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PUBBLICITA': CONTRO LA CRISI, SPOT "DA MASCHIO" E ADDIO FAMIGLIE

PUBBLICITA': CONTRO LA CRISI, SPOT

Milano, 2 apr – Ricordate l’allegra famiglia protagonista degli spot del Mulino Bianco? Bene, dimenticatela. Perché la crisi è crisi e in tempi difficili, si sa, servono capitani coraggiosi per risollevare le sorti del Paese. E la pubblicità, che della società è sempre stata lo specchio, si adegua. Il risultato? Diminuiscono gli spot che si rivolgono al cosiddetto “responsabile d’acquisto” e aumentano quelli più “da macho”, quelli che si rivolgono in maniera diretta e incontrovertibile al pubblico maschile. A rilevare questo nuovo “machismo” della pubblicità è la A+ Ad Audit - società italiana di auditing della pubblicità che annovera tra i suoi clienti anche nomi come Beiersdorf (Nivea), Banco Popolare, Coca Cola, Danone, Fastweb, L'Oreal, Mars, Nintendo e Unieuro - il cui indice di “vitalità del mercato pubblicitario” tocca per la prima volta un valore negativo: -0,2%. Un dato che fa riflettere perché il settore della pubblicità televisiva era sembrato parzialmente immune dai cali peggiori che avevano investito gli altri mezzi da quando la crisi economica è cominciata a estendersi anche all'Italia. Nel 2008, l'andamento della produzione pubblicitaria televisiva si era spostato via via in analogia a quello della produzione industriale, ma sempre con valori superiori. Ma tra gennaio e marzo 2009 qualcosa è cambiato e anche se le modifiche apportate dall'Istat al paniere e alla base di calcolo per la definizione della produzione industriale hanno avuto il loro peso, fa comunque pensare che i due indici si incontrino per la prima volta. Dall’analisi di A+ emergono dunque alcuni spunti interessanti. Intanto la sostanziale tenuta dell’indice di vitalità relativo al target “adulti”, che concentra circa il 35% circa degli investimenti tv. C’è poi il crollo deciso della vitalità delle campagne destinate ai responsabili acquisti, il cui indice raggiunge il minimo storico (-6,6%), e ai giovani adulti, che, nonostante una ripresa, si attestano a -4,3%. E poi c’è il dato di partenza: c’è, sì, un valore leggermente positivo (+0,1%) per la pubblicità rivolta alle donne, ma a stupire è il +2,3% fatto registrare dalla pubblicità destinata agli uomini. I trend emergenti devono essere in qualche modo “interpretati”. Ad esempio, i dati “giovanili” andrebbero letti, secondo A+, alla luce di due fattori chiave: il primo è la maggiore attenzione delle aziende italiane alla scelta del target, con lo scopo di ottimizzare i costi, mentre il secondo, più sociologico, è la disaffezione dei giovani adulti nei confronti della tv generalista, in parte sostituito da altre tv specialiste e in parte parcellizzato su altri mezzi. Per quanto riguarda la seconda tendenza - la scarsa vitalità della pubblicità diretta al target “responsabili d’acquisto” – continua la lenta ma progressiva riduzione. Anche questo target, una volta considerato come quello elettivo della pubblicità televisiva e oggetto di circa il 19% degli investimenti pubblicitari sulla tv generalista, sembra evidenziare segnali di parziale abbandono da parte delle aziende inserzioniste: il numero degli spot scende (-11,2%) in misura molto superiore al mercato. E’ invece in leggera crescita la pressione media (compresa fra +0,2% e +0,5%) degli spot dedicati a questo pubblico, a riprova che la disattenzione degli inserzionisti non deriva dal calo dell’audience televisiva (che su questo target, anzi, è in leggera crescita), quanto piuttosto da scelte di marketing aziendale. Il quadro finale, dunque, è quanto mai significativo. Vengono modificati i target della comunicazione, ormai largamente a favore dei separati pubblici adulti, maschile e femminile, mentre la diminuzione d’interesse per la “classica” figura del responsabile d’acquisto, probabilmente dovuta al lento modificarsi della struttura familiare italiana e delle relative dinamiche di acquisto, pare un trend inarrestabile.

(Gco)

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