Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

'La dolce Vitti':
tutti i volti
della diva

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

'La dolce Vitti': <br> tutti i volti <br> della diva

C’è un incantesimo che Monica Vitti ha fatto al cinema e sul pubblico, e per il quale è forse l’ultima grandissima diva del nostro schermo, amata da spettatori di età, sesso, gusti cinematografici diversi. Monica Vitti è oggi forse l’attrice che suscita la maggiore simpatia e commozione in un pubblico vasto e trasversale, cinefilo e popolare, di cui ogni singolo spettatore ama la ‘sua’ Monica Vitti. Come forse a nessuna interprete è riuscito, ha unito le due anime divise del nostro cinema più grande: quella d’autore, il cinema d’impegno e linguaggio, e la Commedia all’italiana. Due anime troppo spesso scisse, conflittuali, che in lei si incarnano, con naturalezza, in un unico corpo. In questa sintesi Monica Vitti è stata ed è un’attrice unica, attraverso decine di incarnazioni diverse: personaggi, trasformazioni, svolte di carriera, Teatro, Cinema, TV, copioni, canzoni… Pubblici diversi, anche, per cui è presenza di volta in volta raffinata e popolarissima. La sua lunga distanza dalle scene, dall’apparizione pubblica, ha paradossalmente prolungato il suo incantesimo, e la diva e la donna sono incredibilmente presenti nell’immaginario di questo 2018. Ora una mostra fotografica e multimediale, La Dolce Vitti, ideata e realizzata da Istituto Luce Cinecittà, che apre al pubblico a Roma al Teatro dei Dioscuri al Quirinale dall’8 marzo al 10 giugno 2018, per la cura di Nevio De Pascalis, Marco Dionisi e Stefano Stefanutto Rosa, racconta le diverse forme di questa presenza, in 40 anni di spettacolo, decine di film, teatro, TV, costume, cultura alta e popolare, e regala le tracce di questo incantesimo. Per raccontare la mobilità inclassificabile e magica dell’arte della Vitti, La Dolce Vitti si snoda in un percorso espositivo multimediale e immersivo, con un andamento cronologico e insieme tematico. Cuore della Mostra sono le oltre 70 magnifiche fotografie provenienti da importanti archivi pubblici, a partire dal grande Archivio storico dell’Istituto Luce, da quello dell’Accademia d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, del Centro Sperimentale di Cinematografia, e privati come Reporters Associati, Archivio Enrico Appetito e altri fondamentali fondi come quelli personali di Elisabetta Catalano e Umberto Pizzi. Immagini spesso rare che toccano 40 anni di carriera ed evoluzioni di un’attrice (e di un Paese che muta con lei). Nella mostra la Vitti si racconta in prima persona, con la sua voce così particolare, ‘sgranata e roca’, attraverso ricordi, riflessioni, brani dei suoi libri. E anche grazie alle testimonianze di ieri - da Alberto Sordi a Ettore Scola, da Dino Risi a Steno - e a quelle di oggi - da Dacia Maraini a Michele Placido, da Giancarlo Giannini a Enrico Vanzina - di chi ha lavorato con lei o l’ha conosciuta. Le tappe di questo percorso sono: il Teatro, il Doppiaggio, Michelangelo Antonioni, il Cinema Comico e l’evoluzione della Vitti in ‘autrice’, la TV. Il primo ambiente del percorso accoglie il visitatore con grandi ‘veli’ fotografici e un elemento chiave della Mostra: la voce dell’attrice. Quella voce roca, singolare, così controcorrente rispetto ai canoni dello spettacolo, che è stata una delle chiavi della sua arte. In questo senso l’esposizione si pone anche con un connotato di ‘installazione sonora’. La sala del ‘Teatro’ ci racconta con straordinarie immagini gli anni dell’apprendistato della giovane Maria Luisa Ceciarelli, nata il 3 novembre 1931, iscritta alla Silvio d’Amico nell’anno accademico 1950-’51, dopo aver compreso, già a 14 anni, che recitare le avrebbe salvato la vita. Una ragazza che spicca per altezza, slancio, e una sincera propensione al dramma e ai tragici. E che un maestro assoluto del teatro come Sergio Tofano riconosce, con due indicazioni contrarie: le dice che è un vero talento comico, e di cambiare nome. L’ultimo spazio dell’esposizione regala, grazie ai materiali delle Teche Rai, momenti di un altro ‘genere’ della Vitti: la Televisione. Apparizioni, sketch, interviste-confessioni, mai banali in cui l’attrice ha portato la sua naturale verve e confidenza nelle case di milioni di spettatori.(PO / red)

 

