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direttore Paolo Pagliaro

Veleni
confindustriali

di Paolo Pagliaro

In maggio verrà nominato il successore di Carlo Bonomi  alla guida di Confindustria, i candidati sono quattro ma la competizione è inquinata da lettere anonime, scandali veri o presunti, ricorsi alla magistratura,  veleni vari. La vicenda meriterebbe le prime pagine se a Confindustria fosse riservato un decimo dell’attenzione critica che accompagna ogni mossa dei sindacati o un decimo dei dubbi sulla loro effettiva rappresentatività.   In un’intervista al Diario del Lavoro, Alessandro Riello, imprenditore con un passato di impegno confindustriale, sostiene che  il  declino nasce da due errori. Uno è  stato quello di associare una miriade di imprese che di industriale non avevano nulla, con pochissimi dipendenti. Aziende che erano sostanzialmente fornitrici di servizi, entrate in Confindustria  più che altro per cercarsi nuovi clienti.

 L’altro errore è stato quello di  aprire le porte alle grandi imprese pubbliche, privilegiando la massa di denaro che avrebbero portato all’associazione, e trascurando il fatto che proprio in virtù del forte apporto economico avrebbero avuto alla fine un peso maggiore delle aziende private.  E la logica delle grandi aziende pubbliche, nota Riello, è diversa da quella delle industrie private.
Questa diversità sarà chiara nelle prossime settimane, quando il governo provvederà al rinnovo dei consigli di amministrazione e dei  collegi sindacali di una cinquantina di società   controllate dallo Stato.  Si vedrà quanto peseranno, nella selezione dei circa 500 amministratori,  la competenza e risultati, e quanto invece la fedeltà al partito. Scelte che – per il principio dei vasi comunicanti -  si riverberanno anche sulla  residua credibilità di Confindustria.

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