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La ricerca dell'amore ne "L'Araba fenice" di Alessandra Tullo

Ascoltare la parola giusta, l’abbraccio esatto”: è una breve storia di ricerca quella de “L’araba fenice” (Ti Pubblica, 55 pagg.), il primo lavoro di Alessandra Tullo. Una ricerca e una rinascita che la scrittrice tratteggia in un libro breve e asciutto ma pieno di “direzioni” che tengono insieme il racconto: un amore paterno da risolvere, una vita di routine che nasconde insoddisfazione, l’ansia e la determinazione per il futuro dei figli, un rapporto che si distrugge nelle menzogne e uno che dirompe. E soprattutto il desiderio di lasciarsi andare, di abbandonarsi al cuore, che colpisce in un preciso momento della vita, soprattutto chi come Alyssia, la protagonista del romanzo, ha un cervello a due temperature, “36 gradi la parte razionale, 39 gradi quella più inquieta e pensante”.

Nell’Araba Fenice, Tullo utilizza, senza abusarne, la chiave del fantastico: un libro che accomuna vite tramite due persone scomparse. Non ne abusa perché è il destino ad essere più forte degli intrecci narrativi: l’incontro di Alyssia con Luca ribalterà le sue certezze, dalle amicizie al matrimonio, lasciando scoprire uno scenario di bugie e tradimenti.

L’amore improvviso di Alyssia per Luca è, in realtà, una risoluzione del rapporto col padre, un’introspezione inevitabile nel cammino di ogni adulto che porta Tullo a dire che “non ci si può opporre alla felicità” e a meravigliarsi “ogni qual volta che penso di non essere più capace di amare”.

La scrittura dell’autrice è asciutta ma piena di particolari, un’acuta osservazione dei piccoli gesti dei protagonisti, delle loro manie, del mondo di Alyssia, apparentemente ordinario, sconvolto dalle emozioni sullo sfondo di una periferia romana, funzionale al racconto e mai invasiva.

(© 9Colonne - citare la fonte)