“Per carità di Dio. Tiratelo fuori di prigione. Liberatelo, adesso. A chi ancora gioca sulla pelle di Marcello Dell'Utri chiediamo di mettersi una mano sulla coscienza perché di fronte a un tumore i distinguo e la ragion di Stato non reggono più”. Lo scrive il direttore de Il Tempo Gian Marco Chiocci oggi sulla prima pagina del quotidiano. E prosegue: “Non bastavano i drammatici problemi di salute di cui l'ex senatore soffre da tempo. Non bastava nemmeno l'assurda condanna per un reato ‘fantasma’ (il concorso esterno in associazione mafiosa) che non esisteva al tempo in cui il fondatore di Forza Italia avrebbe commesso i reati di cui lo accusano. Ora al settantaseienne Dell'Utri hanno diagnosticato pure un devastante cancro alla prostata da curare all'istante con vagonate di radioterapia. Lo tengono in carcere ormai da tre anni e mezzo, nonostante i gravissimi problemi di cuore che da un momento all'altro potrebbero portarlo all'altro mondo. Ed ora, come si legge nelle ultime relazioni di ottobre e novembre redatte dalla direzione sanitaria di Rebibbia, si aggiunge pure un cancro che aggrava la sua manifesta incompatibilità col regime carcerario. Detto ciò, cosa aspettano i giudici a tirarlo fuori di lì? Davvero vogliono farlo crepare in cella come un Riina o Provenzano qualsiasi? Qui non si tratta di garantire un privilegio ma di applicare giustizia. Vale per Dell'Utri come per ogni signor Rossi recluso e malato. Mesi addietro il garante dei detenuti protestò perché, di fronte a un quadro clinico così grave, il magistrato di sorveglianza aveva fissato l'udienza sulla scarcerazione di Dell'Utri a cinque mesi di distanza. Fu solo grazie alla raccolta firme del nostro giornale che i tempi furono ridotti di due mesi. Ora la situazione precipita: Dell'Utri è malato di cuore e deve potersi curare per provare a estirpare il male. Domani mattina i giudici dovranno decidere sulla base di queste relazioni, e delle nuove perizie disposte dal Tribunale di Sorveglianza di Roma, se mandarlo a curarsi in un ospedale oppure lasciare che si spegni lentamente dentro l'infermeria di un penitenziario. Dalla giustizia italiana siamo abituati ad aspettarci di tutto. Stavolta però siamo certi che nessun giudice troverà il coraggio di lasciarlo marcire in galera con un tumore destinato a divorarlo. Abbiate pietà di lui. Sennò, prima o poi, ne risponderete di fronte a Dio”. (4 dic - red)
(© 9Colonne - citare la fonte)