di Paolo Pagliaro
(25 apr) L’assenza di un governo nella pienezza dei poteri non è affatto irrilevante, e il paragone con la Germania è improprio. A Berlino i 5 mesi di stallo che hanno preceduto la riconferma di Angela Merkel non hanno provocato particolari danni nella gestione della cosa pubblica perché lì -. a differenza che a Roma - ai governi uscenti è riconosciuto il diritto-dovere di prendere decisione politiche. A Gentiloni questo potere è negato e infatti da noi è tutto fermo.
Da quando, il 28 dicembre, il capo dello Stato ha sciolto le Camere, è stato varato un solo decreto legge, quello per prorogare il vertice dell’Autorità per l’energia.
Restano inapplicate molte norme approvate nella scorsa legislatura. A otto mesi dall’approvazione della legge sulla concorrenza, sono stati varati solo 5 dei 28 decreti attuativi previsti. Sono fermi provvedimenti molto attesi come la tutela dei risparmiatori danneggiati dai crack bancari. Non si hanno più notizie della ripartizione del fondo per alleggerire il peso del super-ticket sanitario. Del decreto legislativo per recepire in Italia le nuove regole europee sulla privacy. Della web tax. Del credito d’imposta sull’attività di formazione tecnologica nelle aziende. Manca il decreto sul taglio delle slot machine, di cui tanto si era parlato. Nulla si può decidere sul futuro di Alitalia, né su quello dell’Ilva.
La paralisi generata dall’assenza di un governo ricade direttamente sull’attività del parlamento, che infatti ha chiuso i battenti il 18 aprile e li riaprirà il 7 maggio. A Palazzo Madama i senatori eletti il 4 marzo hanno sono stati impegnati in aula per complessive 12 ore e 56 minuti. A Montecitorio dal giorno delle elezioni ci sono state solo 7 sedute. Stiamo perdendo molto tempo.
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