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Stati Uniti: grazie a Trump
anche la moda fa politica

Stati Uniti: grazie a Trump <br> anche la moda fa politica

di Raffaella Celentano

(12 ottobre 2017) Il fenomeno Trump ha coinvolto nei confini del mondo politico settori della società e dell’informazione che, di solito, ne restano fuori (o se ne tengono fuori). E, nel contempo, ha fatto da cartina di tornasole alla tendenza dei giornali femminili a uscire dal proprio mondo dorato, esplorando nuove tematiche. Oggi, le pubblicazioni di moda – e quelle di spettacolo – rappresentano una sorta di arma in più dell’editoria, proprio perché riescono a presentare argomenti delicati e impegnativi (e per alcuni ostici) in un’ottica nuova e non convenzionale, ed a toccare e attirare così nuovi pubblici.
Questo non vuol dire, ovviamente, che i media femminili stiano abbandonando i loro temi principali (moda, spettacolo, viaggi e benessere). Significa piuttosto che stanno rendendo sempre più evidente il loro impegno civile e politico, affiancando temi considerati leggeri ad argomenti più ‘pesanti’ e dando vita a inediti dibattiti culturali. Nei primi cento giorni di Donald Trump alla Casa Bianca, le maggiori riviste patinate, negli Usa come in Italia e nel resto del mondo, hanno analizzato decisioni e atteggiamenti del magnate presidente dai loro angoli visuali, come avevano già fatto in campagna elettorale: la loro attenzione, e la loro gestione del ‘fenomeno Trump’, sono state oggetto della mia tesi di laurea magistrale.
Anche se all’inizio gli articoli che comparivano sulle riviste femminili non colpivano in modo particolare, essi hanno progressivamente attirato l’attenzione di osservatori e operatori dell’informazione. Ha fatto scalpore, per esempio, l’articolo scritto da Lauren Duca, apparso il 10 dicembre 2016 su Teen Vogue e intitolato “Donald Trump Is Gaslighting America”. Il pezzo ha colpito non solo perché presentava un’attenta e approfondita analisi del ‘fenomeno Trump’, ma soprattutto perché era stato pubblicato da un giornale femminile destinato ai più giovani.
Ma Teen Vogue non è stata certo l’unica rivista non politica a occuparsi di politica negli ultimi mesi: con Trump, infatti, il giornalismo di intrattenimento ha iniziato a procedere di pari passo con quello politico. Le ragioni del cambiamento di registro affondano nel background di Trump, fatto di imprenditoria, gossip, spettacolo e moda.
Il magnate divenuto presidente era un outsider che si è imposto sulla scena politica statunitense, riuscendo a dominarla e ribaltando qualsiasi pronostico. È iniziata così una nuova fase (se così possiamo definirla) del giornalismo di intrattenimento statunitense e in seguito europeo. I giornali di moda e spettacolo non avevano una storia consolidata di endorsements politici, ma l’elezione di Trump ha capovolto anche questa situazione. Così, molte testate hanno deciso di schierarsi, apertamente o attraverso i propri articoli, contro Trump e la sua politica.
Secondo quanto riferito da diversi media, nel settembre 2016 la direttrice di Vogue USA, Anna Wintour, un’icona americana, la donna che ha ispirato ‘Il Diavolo veste Prada’, aveva chiesto ai suoi contatti più importanti nel mondo della moda di votare per Hillary Clinton. Successivamente, la rivista ha reso pubblico il proprio appoggio alla candidata democratica con un breve editoriale, pubblicato il 18 ottobre 2016. Per la prima volta, un giornale di moda si schierava ufficialmente a favore di un candidato politico, dando il segnale di una nuova tendenza che vede il giornalismo di intrattenimento sempre più impegnato e attento alle tematiche politiche e sociali.
Poco dopo altri giornali femminili hanno abbracciato la causa anti – Trump, e anche i giornalisti di intrattenimento sono stati coinvolti negli scontri fra il presidente Trump e i media. Lontani da fredde analisi politiche, i giornalisti di intrattenimento riescono a destreggiarsi con eleganza tra temi molto diversi tra loro, che sono affrontati con serietà e leggerezza allo stesso tempo.
Tra i tanti citiamo Graydon Carter, direttore di Vanity Fair USA, che è stato più volte attaccato su Twitter dal presidente dopo una stroncatura sulla rivista del Trump Grill, il ristorante del magnate nella Trump Tower di New York. Secondo il celebre mensile, infatti, la pessima cucina del locale rivelava “tutto ciò che avete bisogno di sapere sul nostro prossimo presidente”, affermazione che non è piaciuta affatto al magnate.
Della guerra fra il presidente Trump e i media americani ha ampiamente scritto, sempre su Vanity Fair USA, anche James Warren, che con tagliente ironia ha analizzato e descritto la situazione dei media statunitensi, invitando però i suoi colleghi a non esagerare nei loro attacchi, per non perdere credibilità agli occhi del grande pubblico.
Meno coinvolti sono stati, ovviamente, i giornali femminili italiani (e in generale europei), anche se il fenomeno Trump ha comunque trovato spazio tra le pagine delle riviste di intrattenimento nostrane. Vanity Fair Italia, ad esempio, ha dedicato numerosi articoli all’elezione di Trump e alle reazioni da essa suscitate. I suoi redattori hanno dato spazio sia agli oppositori che ai sostenitori del presidente: ad esempio, Chiara Pizzimenti, nei suoi articoli, ha intervistato i sostenitori di Trump e presentato il loro punto di vista, dando voce anche all’America che ha votato per l’attuale presidente.
Ancora, Marta Stella per Marie Claire Italia e Laura Tortora per Vogue Italia hanno parlato di Trump nei loro articoli dedicati alla moda. In particolare, la Stella ha posto un’interessante domanda al pubblico italiano: la moda può fare politica?, quesito a cui non è semplice rispondere. Così come le riviste femminili, infatti, anche il settore della moda non gode sempre di ottime reputazione e credibilità agli occhi del grande pubblico. L’impegno civile di numerosi designer e stilisti ha, però, dimostrato che anche l’industria della moda può (e forse, anzi, deve) dedicare attenzione ad argomenti di politica e attualità.
(da affarinternazionali.it)

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