di Paolo Pagliaro

Quarant’anni fa, quando i sessantenni di oggi andavano al ginnasio, l’Italia era un grande mattatoio, teatro ogni giorno di efferati omicidi politici, sequestri di persona, violenze. Erano gli anni spietati del terrorismo, dei delitti di mafia e dello stragismo, anni di piombo, come poi vennero chiamati.
Ce lo rammentano due libri appena pubblicati da Paper First, che indagano su questo nostro passato prossimo e implicitamente ci suggeriscono di essere più equilibrati e lucidi quando giudichiamo il presente.
Il primo lo ha scritto lo storico Miguel Gotor, lo studioso italiano più esperto del caso Moro. Il suo saggio si intitola “Io ci sarò ancora”. Arricchito dalla prefazione di Giancarlo Caselli, mette a fuoco la vicenda di un capo politico che passa, nel giro di un’ora, dall’essere l’artefice di una nuova formula di governo e candidato presidente della Repubblica a prigioniero dentro un antro ignoto, spogliato di tutto tranne che della propria umanità, interrogato da uomini senza volto. Il libro di Gotor elenca le omissioni e le menzogne che hanno consentito di chiudere il caso Moro nel nome di una pacificazione senza verità.
Per lo stesso editore, Antonio Padellaro pubblica invece “Il gesto di Almirante e Berlinguer”, che parla di quegli anni prendendo spunto dagli incontri segreti tra il capo del partito comunista e il capo del partito neofascista, due irriducibili nemici pronti a collaborare per impedire che la Repubblica fosse travolta dal terrorismo rosso e nero.
Scrive Padellaro che quando smetteremo di credere completamente alle parole, a qualsiasi parola, resteranno i gesti. Nessuno sa cosa si dissero Almirante e Berlinguer in quei quattro o forse sei incontri a quattr’occhi in  una stanza di Montecitorio, nel deserto parlamentare del venerdì pomeriggio.  Ma è certo che si incontrarono, mettendo al posto dell’odio il rispetto, della rivalità la comprensione.  Con un ammirevole, sorprendente e solitario coraggio politico.