di Paolo Pagliaro
(12 dicembre 2018) Grandi opere contro piccole opere ha il sapore del derby tra visioni diverse dello sviluppo, ma in realtà l’Italia ha urgente bisogno delle une e delle altre. Secondo l’associazione nazionale dei costruttori sono 27 le grandi opere italiane ferme, in bilico o congelate. Valgono un investimento complessivo di quasi 25 miliardi. Si va dalla Gronda di Genova al completamento dell'ospedale Morelli di Reggio Calabria, dalla terza corsia dell'A1 tra Firenze e Pistoia al sistema di tangenziali venete nel tratto Verona-Vicenza. Nella lista ci sono anche acquedotti, dighe, raccordi ferroviari.
Vale invece 12 miliardi un’altra lista, quella che Legambiente chiama Pendolaria, e che si occupa di trasporti locali. L’ultimo aggiornamento, che è di questi giorni, segnala che mancano linee di metropolitane e tram indispensabili per superare i problemi di congestione del traffico a Roma, Torino, Bologna, Palermo, Cagliari. Mancano linee ferroviarie per chi deve spostarsi al Sud, dalla Calabria alla Sicilia, dal Molise alla Sardegna, alla Puglia. Sono in attesa di elettrificazione la Brescia-Parma, la Verona-Rovigo, la Siena-Empoli, la Siracusa-Ragusa. Migliaia di pendolari confidano che venga riattivata la linea Campobasso-Termoli. Mancano ancora collegamenti efficienti per il traffico merci dal porto di La Spezia al Brennero, o da quello di Ancona a Roma.
La situazione è pessima nel sud, dove tra il 2010 e il 2018 il taglio dei servizi ferroviari regionali è stato del 33% in Molise, del 15,9% in Calabria, del 15,1% in Campania, del 6,9% in Basilicata, del 5,6% in Sicilia. Questo anche perché dal 2002 ad oggi i finanziamenti statali hanno premiato per il 60% gli investimenti in strade e autostrade.