia culturale a partire da un ripensamento radicale dei nostri Istituti italiani di cultura”.

Cosa è cambiato nel rapporto tra l’Italia e i suoi emigranti negli ultimi anni?

“Il mondo si è fatto più piccolo. Molti emigrati italiani degli ultimi anni sanno che si trasferiscono in un altro Paese europeo e che ci staranno per tutta la vita, o forse anche solo per pochi anni, prima di rientrare – se ci saranno le condizioni – o di andare in un altro Paese ancora, se magari troveranno lì un’opportunità. Sono italiani che emigrano ma non necessariamente mettono radici profonde da un’altra parte. Sono mobili, o comunque hanno questa predisposizione, questo stato mentale, e per questo sono ancora più attenti di chi emigrava 30 o 50 anni fa a ciò che succede in Italia. Io penso che siano una ricchezza straordinaria per creare connessioni, tra italiani di diverse emigrazioni in giro per l’Europa e per mantenere un collegamento forte con l’Italia. Hanno mentalità aperta, curiosità, desiderio di costruire opportunità. Sono i nostri migliori alleati per impedire ai sovranisti di chiudere le frontiere e rendere la vita di tutti più asfittica. Noi ci candidiamo per dare a tutti gli italiani in Europa una rappresentanza, e per dare anzitutto a questi italiani una voce”.

L’Italia deve incoraggiare la nuova emigrazione o trovare il modo di fermarla?

“L’Italia deve smetterla di vedere gli italiani che vanno fuori solo come poveretti, scappati da un Paese fallito, o come maledetti, perché hanno abbandonato il loro Paese in crisi. Ho incontrato ragazzi scappati dal lavoro nero, e altri che hanno lasciato contratti a tempo indeterminato per fare un’esperienza diversa. Ogni storia è a sé e merita rispetto. So che fare un’esperienza fuori Italia è un arricchimento e dovremmo dare la possibilità a tutti i nostri giovani di viverla. Come possibilità e non come costrizione. Ma dobbiamo anche creare le condizioni per attrarre altri europei in Italia. Nei prossimi anni o ci ‘europeizziamo’ o diventeremo sempre più provinciali. Faremo qualsiasi cosa per garantire che il Paese diventi una casa ospitale per chi vuole venire a studiare, lavorare, crescere da noi portando la propria cultura e diversità. Siamo più ricchi quando scambiamo ciò che abbiamo”. (Gil- 26 feb)

 

 

 

 

 

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