Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

“Ore 18”: la fine del
Cotonificio Leumann

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

“Ore 18”: la fine del <br> Cotonificio Leumann

“Ore 18.00. L’orario è finito” è un progetto fotografico realizzato, dal 2010 al 2012, da Massimiliano Camellini, all'interno degli spazi dell'ex Cotonificio Leumann di Collegno, al centro dell’innovativo villaggio operaio che l'industriale Napoleone Leumann fece costruire attorno all'opificio tra fine Ottocento e inizio Novecento: un esperimento imprenditoriale illuminato che si faceva carico della riproduzione delle stesse risorse sociali sulle quali la fabbrica incideva. Il progetto fotografico – presentato alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, fino al 17 febbraio e reduce dalle tappe di Seoul e Saint Etienne - racconta la fine dell'era industriale in Europa, l'epilogo di un sogno basato sull'espansione manifatturiera e il suo welfare e che a suo tempo non aveva fatto i conti con la globalizzazione. Le immagini rievocano la presenza dei lavoratori che hanno vissuto la fabbrica e che l'hanno lasciata varcando per l'ultima volta quei cancelli nell'aprile del 2007, quando fu chiusa per sempre. Ogni cosa figura lasciata al suo posto, quasi a significare che la cessazione dell'attività fosse stata improvvisa. Le immagini ricostruiscono l'ultimo giorno di lavoro, quel momento dove la fine dell'orario lavorativo (18.00) ha coinciso con la fine di un'epoca.

BOLOGNA: PAESAGGI “EN PLEIN AIR” IN BANCA

Banca di Bologna ospita nello spazio della Direzione Generale, fino al 22 febbraio, due dipinti di paesaggio realizzati da Matteo Fato nel 2018 in occasione di ‘Straperetana’, mostra collettiva organizzata con cadenza annuale in varie sedi nel borgo di Pereto, in Abruzzo. Quello di più largo formato muove da una resa diurna della campagna circostante, raccontata con pennellate ampie e cromatismi accesi ai limiti dell’astrazione; il secondo, più piccolo, ritrae lo stesso paesaggio nelle ore notturne, dunque con uno spettro cromatico più scuro. Ciascuno dei due dipinti possiede un proprio ‘doppio’ concomitante: un’ulteriore porzione di tela con pennellate della stessa palette, che creano un rimando speculare al lavoro principale. La pittura en plein air è diventata negli ultimi anni un’esigenza primaria per l’artista pescarese, che vede nell’immersione nella realtà una condizione fondamentale per la creazione dell’opera. Dipingere dal vero permette di raggiungere una sorta di osmosi con il reale, e di conseguenza una presa di coscienza molto più efficace della sua immagine.

MESSINA: L’ARTE DI ANTONELLO

Per la prima volta sono riunite a Palermo, nella galleria di Palazzo Abatellis, che già ospita l’Annunciata, altre celebri opere di Antonello da Messina, in un inedito percorso espositivo pensato da Giovanni Carlo Federico Villa, già curatore della celebre mostra-evento del 2006 alle Scuderie del Quirinale. Presentate, fino al 10 febbraio, tavole che raramente si ha la possibilità di vedere riunite in un unico sito, e in dialogo tra loro.

ROMA: IL SANT’ANDREA DI GUIDO RENI

Alle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma, fino al 17 febbraio, nella sede di Galleria Corsini, la mostra “Guido Reni, i Barberini e i Corsini. Storia e fortuna di un capolavoro”, ruota intorno a uno dei quadri più emblematici della storia della collezione delle Gallerie Nazionali: la Visione di Sant’Andrea Corsini di Guido Reni, commissionata dai Corsini per la canonizzazione del santo vissuto nel ‘300, avvenuta nel 1629 durante il pontificato di Urbano VIII Barberini. Il capolavoro di Reni, oggi agli Uffizi, era ospitato nelle sale di Palazzo Barberini fino al 1936, quando passò ai Corsini di Firenze. In mostra viene messo a confronto, per la prima volta, sia con la replica eseguita nel 1732 da Agostino Masucci, rimasta in via della Lungara e realizzata per la versione musiva voluta da Papa Clemente XII, al secolo Lorenzo Corsini, per l’altare della cappella di famiglia in San Giovanni in Laterano (1730), sia con il dipinto conservato alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, opera di Reni stesso, che ritrae il santo in altre movenze. Quest’ultima opera arriva in mostra dopo un accurato restauro finanziato dalla Gallerie Nazionali Barberini Corsini. Reni, dopo un confronto con il naturalismo di Caravaggio, si muove verso una pittura via via più rarefatta, approdando negli ultimi anni della sua carriera a preziosi accordi cromatici, di lillà e aranci, quali quelli che si ammirano nella sua seconda interpretazione del Sant’Andrea Corsini, più tarda di dieci anni. Lo sperimentalismo tecnico di Reni, pittore che lavorò tanto ad affrescò quanto ad olio, su tela, rame, pietra di paragone e persino su seta, è analizzato nella seconda sezione della mostra.

