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direttore Paolo Pagliaro

Se antimafia diventa
una parola sospetta

Se antimafia diventa <br> una parola sospetta

di Paolo Pagliaro

(24 maggio 2017) “In questi anni ‘antimafia’ è diventata una parola sospetta, uno strumento usato spesso per dotarsi di una falsa credibilità, quando non un paravento per azioni illecite. Abbiamo scoperto che gli stessi mafiosi, in alcune circostanze, si sono presentati nel nome dell'antimafia”. Questo dice don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, in un’intervista al Sole 24 Ore.

D’altra parte attorno alla lotta alla mafia girano soldi, e non pochi, tra libri, fondi pubblici, elargizioni di ogni tipo e costituzioni di parte civile. Le associazioni contro la mafia sono più di duemila. Accanto a quelle serie, prima fra tutte Libera, sono nati gruppi e comitati che si fanno la guerra per accaparrarsi un finanziamento pubblico. Così la legalità diventa anche un affare. Solo lo stanziamento a disposizione del Programma operativo nazionale legalità per il Sud ammonta a oltre 377 milioni. E dove ci sono i soldi nascono i veleni. Lidia Baratta – sul quotidiano linkiesta.it – ricorda tutte le indagini che hanno coinvolto esponenti di spicco dell’antimafia. Come Silvana Saguto, la magistrata accusata di corruzione nella gestione dei beni confiscati; Rosy Canale, condannata per aver sperperato i denari delle donne di San Luca; Roberto Helg, presidente della Camera di commercio di Palermo condannato per concussione.

Dice don Ciotti che l'antimafia è un fatto di coscienza, un impegno costruito e comprovato dai fatti, non una carta d'identità da esibire a seconda delle circostanze. E così, trent’anni dopo, torna a proporre il tema sollevato da Sciascia.

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