ROMA, A VILLA TORLONIA LE “SOGLIE DI LUCE” DI PIETRO GENTILI

Presso la Casina delle Civette, che fa parte dei Musei di Villa Torlonia a Roma fino al  27 maggio è ospitata la mostra “Soglie di Luce. Opere di Pietro Gentili dal 1970 al 2000” con l’intento di farne conoscere l’universo artistico attraverso 50 opere tra quadri, sculture, gioielli, moduli tridimensionali realizzate utilizzando tempera, foglia d’oro e d’argento, sabbia, polvere di specchio, plexiglass, legno. La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, dall’Archivio Gentili e da Fabrica Associazione Culturale, è a cura di Claudio Cerritelli e Maria Grazia Massafra. Tra scudi di angeli, cieli stellati, porte aperte su di uno spazio “altro”, giochi di superfici riflettenti, filo conduttore dell’esposizione è la luce come soglia verso un’altra dimensione. Come scrive Claudio Cerritelli l’immagine della “porta” si pone come luogo del mistero conoscitivo dell’arte, soglia dove si avverte il desiderio e la ricerca della luce spirituale, percepita nella vastità senza fine del tempo. Il percorso creativo di Pietro Gentili ha un carattere talmente singolare da escludere ogni possibile appartenenza al gioco delle tendenze artistiche contemporanee a causa della sua visione trascendente di spazio e tempo, per la sua autonoma ricerca di valori esistenziali che presuppongono una dimensione cosmica. Il mondo di astrazione del suo lavoro ha, tuttavia, attinenze dirette con tutto un filone di arte contemporanea di carattere mistico-simbolico-spiritualistico che si rifà al mondo orientale, alla religione e alla filosofia Zen. Secondo Pietro Gentili ogni artista dovrebbe, con generosità, donare al mondo la bellezza del proprio cuore e non i suoi disagi, la poesia struggente della propria anima e non le sue pene. Fondamentale, per lui, la ricerca della bellezza e l’arte come ricerca, come armonia spirituale, come mezzo per raggiungerla. Per Gentili l’immagine della bellezza che trapassa l’anima è legata alla luce, all’aspetto immateriale della creazione, all’immediatezza dell’eterno presente. Tutte le opere in mostra ci parlano di una ricerca dell’assoluto, di un viaggio spirituale che esalta l’armonia e il mistero della luce, misura di tutte le cose. Anche la tecnica utilizzata ci parla di questo: l’uso della foglia d’oro si alterna all’argento per ottenere un senso di smaterializzazione della superfici. (red)

MILANO: TURCATO E SCHIFANO

La Galleria Giovanni Bonelli di Milano ospita, fino al 15 aprile, la mostra “Sulla Pittura” dedicata a Giulio Turcato e Mario Schifano, due figure iconiche del secondo Novecento italiano. L’esposizione si inserisce nella prospettiva consolidata dalla galleria milanese di proporre annualmente due approfondimenti su artisti di livello internazionale, sia italiani che stranieri. La rassegna presenta una trentina di lavori, equamente divisi tra i due autori, per esemplificarne il percorso poliedrico ed eterogeneo. Di Giulio Turcato - figura tra le più importanti del panorama dell’astrattismo italiano del secondo dopoguerra - sono proposti sia lavori con caratteristiche materiche peculiari, come le “Superfici lunari” su gommapiuma (una del 1968 e una del 1970) o i “Tranquillanti” su tela (dei primi anni ’60), sia opere quasi gestuali come gli “Alleluja” dei primi anni ’70. L’eclettismo di Mario Schifano - considerato uno dei principali esponeti della pop-art italiana - è rappresentato da un grande autoritratto del 1979 e da una serie di tecniche miste su tela o su carta realizzate tra il 1962 e il 1984. (red)

BOLOGNA: RITRATTI DI DONNE VITTIME ACIDO

Proseguono le attività realizzate nell'ambito del patto di collaborazione "I Love Bolognina", a Bologna, con la mostra “Vorrei liberarmi dal mio corpo”, debutto italiano della giovane artista iraniana e studentessa dell’Accademia di Belle Arti di Bologna Golnaz Mohammadi Moghanaki (Teheran, 1988). L'iniziativa, allestita fino all'8 aprile, nasce da due realtà che aderiscono al patto di collaborazione: La Casa di Barbara, che ospita l'esposizione, in collaborazione con il ristorante persiano Pars. Il lavoro dell'artista è una riflessione sulla pratica del “vitriolage” e sulla vita delle vittime di attacco con acido che sono quasi sempre donne. L’aggressione con l’acido è un attacco che non si attua con l’intenzione di uccidere ma di solito avviene come gesto estremo di vendetta, agito dall'ex partner per rovinare la vita sociale della vittima e la sua felicità futura con un altro partner. Particolarmente diffusa nell’Asia meridionale, questa forma di violenza è una pratica barbarica geograficamente trasversale, presente anche in Occidente e in Italia, come ci ricordano i recenti fatti di cronaca. Da ogni incontro Golnaz riporta un dono, il ritratto fotografico della vittima, sul quale poi interviene con un gesto caustico o con inserzioni di carta velina per rendere in rilievo ed evidenziare quei tratti deturpati, la manifestazione concreta e visibile di un dolore fisico e psicologico, l’accettazione di dover affrontare una vita che non sarà mai più quella di prima. La scelta di esporre il suo lavoro all’interno di un appartamento privato, La Casa di Barbara, fa riferimento al fatto che spesso questo tipo di violenza nasce tra le mura domestiche, nei luoghi che dovrebbero essere designati come protettivi ma che d’un tratto si rivelano insicuri e pericolosi, quando non addirittura mortali. Aderiscono al progetto l'Associazione Approdi e l'Associazione SOS Donna. (PO / red)

 

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