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direttore Paolo Pagliaro

Stressati o sdraiati?
I consigli per i giovani

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

Stressati o sdraiati? <br> I consigli per i giovani

STRESSATI O SDRAIATI? CONSIGLI PER GIOVANI DISORIENTATI

Siamo proprio certi che le difficoltà occupazionali, in Italia, derivino solo dalla crisi economica? Non esisterà, alla base, anche e soprattutto un “problema culturale”? Cosa bisognerebbe fare per trovare il fatidico posto, in un contesto globale che ogni giorno rinnova se stesso e dove l’impiego fisso non esiste più? S’intitola “Stressati o sdraiati? Solo in cerca di lavoro. Consigli per giovani disorientati”, il libro (Edizioni Franco Angeli) di Antonella Salvatore, direttore del Centro di Alta formazione e Avviamento alla Carriera della John Cabot University (JCU), e ideatrice dell’Osservatorio Cultura Lavoro (OCL).   "L’Italia ha la più bassa percentuale di laureati in Europa e il più alto numero, dopo la Grecia, di Neet, cioè di giovani che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione" sottolinea l'autrice. "La crisi del nostro Paese – prosegue – non è solo economica. È una crisi culturale, sociale, educativa e lavorativa. C’è un Ponzio Pilato, in ognuno di noi, che non affronta le cose e continua a rimandarle, sperando che qualcuno, prima o poi, interverrà. Siamo fatalisti, con una visione short term, crediamo ancora nel favore dell’amico, nello Stato assistenzialista".

 

 

SUPER8: I FILM CHE HANNO DISTRUTTO LA NUOVA HOLLYWOOD

Sarà presentato giovedì 14 febbraio alle 18.30, presso il BiblioThè di Via Celsa 5 a Roma, alla presenza in qualità di relatore del critico Ernesto Assante di Repubblica, il nuovo libro di Livio Ricciardelli "Super8: i film che hanno distrutto la Nuova Hollywood" (Edizioni Efesto), che analizza la storia di 8 grandi flop commerciali del cinema, che hanno causato la scomparsa o l'offuscamento di molti giovani registi americani allora considerati sulla cresta dell'onda. "Il libro - afferma Ricciardelli - nasce quasi per gioco: nella storia del cinema americano ci sono dei film che pur essendo considerati belli se non addirittura dei capolavori, si sono dimostrati un fiasco al botteghino. Ho dunque cercato di unire i puntini, e mettere a sistema tutti questi film maledetti che hanno così cambiato il sistema produttivo americano e i gusti del pubblico". "Il titolo più celebre - conclude Ricciardelli che ha già curato una monografia sul regista britannico David Lean - è senz'altro I Cancelli del Cielo di Michael Cimino: costato 44 milioni di dollari, ne incassa soltanto 3. Cimino veniva dal successo mondiale de Il Cacciatore. Dopo il suo flop, di fatto smise di essere un regista considerato dal pubblico. Altri registi che analizzo, quali Scorsese o Spielberg, sono riusciti a reinventarsi, ma anche loro hanno subito delle cadute di stile,  che sembravano aver definitivamente compresso la loro carriera. Il libro entra in questo mare magnum, e spera possa far riscoprire alcuni film finiti ingiustamente nel dimenticatoio".

 

 

 