MILANO: MALATI PSICHICI E NAZIONALSOCIALISMO

Tra il 1939 e il 1945 più di 200mila persone ricoverate in ospedali psichiatrici tedeschi furono assassinate perché ritenute un inutile peso. Anche in Italia, tra il 1943 e la fine della guerra, si verificarono ripetuti episodi di “prelevamento” dei pazienti ebrei dagli ospedali psichiatrici per essere portati in campi di concentramento e uccisi. Per molto tempo fu steso un velo di silenzio su queste persecuzioni. Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere e SIP, Società Italiana di Psichiatria portano la mostra “Schedati, perseguitati e sterminati: malati psichici e disabili durante il nazionalsocialismo e malati, manicomi e psichiatri in Italia” al Palazzo di Giustizia di Milano, fino al 16 febbraio, per non dimenticare la storia e combattere la crescente intolleranza nei confronti del diverso.

ROMA, BALLA A VILLA BORGHESE

Il Museo Carlo Bilotti - Aranciera di Villa Borghese accoglie, fino al 17 febbraio, per la prima volta riunite, oltre trenta opere dipinte da Giacomo Balla proprio nel parco romano. “Balla a Villa Borghese” indaga la prima produzione pittorica dell’artista che, non ancora futurista, è già rivolta allo studio della luce e del colore. La cura della mostra è della storica dell’arte Elena Gigli, studiosa impegnata da anni nella catalogazione dell’opera di Balla.Dopo il matrimonio con Elisa Marcucci, Giacomo Balla si trasferisce, nell’estate del 1904, in un antico monastero in via Parioli 6, l’attuale via Paisiello, all’angolo di via Nicolò Porpora. Nelle stanze-cella di questo angolo felice di natura, ritagliato ai margini periferici della città e molto diverso dall’odierno quartiere Parioli, il pittore stabilisce la sua casa e dipinge ciò che vede dal balcone del suo studio o subito al di fuori della porta dell’abitazione. Fino al 1910, anno in cui realizza il grande polittico Villa Borghese, il tema della natura ai confini della città diventa per Balla ciò che è per Paul Cézanne la “Montagne Sainte-Victoire”: materia da indagare, da provare e riprovare, da scarnire fino all’astrazione.Si tratta di uno dei primi temi sperimentali affrontati dal pittore, presentato in questa occasione attraverso una trentina di lavori riuniti organicamente, proprio come saranno, all’epoca eroica del Futurismo, i temi della Rondine, vista dallo stesso balcone, l’Automobile in corsa, la Velocità astratta, le Linee forza di paesaggio, le Trasformazioni forme spirito, il Mercurio che passa davanti al sole, e così via.

PISA: DA MAGRITTE A DUCHAMP

Dopo la prima grande collaborazione nell’ambito della mostra “Modigliani et ses amis” che nel 2015 ha riscosso un grande successo di critica ed ha portato a Pisa oltre 110mila visitatori, la Fondazione Palazzo Blu, il Centre Georges Pompidou di Parigi e MondoMostre tornano a collaborare per proporre, fino al 17 febbraio, la mostra “Da Magritte a Duchamp. 1929: il Grande Surrealismo dal Centre Pompidou”. Per la prima volta in Italia, l’istituzione francese presta una serie di capolavori di cui difficilmente si priva, essendo esposti nella collezione permanente di quella che è la più importante istituzione europea dedicata all’arte del Novecento. Il curatore Didier Ottinger, tra i luminari dell’istituzione museale francese, tra i massimi esperti al mondo dell’opera di Magritte, di Picasso e del Surrealismo, ha messo insieme per quest’occasione un impeccabile corpus di capolavori che accompagnano i visitatori di Palazzo Blu a scoprire le meraviglie di quel Surrealismo che ha profondamente mutato l’arte del XX secolo.

(© 9Colonne - citare la fonte)