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direttore Paolo Pagliaro

L’OCCIDENTE: UNA FARSA
IL PLEBISCITO PER PUTIN

L’OCCIDENTE: UNA FARSA <BR> IL PLEBISCITO PER PUTIN

Come volevasi dimostrare. Le elezioni presidenziali russe si sono risolte nel prevedibilissimo plebiscito per il presidente in carica, Vladimir Putin, che a spoglio quasi completo (99,75% dei seggi) si aggiudica l'87,29% dei voti contro le inconsistenti preferenze ricevute dai suoi rivali, nessuno dei quali peraltro fautore di un programma di reale opposizione all’attuale linea del Cremlino. Per dovere di cronaca ne riportiamo comunque i risultati: Nikolai Kharitonov ha ottenuto il 4,30% dei voti, Vladislav Davankov il 3,84% e Leonid Slutsky il 3,21. I media russi in queste ore ribadiscono fino alla nausea che il risultato ottenuto dallo zar rappresenta un record nella storia della Russia moderna. Nel 2018, Putin aveva infatti vinto le presidenziali con il 76,69%, nel 2012 con il 63,6%. Poi l’interruzione con Dmitry Medvedev nel 2008 con il 70,28%. Nel 2004 e nel 2000 Putin aveva invece vinto rispettivamente con il 71,31% e il 52,9%. Nel 1996 Boris Eltsin vinse il secondo turno con il 53,82%.

Da parte loro i paesi della Nato all’unanimità hanno definito la tornata elettorale viziata dalla cappa di autoritarismo che attanaglia la nazione più vasta del pianeta. Nel suo consueto discorso serale alla nazione, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha definito Putin come “dipendente dal potere” ribadendo che “questa persona deve finire sul banco degli imputati dell’Aia”. Per il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, “le elezioni in #Russia non sono state né libere né regolari ed hanno riguardato anche territori ucraini occupati illegalmente. Continuiamo a lavorare – ha aggiunto il titolare della Farnesina – per una pace giusta che porti la Russia a terminare la guerra di aggressione all’Ucraina nel rispetto del diritto internazionale”.

“Le pseudo-elezioni in Russia non sono né libere né giuste, il risultato non sorprenderà nessuno. Il governo di Putin è autoritario, si basa sulla censura, sulla repressione e sulla violenza” ha invece scritto su X il ministro degli Esteri tedesco, Annalena Baerbock, per la quale “le ‘elezioni’ nei territori occupati dell’Ucraina sono nulle e costituiscono un’altra violazione del diritto internazionale”. E a proposito di territori occupati, i numeri che giungono dalle regioni annesse con la forza da Mosca appaiono ancora più esorbitanti di quelli totali. A Lugansk infatti il 94,12% dei votanti si è espresso a favore di Putin, a Donetsk il 95,23%, a Kherson l’88,12%, a Zaporizhia il 92,83% e in Crimea il 93,6%.

Dati che, come detto, vengono aspramente criticati in occidente. Per Parigi, le elezioni si sono svolte “in un contesto di crescente repressione contro la società civile e ogni forma di opposizione al regime, di restrizioni sempre più forti alla libertà di espressione e di divieto di funzionamento dei media indipendenti”. Il Quai d'Orsay, ha comunque elogiato “il coraggio di tanti cittadini russi che hanno manifestato pacificamente la loro opposizione a questo attacco ai loro diritti fondamentali”. Nella sua dichiarazione, il Ministero degli Esteri transalpino condanna l'organizzazione da parte della Russia “delle cosiddette elezioni” nei territori ucraini temporaneamente occupati. La Francia – si legge nella nota - non “riconosce” e non “riconoscerà mai” il risultato di queste elezioni e “riafferma il suo appoggio alla sovranità, all’indipendenza, all’unità e all’integrità territoriale dell’Ucraina”.

Per il capo della diplomazia europee, Josep Borrell, “l’'Unione europea si rammarica della decisione delle autorità russe di non invitare osservatori dell'OSCE/ODIHR alle sue elezioni. Ciò è contrario agli impegni assunti dalla Russia presso l'OSCE e ha negato agli elettori e alle istituzioni russe una valutazione imparziale e indipendente di queste elezioni. L’Unione europea condanna fermamente lo svolgimento illegale delle cosiddette ‘elezioni’ nei territori dell’Ucraina temporaneamente occupati dalla Russia: Repubblica autonoma di Crimea e città di Sebastopoli, nonché in alcune parti di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e nelle regioni di Kherson. Le cosiddette ‘elezioni’ in questi territori rappresentano l'ennesima violazione manifesta da parte della Russia del diritto internazionale, inclusa la Carta delle Nazioni Unite, e dell'indipendenza, sovranità e integrità territoriale dell'Ucraina”. Per Borrell, inoltre, “le elezioni si sono svolte in uno spazio politico sempre più ristretto, che ha provocato un aumento allarmante delle violazioni dei diritti civili e politici, ha impedito la candidatura di molti candidati, compresi tutti quelli contrari alla guerra illegale di aggressione della Russia, ha privato gli elettori russi di una possibilità di scelta reale e ha limitato fortemente il loro accesso a informazioni accurate”. (10 MAR - deg)

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