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direttore Paolo Pagliaro

CANZONE D’AUTORE, PARLANO I PROTAGONISTI

CANZONE D’AUTORE, PARLANO I PROTAGONISTI

Tiziana Tosca Donati, in arte semplicemente Tosca, e chiamata Titti in privato, è una cantante e attrice teatrale italiana. Basta leggere quanto scritto su di lei in Wikipedia per rendersi conto dell’estrema ricchezza delle sue esperienze artistiche. Inizia il proprio percorso giovanissima con Renzo Arbore, e collabora con i nomi più importanti della canzone italiana (fra cui Renato Zero, Riccardo Cocciante, Lucio Dalla, Ennio Morricone, Ivano Fossati, Chico Buarque e Ron). Con quest’ultimo vince nel 1996 il Festival di Sanremo, e successivamente ottiene la Targa Tenco come migliore interprete. Ha al proprio attivo una decina di album, fra cui il bellissimo “Il suono della voce” edito nel 2014 da Sony Classical. Tra i vari spettacoli della sua carriera teatrale si ricordano: I monologhi della vagina, Romana, Gastone, La strada, Musicanti, Il borghese gentiluomo, Zoom spartito cinematografico, Italiane, Esperanto, ’Sto core mio. Dal 2014 dirige la sezione Canzone dell’Officina delle Arti PierPaolo Pasolini.

MC - Anzitutto complimenti per la tua voce: è bellissima e molto espressiva. Quali artisti e generi musicali hanno maggiormente influenzato le tue scelte? Penso in particolare all’influsso che la grande Gabriella Ferri ha esercitato su di te nel campo del tratro-canzone?

TOSCA - Gabriella Ferri e’ stata la mia fondamentale musa ispiratrice. Se faccio questo mestiere lo devo principalmente a lei. Mio padre era un appassionato di recitazione e mi portava sin da piccina al cinema e a teatro. Gia’ all’eta’ di 6-7 anni conoscevo DE Filippo e Carmelo Bene. La Ferri l’ho vista recitare al Teatro 2, un piccolo teatro di Roma dove si faceva anche cabaret. Ricordo che non mi volevano far entrare perche’ gli spettacoli erano inadatti per una spettatrice cosi’ giovane, ma mio padre riuscii e intenerire la maschera e mi tenne in braccio per tutto il tempo. Quella volta fu un amore a prima vista e in seguito continuai ad avere rapporti con lei tramite la mia famiglia. Gabriella era una artista completa che poteva cantare e recitare parti diversissime. Devo a lei la mia immersione con la canzone popolare (incidentalmente, da piccola ho cominciato a cantare prima di parlare). Due anni prima di morire - era malata gia’ da tempo - mi chiese se avevo voglia di recitare e cantare in teatro. Mi segnalo’ al Bagaglino e Pingitore mi prese per fare una piccola parte in cui cantavo: quello fu un primo piccolo passo, ma per diversi anni fui restia a impegnarmi nella canzone popolare romanesca - un genere che sentivo non appartenere alla mia generazione. Solo piu’ tardi - e direi quasi per caso - mi capito’ di ricascare dentro la musica romana, con uno spettacolo scritto da Nicola Piovani. Da li’ e’ partito un processo che mi ha portato ad approfondire la canzone popolare napoletana, quella siciliana, e quelle legate ad altre culture come l’yiddish.

MC - Puoi raccontarci su quali progetti stai lavorando attualmente?

TOSCA - Anzitutto sto continuando un lavoro di ricerca su elementi di cultura musicale popolare che rischiano di essere perduti per sempre in assenza di una loro ripresa e valorizzazione. Poi ho appena finito un documentario per RAI Cinema che da’conto di una serie di concerti fatti in giro per il mondo (Brasile, Portogallo, Francia, Tunisia e Algeria) nei quali mi sono incontrata con artisti residentiin quei paesi. Il fulcro del progetto e’ quello di raccontare l’integrazione e commistione fra mondi diversi attraverso la musica - un tema assai appropriato per il Premio Tenco di quest’anno, che e’ appunto dedicato ai migrantes culturali.