IVANA LEONE RACCONTA LA FORZA E LA LIBERTA' DI ALDA MERINI  

Pubblicato da L’Argolibro, esce il nuovo volume della scrittrice Ivana Leone: “Forza e libertà. Attraverso Alda Merini”. "Questo saggio rappresenta me stessa, attraverso il mio 'grido' di libertà e follia. Non è la prima volta che parlo di follia; già nella mia pubblicazione del 2016, 'Anima e follia', viene fuori questo argomento rivolto sempre alla libertà di espressione attraverso, però, una raccolta poetica. Chi mi conosce bene sa quanto io tenga alla libertà e alla realizzazione personale e quanto sia vicina a quelle donne che spesso hanno paura di lottare per un sogno. Il mio è un invito, a guardarsi dentro, a lottare per ciò che si desidera e si vuole davvero". Cilentana, classe ’87, l'autrice nasce ad Agropoli ma vive a Roccadaspide fino all’età di diciotto anni, quando poi si sposta fuori per studio. Con una laurea in Lettere Moderne, la specializzazione in filologia moderna e un master in giornalismo, Ivana decide che i tempi sono fecondi per iniziare a scrivere qualcosa di proprio pugno: nasce così il suo primo libro, “Anima e follia” (2016), una raccolta di poesia che la “inizia” al mondo della scrittura.  Ivana torna, oggi, con un nuovo tomo, in bilico fra il saggio e il testo poetico, dedicato a Alda Merini e, più in generale, alla libertà d’espressione, una sorta di invito alle donne ad “osare”, oltre quelli che sono i limiti imposti dalla società: “Forza e libertà. Attraverso Alda Merini”. "Questo saggio - spiega - nasce in seguito al mio trasferimento a Milano. In questa grande metropoli nulla ti è dovuto e tutto ciò che desideri te lo devi sudare. Ancora ricordo il primo giorno in cui ho messo piede in piazza Duomo. Il senso di spaesamento era grande e incolmabile ma la libertà che ho sentito addosso, sulla mia pelle, non si può spiegare a parole. È stato qualcosa di intenso, magico, diverso. Ho immediatamente pensato 'Ecco, da qui voglio ripartire, da qui voglio realizzare i miei sogni e devo impegnarmi al massimo'. Ho sentito talmente forte il profumo della libertà che ho pensato immediatamente alla poetessa dei navigli. Eh, si! Proprio lei; nel 2012 ero già stata a Milano per lavorare alla mia tesi di laurea 'Il tema della follia nella letteratura italiana' quando all’improvviso ho sentito la 'chiamata' di Alda. Mi sono recata lungo i navigli, ho passeggiato nella sua Milano, che purtroppo non sempre l’ha amata, e di getto ho iniziato a scrivere. E così, come un fiume in piena, pian piano è nato il mio nuovo lavoro. Inizialmente ho scritto dei versi dedicati alla Merini ma poi mi sono resa conto che la 'signora della poesia' meritasse di più e così mi sono soffermata sulla sua storia di donna, di madre, di moglie e tutte le difficoltà che ha avuto per esprimere se stessa e la sua natura di donna libera".

 

"CATTIVI SOGGETTI", LUCIANO SALCE LETTO DAL FIGLIO IN UN AUDIOLIBRO

"Cattivi Soggetti", unica opera letteraria di Luciano Salce, per la prima volta in audiolibro letto dal figlio Emanuele Salce, attore e regista, la cui voce esalta al massimo il testo con una lettura empatica e brillantissima. Una antologia di racconti pungenti, ironici, grotteschi, di epoche differenti e umori diversi. "Cattivi soggetti" - pubblicato da Volume - presenta al meglio Luciano Salce scrittore, raffinatissimo e corrosivo, con racconti che sono anche dei perfetti soggetti, o meglio, delle vere e proprie sceneggiature cinematografiche. "Cattivi soggetti" è ovviamente un titolo a doppio uso. Sono cattivi soggetti certi personaggi poco raccomandabili, ma anche soggetti cinematografici cattivi, cioè non piaciuti, non realizzati, cestinati, restituiti (quasi mai) dai produttori ai quali erano stati proposti. E una loro origine cinematografica si può ritrovare nel gusto per l’intreccio, la trovata, la situazione. La sorpresa è di avere di fronte un Salce sempre corrosivo, pieno di estri e fantasie, ma anche indulgente, sottilmente ironico e intenerito. E autenticamente scrittore. Luciano Salce è stato un artista geniale, attore, autore e regista tra i più importanti della commedia italiana. Da regista ha diretto trentacinque film tra i quali ricordiamo veri e propri capolavori come i primi due Fantozzi, Il Federale, La voglia matta, Basta guardarla. Nel 2019 ricorre il trentesimo anniversario della sua scomparsa. Volume è una società di produzione cinematografica e di audiolibri, con distribuzione nazionale e internazionale. Tra i titoli in catalogo l’audiolibro “Fantozzi” letto da Paolo Villaggio e il docu-film “La voce di Fantozzi” regia di Mario Sesti, presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2017.

 

PAOLO POMBENI SPIEGA LA "BUONA POLITICA"

Dove è finita oggi la politica? In un pozzo di discredito, in una palude di utopie e ideologismi a buon mercato. È tempo di rivendicare una funzione alta della politica come arte del possibile, i cui capisaldi sono il riconoscimento della propria collocazione in una "comunità di destini" e l’elaborazione di "un patto che ci lega" (il costituzionalismo democratico). Contro il dilemma attuale che contrappone pubblico e privato urge riscoprire il "bene comune", lavorando in particolare sulla grande questione della democrazia di oggi: l’enigma dell’opinione pubblica. Questi i temi affrontati da Paolo Pombeni nel saggio "La buona politica". Pombeni, professore emerito presso il Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Bologna, con il Mulino ha pubblicato tra l’altro "Il primo De Gasperi" (2007), "La ragione e la passione" (2010), "Giuseppe Dossetti" (2013), "La questione costituzionale in Italia" (2016), "Che cosa resta del ’68" (2018).

I NOSTRI FIGLI CI ACCUSERANNO?
 
