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direttore Paolo Pagliaro

C’era una volta l’Italia
ai vertici della Ue

di Paolo Pagliaro

Chi ha vinto e chi ha perso davvero in Europa si comincerà a capire da stasera, quando i capi di stato e di governo si incontreranno a Bruxelles per scambiarsi qualche idea sul tema delle nomine. Sono in scadenza il presidente della Commissione, quello del Consiglio europeo, l’Alto rappresentante per la politica estera e il presidente della Banca centrale. Nell’incontro informale di questa sera ci si scambierà qualche idea anche sui nuovi assetti dell’europarlamento, che però non dipendono dagli esecutivi ma dai partiti. Tre dei cinque incarichi di cui si comincia a discutere in queste ore sono stati ricoperti fino a oggi da italiani: l’Alto rappresentante per la politica estera è Federica Mogherini, il presidente del Parlamento è Antonio Tajani e il presidente della Bce è Mario Draghi. Basterebbe questo – e l’evidenza dei benefici apportati alla tenuta del nostro sistema delle politiche della Bce - per dire quanto sbaglia chi dipinge l’Unione Europea come un corpo estraneo rispetto all’Italia e ai suoi interessi.

Il problema è che ora sarà molto difficile vederci confermato anche uno solo di questi incarichi. Dopo il voto di domenica il nostro governo appare infatti sempre più disomogeneo rispetto alla maggioranza futura nel Consiglio e nel Parlamento europeo. La coalizione che governerà l’Unione comprenderà verosimilmente popolari, socialisti e liberali, con l’eventuale aggiunta dei Verdi. che hanno ottenuto risultati di rilievo in Germania, Francia, Austria e Gran Bretagna. I sovranisti, a cominciare da quelli vittorioso in Italia, si consegnati in Europa a un ruolo di opposizione. L’Italia dovrà quindi accontentarsi del commissario che le spetta, con competenze possibilmente non marginali.

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