MC - Niente in campo cinematografico? Ti piacerebbe seguire le orme di Monica Vitti e reinterpretare il ruolo della tua omonima nel vecchio film di Gigi Magni?

TOSCA - In effetti mi piacerebbe moltissimo interpretare la Tosca di Magni in versione teatrale, ma aspetto ancora l’occasione giusta. Quel film era molto avanti per i propri tempi ed e’ tuttora valido.

MC - Nelle tue passate esperienze musicali, prevalgono quelle legate a progetti di tipo collettivo, mentre la spazio per una tua carriera da solista sembra rimanere limitato. Ci sai spiegare perchè?

TOSCA -  Io vengo da una cultura prevalentemente teatrale e popolare; credo moltissimo nel gioco di squadra, tra l’altro sono una ex pallavolista che a 15/16 anni se ne andava in giro per il mondo a giocare. Ho sempre creduto al valore della squadra e mi piace avere attorno una squadra quando gioce. Anche grandi interpreti solisti come Fiorella Mannoia hanno nei fatti una squadra, uno staff che li aiuta e li sostiene. Ma c’e’ chi decide di giocare la partita tutta in campo e c’e’ chi decide di tirare il rigore. Io amo ragionare in termini di gruppo, pur rimanendone il leader.

MC - Grazie mille del tempo che ci hai concesso. In bocca al lupo per il concerto di stasera.


GIUA

Maria Pierantoni Giua, in arte semplicemente Giua, è una cantautrice e chitarrista italiana che ha al proprio attivo tre album: “Giua” (2007); “TrE” (2012), ed “E improvvisamente” (2016) e numerose partecipazioni a festival nazionali e internazionali e collaborazioni teatrali come autrice delle musiche e interprete in scena (Festival dei due mondi di Spoleto, Barnasants Festival di Barcellona, Teatro della Tosse e Teatro Stabile di Genova). Ha collaborato con artisti importanti (Avion Travel, Armando Corsi - di cui è stata allieva -, Riccardo Tesi, Adriana Calcanhotto, Pippo Pollina, Fausto Mesolella, Neri Marcorè per citarne alcuni), e si è fatta notare come raffinata interprete di De André, Bindi, Lauzi, Gaber, De Gregori. Parallelamente al suo percorso musicale, Giua è impegnata nel campo della pittura e della scultura.

MC - Anzitutto complimenti per i tuoi ultimi due lavori. “TrE” ed “E improvvisamente” sono album molto belli che incidentalmente mi ero comprato su segnalazione di amici e che già avevo avuto modo di apprezzare. Quali artisti e generi musicali ti hanno maggiormente influenzato a livello tecnico e compositivo, e qual è il tuo debito nei confronti dai musicisti con cui hai lavorato?


GIUA - Ho sempre ascoltato musica classica, il rock e il jazz, ma i miei pilastri fondamentali sono stati anzitutto cantautori italiani come Fossati De Andre’ De Gregori e Dalla. Ma anche la musica popolare in genere, prima attraverso mio padre che pur essendo italiano e’ nato in Venezuela e mi ha trasmetto tutto un bagaglio musicale legato alla tradizione sudamericana e brasiliana in particolare. Tutto questo e’ poi stato approfondito grazie ai miei studi con Armando Corsi, che tra l’altro mi ha introdotto al fado portoghese. E poi ancora mi sono interessata di tradizione popolare italiana, in particolare quella napoletana, e di altri cantanti popolari come la grande Rosa Balistreri. In sintesi, il mio debito principale e’ verso la canzone d’autore e verso la musica popolare, la world music direi. Circa i miei debiti con i musicisti con cui ho lavorato, quelli con Armando Corsi sono certamente i piu’ grandi. Armando per me e’ stato un secondo padre, un amico e un compagno di viaggio. Mi ha svelato l’essenza della struttura di una canzone e i suoi componenti fundamentali come la melodia, l’accompagnamento e la voce. Tutto questo mi ha reso piu’ autonoma dal punto di vista compositivo ed esecutivo. E poi io vivo dell’integrazione e contaminazione con altri musicisti. Adoro la dialettica che si instaura attraverso il rapporto con un musicista che esegue una canzone non sua. Fra questi devo assolutamente ricordare Beppe Quirici, bassista e produttore del mio primo disco, che mi ha l’importanza della sintesi e del rigore. Poi ancora Jaques Morellenbaum e Stefano Cabrera, Fausto Mesolella e tanti altri.