Una delle chiavi possibili per affrontare il tema della crisi ecologica è quella etica. In particolare, l’etica della responsabilità costituisce da molti anni un filone di pensiero e di ricerca fertile in questo campo. Il perno di queste riflessioni è spesso costituito dal concetto di ‘debito intergenerazionale’, ovvero i danni che le future generazioni pagheranno per le scelte ecologicamente insostenibili che noi oggi compiamo. Sul tema torna a cimentarsi il padre della decrescita, Serge Latouche, a trent’anni esatti dall’opera che lo consacrò a livello mondiale (L’occidentalizzazione del mondo). Esce infatti per Castelvecchi Editore I nostri figli ci accuseranno? (Castelvecchi, 2019, 48 pagine, 5 euro), che deve il titolo al bel film di Jean-Paul Jaud, (Nos enfants nous accuseront). Latouche ribadisce tesi note: la distruzione dell’ecosistema, il consumo illimitato di risorse finite e non rinnovabili di cui sono sintomi inequivocabili il cambiamento climatico, il buco nell’ozono, la desertificazione, sono un prodotto necessario di un preciso modello di sviluppo: quello imperniato sul concetto di crescita. Ma ciò su cui il filosofo ed economista francese insiste è proprio la questione del rapporto fra le generazioni alla luce della crisi ecologica. Le future generazioni, i nostri figli, i nostri nipoti ci accuseranno di aver sperperato, di aver irresponsabilmente compromesso la qualità della loro vita, quando non la stessa possibilità di sopravvivenza del genere umano. Dunque non c’è solo il tema classico dell’abuso, della violenza che quotidianamente l’era dell’antropocene perpetra a danno della natura, causando già qui e ora milioni di morti, estinzioni di forme viventi, migrazioni di massa. L’etica della responsabilità impone che si tenga conto del saccheggio delle risorse destinate alle generazioni a venire. Molti studiosi di etica ritengono questo un argomento fragile, proprio da un punto di vista etico, ma la prosa di Latouche è come sempre appassionata e coinvolgente, tanto da smuovere anche i più tiepidi. (Ema)


LA GIOVANE AFRICA FUGGE VERSO IL VECCHIO CONTINENTE


È il tema del momento, la presunta emergenza che tiene in scacco l’Europa intera, la bandiera che forze politiche di ispirazione nazionalista sventolano con più foga: l’invasione dei migranti. La questione è in realtà estremamente delicata e complessa e i molti titoli sugli scaffali delle librerie non sempre aiutano a dipanare la matassa. Non è il caso di “Fuga in Europa” (Einaudi, 2018, 200 pagine, 20,00 euro), utilissimo e approfondito testo di Stefphen Smith, che mette in fila alcune cose, non nuove, ma troppo spesso sottaciute o soverchiate dalle propagande allarmiste. L’approccio scelto dal docente di Studi africani alla Duke University, già analista per le Nazioni Unite e L'International Crisis Group è estremamente laico. Consapevole degli interessi in gioco e delle ragioni anche emotive di cui la tematica inevitabilmente si carica oggi, sceglie un saldo ancoraggio ai dati. Ne nasce un saggio di geografia umana prezioso e denso col quale si cerca di trovare un punto di sintesi, un compromesso tra interessi e ideali, tenendo a debita distanza i due eccessi di un dibattito spesso strumentalmente polarizzato: l'egoismo nazionalista e l'universalismo umanista, ritenuti ugualmente pericolosi. La verità che nessuno può negare è che l’Europa sta invecchiando e si sta spopolando, mentre l’Africa è giovane. L’Unione Europea conta oggi 510 milioni di abitanti che invecchiano; l’Africa un miliardo e 250 milioni, il 40% dei quali ha meno di quindici anni. Nel 2050, ci saranno 450 milioni di europei (in maggioranza anziani) contro 2 miliardi e mezzo di africani (in grande maggioranza giovani). Da qui al 2100, tre persone su quattro del mondo saranno nate a sud del Sahara. In questi numeri c’è una spinta prepotente, inarrestabile. E insieme una direzione di marcia, un verso della storia e dei flussi. Per questo motivo, la migrazione di massa appena iniziata, è per modalità e dimensioni la sfida più imponente del secolo appena iniziato.
 
Quindi l’Africa alza la testa, esce lentamente dalla povertà assoluta e si mette in cammino, verso di noi. Questo significa che, molto probabilmente, fra trent’anni in Europa vivranno tra 150 e 200 milioni di afro-europei; oggi sono appena nove milioni. Una presenza pressante di questo di tipo, non arginabile da alcuna legge, porto chiuso o muro o filo spinato ai confini (tra l’altro difficili da piantare nel Mediterraneo), espone l’Europa a una grande questione politica, che rischia di provocare una frattura fortissima tra élite cosmopolite nazionalisti difensori del suolo e, dunque, richiede una grande elaborazione progettuale della società che non solo si vuole, ma che si può realizzare nelle condizioni date. Ecco perché, spiega l’autore, se lo stato sociale universale e senza frontiere diventa una chimera, altrettanto vero è che non è possibile di fare del Mediterraneo una frontiera invalicabile dell’Europa. (Ema)

 

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