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Stretta sull'immigrazione:
luci e ombre di un decreto

Stretta sull'immigrazione: <br> luci e ombre di un decreto

di Piero Innocenti

(10 settembre 2018) Dunque, è pronto lo "schema di decreto legge" sull'immigrazione, sulla cittadinanza e sulla giustizia (15 articoli in tutto) da sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei Ministri e fortemente voluto dal Ministro dell'Interno. E' il primo dei provvedimenti annunciati da Salvini per limitare, in generale, il  rilascio di permessi di soggiorno di protezione, abrogando quelli che vengono rilasciati per "motivi umanitari". Troppo buonista, secondo il Ministro, l'interpretazione data nel tempo a questa "tutela umanitaria", come aveva già sottolineato nella sua circolare del 4 luglio scorso, inviata a tutti i Prefetti e ai Presidenti delle Commissioni e Sezioni territoriali, sollecitando un maggior rigore nel concedere il "beneficio".
In realtà, gli esiti delle richieste di asilo in Italia per motivi umanitari negli ultimi anni, sul totale delle istanze esaminate, sono oscillati dal 51,7% del 2010 al 20,8% del 2016, al 25% del 2017 ( cfr. Il Rapporto sui Centri di permanenza per il rimpatrio, della Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani, aggiornato al dicembre 2017). Verrebbe abrogato, quindi, il comma 6 dell'art. 5 del testo unico sull'immigrazione che prevede, appunto, il rilascio da parte del Questore di tale permesso "..qualora ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario". Espressione ritenuta troppo generica contrariamente a quanto previsto negli altri Stati membri dell'UE, in cui forme di tutela  complementari sarebbero tassativamente individuate dalle norme.
Con l'abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari vengono, tuttavia, individuate alcune situazioni "..di tutela dello straniero che, pur non rientrando, ai sensi della vigente normativa, nelle ipotesi di protezione internazionale (..)non consentirebbero di eseguire il provvedimento di espulsione senza violare principi e norme del diritto interno e internazionale". In  questo senso la puntualizzazione fatta nella relazione illustrativa allo schema del decreto legge in argomento. Vengono, così, previsti permessi di soggiorno da rilasciare " in casi speciali" come quello per "cure mediche" , per un periodo limitato che sia indicato in idonea certificazione sanitaria e solo se lo straniero versi in condizioni di eccezionale gravità, che non consentono di espellerlo senza "arrecare un grave pregiudizio alla sua salute". Insomma, pare di capire, che ci si debba trovare in situazioni di persone "moribonde" o quasi. C'è, poi, il permesso di soggiorno per "calamità naturali", anche questo di durata limitata, sei mesi, non prorogabile ( punto incomprensibile se si pensa a situazioni di calamità protrattesi per tempi lunghissimi che hanno investito alcuni paesi, vedi Haiti), che consente allo straniero di non rientrare nel Paese di origine che si trovi in una situazione di contingente ed eccezionale calamità naturale (terremoto, inondazione, ecc..). Spetta, infine al Ministro dell'Interno, su proposta del Prefetto competente, la concessione di un permesso di soggiorno per "atti di particolare valore civile" e, come noto, non sono mancati in questi anni episodi con alcuni stranieri protagonisti  di encomiabili  interventi. Nel provvedimento normativo, in fase di elaborazione definitiva ,viene confermata ( ma riscritta) la disciplina dei permessi per le vittime di violenza domestica e di grave sfruttamento lavorativo già  riconosciuta dalle norme vigenti.
Nella strategia antimmigratoria di Salvini, contraddistinta, come noto, da "più espulsioni, più trattenimenti nei Cpr, più rimpatri forzosi, più accompagnamenti in frontiera, più rigore nel riconoscimento dello status di rifugiato e niente permessi umanitari", si mira anche a prolungare la "detenzione amministrativa" dello straniero nei Centri di permanenza per i rimpatri ( attualmente sono sei in tutto il territorio nazionale) portandola dagli attuali 90 giorni a 180. La misura sarebbe necessaria, si sostiene nella relazione, per lo svolgimento delle procedure finalizzate alla identificazione e alla acquisizione del documento di viaggio (c.d. lasciapassare) rilasciato dalle autorità consolari dei paesi di provenienza. Prima di tutto, però, forse sarebbe necessario eliminare le varie criticità strutturali e di trattenimento inadeguate, in termini di tutela della dignità e dei diritti dei trattenuti, rilevate nel tempo, in più circostanze, in tali Centri ( dove la permanenza media è  di circa 25 giorni).
Le preoccupazioni per la dignità e i diritti dei trattenuti aumentano se si pensa che, nella previsione dell'art. 3 dello schema di decreto legge, si può trattenere lo straniero, su richiesta del Questore, nell'attesa della definizione da parte del giudice di pace del provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera  "..in strutture idonee, diverse dai Centri di permanenza per il rimpatrio  (..) nella disponibilità dell'Autorità di pubblica sicurezza..". Si tratta di capire quali possano essere questi luoghi diversi non potendosi escludere, spero di sbagliare, le camere di sicurezza esistenti nelle questure e in diversi uffici di ps distaccati (il questore ed il dirigente di un commissariato di ps distaccato sono, rispettivamente, autorità provinciale e locale di pubblica sicurezza). Considerazione che scaturisce dal richiamo formulato nella relazione al decreto  sulla disposizione analoga prevista dal codice di procedure penale (art.558 comma 4 bis) di trattenere una persona in stato di arresto nelle camere di sicurezza in attesa della convalida del provvedimento e del giudizio direttissimo. Permanenza che può essere autorizzata dal giudice dopo l'udienza di convalida anche  presso gli uffici di polizia di frontiera, sempre "in locali idonei" ( chi valuta tale idoneità?) sino all'effettivo allontanamento. Con tutti i problemi che ciò potrà comportare,  inoltre, sul piano della vigilanza da parte degli agenti di polizia  in uffici con organici ridotti al lumicino.
Apprezzabile, invece, a parere di chi scrive, l'ampliamento previsto nel decreto dei reati (violenza sessuale, rapina ed estorsione- attualmente sono previste solo nelle ipotesi più gravi-, violenza o minaccia a pubblico ufficiale, lesioni personali gravi e gravissime, furto e furto in abitazione aggravati dal porto di armi o narcotici) che, in caso di condanna definitiva (in genere dopo molti anni) sono motivo di diniego o di revoca dello status di rifugiato e di quello di beneficiario di protezione sussidiaria. Davvero troppi negli ultimi tempi gli episodi, anche gravi, imputabili a tali persone alle quali era stata assicurata "accoglienza" e solidarietà.

 

 

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