MC - Potresti descrivere in sintesi le differenze tra i tuoi ultimi due album e il percorso espressivo da te fatto sin qui? Ho appreso che in questo periodo stai lavorando a un nuovo album: potresti parlarcene?


GIUA - il passaggio da “TrE” a “E improvvisamente” e’ caratterizzato dal ricorso a linguaggi musicali piu’ sofisticati, dalla ricerca di un nuovo blend tra musica popolare e jazz. Con il nuovo album, che uscira’ a marzo dell’anno prossimo, ci saranno ulteriori cambiamenti, con il ritorno a miei grandi amori di gioventu’ come i Queen e Joni Mitchell. Il primo disco di Joni, “Blue”, e’ tuttora uno dei miei preferiti. Il mio sara’ un disco prevalentemente chitarristico, fatto con molte chitarre e armonizzazioni vocali e altre cose ancora che non ti voglio rivelare oggi. Paolo Silvestri mi ha aiutato negli arrangiamenti, e il disco si avvarra’ del contributo del grande violoncellista brasiliano Jaques Morelenbaum

MC - Vi è una interazione tra la tua anima musicale e quella legata alla pittura e alla scultura?


GIUA - Musica e pittura sono due parti che si intersecano, due linguaggi a mio avviso molto simili. Sono due cose che da sempre mi appartengono perche’ giravano nella mia famiglia. Entrambi i miei genitori sono architetti, e mia sorella ha fatto l’Accademia delle Belle Arti. Io faccio arte astratta e non figurativa, e il colore e’ un mezzo per tradurre la pittura ritmicamente. Da anni collaboro con l’Archivio di Arte Contemporanea Internazionale di Genova con TiZiana Leopizzi, e in tutte le mie mostre ho sempre cercato anche di “vestire” lo spazio musicalmente. Tra le due cose c’e’ totale complementarieta’e totale contemporaneita’.

MC - La tua formazione ha radici nella musica lanina e mediterranea, ma è anche contaminata dalla tradizione popolare internazionale dal jazz e dalla "canzone d'autore". Qual è a tuo giudizio il futuro della canzone d’autore in Italia? Cosa pensi in particolare della situazione italiana, c’e’ un problema di scarso interesse da parte del pubblico o una penuria di autori interessanti e quindi capaci di “rimanere” nel tempo?


GIUA - Non sarei pessimista sul lato dell’offerta di proposte. Ci sono ancora molte buone idee che potrebbero essere veicolate e avere spazi che oggi non hanno. Di musica bella oggi ce n’e’ tantissima, il problema sono i canali attraverso cui veicolarla al pubblico. Internet ha dato un contributo importante in questo senso, ma i canali tradizionali come la televisione la radio e la pubblicita’ rimangono a mio avviso troppo condizionati da logiche che li ingessano e ostacolano la diffusione di nuove idee e artisti. Dal lato della domanda, esiste sempre una fetta di pubblico piu’ attento al quale gli autori di qualita’ possono e devono rivolgersi. Ma il linguaggio con cui esprimersi e’ in continua evoluzione. Oggi non sarebbe possibile riscrivere un grande classico come “Sapore di sale” usando le medesime parole. Sapore di sale e’ una canzone che ha “azzeccato” un linguaggio che sconfina nel tempo e nello spazio, la sfida e’ scrivere una cosa altrettanto bella e semplice in un modoche oggi abbia senso.

MC - Grazie per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per stasera.

(M.C 20 ott)

(© 9Colonne - citare la fonte)