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direttore Paolo Pagliaro

Debutta in una legge
la medicina di genere

di Paolo Pagliaro

(8 marzo 2017) Come un bambino non è un uomo in piccolo, così la donna non è un uomo al femminile. C’è voluto del  tempo, ma ora anche la scienza e la politica ne hanno preso atto.  In Italia a partire dal prossimo anno accademico tutti i corsi di laurea in medicina avranno nell’ambito delle loro discipline – dall’endocrinologia alla radiologia, dalla ginecologia alla medicina interna - l’insegnamento della medicina di genere, intendendo con questa la medicina in grado di distinguere tra maschile e femminile.


Prima delle università c’era arrivata l’industria farmaceutica. Sono infatti 850 i farmaci testati  a livello internazionale per le malattie che colpiscono maggiormente le donne, e solo meno del 10% sono di competenza del ginecologo. C’è uno specifico femminile nella malattie del sistema muscolo-scheletrico e di quello immunitario, dell’apparato respiratorio e di quello gastrointestinale.


Lo si è scoperto grazie agli enormi passi in avanti compiuti dalla ricerca a partire dagli anni ’90, quando era quasi impossibile che una fase precoce di uno studio clinico coinvolgesse una donna, specie se in età fertile: si escludevano le donne per proteggerle, così veniva spiegato. Ma alla fine le si esponeva a molti rischi perché i farmaci non erano testati e studiati per loro. E infatti un recente studio americano rivela che 8 farmaci su 10 sono stati ritirati a causa di problemi di sicurezza per le donne.
Onda - l’Osservatorio nazionale sulla salute della donna -  spiega che le donne consumano  più  farmaci ma si curano peggio, anche perché riservano più attenzione alle persone di cui si occupano che a se stesse.
Va detto, infine, che il concetto della medicina di genere è entrato per la prima volta nel diritto italiano perché lo si ritrova nella legge sulle professioni sanitarie licenziata recentemente dal Senato.

 

 

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