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Migranti: giovani e contribuenti attivi, saldo fiscale positivo per 1,8 mld

Roma, 19 ott - A prescindere dalle differenti narrazioni, i dati parlano chiaro: per i lavoratori immigrati in Italia rimane positivo il saldo tra il gettito fiscale e contributivo (entrate, 29,2 miliardi) e la spesa pubblica per i servizi di welfare (uscite, 27,4 miliardi), con +1,8 miliardi di euro in attivo. È quanto emerge dal rapporto della Fondazione Leone Moressa sull’economia dell’immigrazione, illustrato oggi alla Camera. Dopo la pandemia, torna a crescere il numero di contribuenti immigrati. Si tratta di 4,3 milioni di contribuenti (10,4% del totale), che nel 2022 hanno dichiarato redditi per 64 miliardi di euro e versato 9,6 miliardi di Irpef. “Abbiamo perso forza lavoro e un sacco di giovani, perché hanno lasciato il paese o perché non sono mai nati, visto che è dal 1967 che abbiamo un tasso di fecondità tale da non consentire un ricambio: in questo contesto il lavoro degli immigrati apporta il 10% del Pil, ma si tratta di un lavoro poco qualificato. Bisogna cercare di valorizzare il loro talento per far sviluppare meglio il nostro Paese” spiega Chiara Tronchin della Fondazione. “Gli immigrati sono prevalentemente lavoratori, quindi contribuenti attivi e hanno un basso impatto sulla spesa pubblica – sottolinea invece il suo collega Enrico Di Pasquale - per dare un’idea, gli occupati stranieri sono il 10% ma il loro impatto sulla spesa pubblica è appena del 3%, soprattutto sulle voci più consistenti come sanità e pensioni, data la bassa età media”. “La fotografia che viene fuori dal rapporto della Fondazione Moressa – sottolinea Enrico Magi, segretario di Più Europa - è quella di una società italiana in cui il contributo dei lavoratori stranieri è indispensabile. Lo è perché sono occupati in mansioni non concorrenziali con i lavoratori italiani e perché il saldo dell’apporto fiscale e contributivo legato al loro lavoro è positivo rispetto alla spesa pubblica. I nostri governi dovrebbero avere tutto l’interesse a investire in accoglienza, in integrazione, in formazione ed inclusione dei lavoratori stranieri regolari. Una fotografia del paese che però sembra non esistere se guardiamo al dibattito pubblico quotidiano sul tema dell’immigrazione”. “Nel Def di Giorgetti – ricorda Magi - è indicato come elemento strategico, per modificare il rapporto debito-Pil, proprio l’aumento dei lavoratori stranieri. Come si può fare? Intanto modificando la normativa italiana sugli ingressi per motivi di lavoro, i flussi previsti da questo governo probabilmente non saranno sufficienti, e poi modificando la Bossi-Fini e consentendo la regolarizzazione in modo stabile per chi è già nel nostro Paese e ha un datore di lavoro pronto ad assumerlo. Ovviamente su tutto questo pesa l’andamento demografico del nostro Paese – conclude -: da qui a pochi anni il nostro sistema di welfare non sarà più sostenibile se non saremo in grado di includere nella nostra società un numero maggiore di lavoratori stranieri”. (Roc)

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