Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

A Milano le Impunture
di Giulio Mogol

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

A Milano le Impunture <br> di Giulio Mogol

MILANO: LE “IMPUNTURE” DI MOGOL 

Si intitola “Art Journey”, il progetto culturale sviluppato da Copernico - rete di luoghi di lavoro e servizi dedicati allo smart working – che esplora interconnessioni e assonanze tra il mondo dell’arte, del business e del lavoro. In esposizione una selezione di opere di Alfredo Rapetti Mogol che scopriamo quindi non solo paroliere della canzone italiana ma artista in grado di unire sapientemente due sue grandi passioni, scrittura e pittura, in una propria tecnica artistica nota come “impuntura”, attraverso la quale l’azione del dipingere confluisce nell’atto dello scrivere: una scrittura pittorica, o pittoscrittura, che gli permette di trovare la forma espressiva che meglio esprime la sua personale e affascinante poetica. Ideato e curato da Giorgia Sarti – fondatrice di diverse Gallerie d’arte tra cui Whitelight Art Gallery, nata proprio tra le mura di Copernico Milano Centrale – “Art Journey” è un percorso che si sviluppa nell’organizzazione di mostre, eventi e iniziative culturali che contaminano tutti gli spazi di Copernico e accompagnano ogni momento vissuto dalla sua community e non solo.

 

 

TORINO: CINEMA E FUMETTI

Visto il grande successo di pubblico, il Museo Nazionale del Cinema di Torino proroga fino al 17 giugno la mostra  “Gulp! Goal! Ciak! Cinema e fumetti”. La mostra, nella Mole Antonelliana, racconta il rapporto tra cinema e fumetto, due arti che, grazie alla loro capacità di raccontare non solo a parole, hanno costruito il proprio linguaggio pur essendo totalmente differenti, abbracciandosi in una lunga sinergia di collaborazione, in un continuo scambio di ruoli e stili. Sfruttando il verticalismo antonelliano, la mostra mette in luce la potenza espressiva e comunicativa di una forma di racconto come quella dei fumetti e dei cartoni animati, grazie all’esposizione di materiali importanti quali tavole originali dei più famosi fumetti, proiezioni e postazioni interattive.

 

ROMA: NUOVE VISIONI DELLA “CASA TIPO”

Fino al 30 maggio, alla British School. la mostra “Mean Home. Adam Nathaniel Furman, Fosbury Architecture and Jack Self”, analizza il rapporto tra architettura inglese e italiana dagli anni Sessanta fino a oggi, mettendo a confronto i contesti politici ed economici della concezione abitativa in entrambi i paesi, improntata, secondo una nuova necessità dell’architettura, alla sostenibilità ecologica, alla correzione della disuguaglianza economica, alla promozione di società inclusive e democratiche. Il progetto Mean Home, a cura dell’organizzazione londinese REAL, si prefigge di esplorare la “fascia media” delle abitazioni italiane e britanniche, presentando nuove visioni della “casa tipo”, in termini spaziali, finanziari, sociali, culturali e materiali. Per ripensare la “casa media”, la mostra si configura come scambio culturale e gioco collettivo: gli architetti di Londra dello studio REAL hanno progettato una “casa tipica” per gli italiani, mentre il collettivo milanese Fosbury Architecture ha ideato un’abitazione per gli inglesi, mettendo in gioco visioni incrociate ed estranee che permettono di allargare gli orizzonti dell’architettura abitativa, in un momento in cui l’Inghilterra, allontanandosi dall’Europa, necessita di un vivo e incessante scambio sul piano culturale e lavorativo. Mean Home non è solo un progetto per la realizzazione di case nuove, ma esplora anche nuovi modelli espositivi per l’architettura, in cui la materia diventa cinematografia e l'architetto assomiglia a un regista che controlla lo svolgersi dell'azione nello spazio e nel tempo.

 

BOLOGNA: I VIAGGI DI PAOLO GOTTI 

 

Riapre la Temporary Gallery di Bologna con la mostra “45 Years travelling. Gli straordinari viaggi di Paolo Gotti intorno al mondo” che propone, fino al 30 giugno, un excursus attraverso alcune delle immagini più significative che il fotografo bolognese ha registrato in 45 anni di esplorazioni in oltre 70 paesi nei cinque continenti. Dal primo grande viaggio in Africa, nel 1974, quando attraversò il Sahara con la sua land rover per poi fare ritorno in Italia a bordo di una nave cargo, agli ultimi viaggi a Cuba alla scoperta delle piantagioni di tabacco e della coloratissima cittadina di Baracoa, in mostra sono rappresentati non solo i paesaggi e i visi delle persone che Gotti ha incrociato nel corso di questi 45 anni, ma soprattutto emerge evidentissimo lo sguardo del fotografo, mai disincantato ma sempre curioso ed entusiasta, convinto che la destinazione non esista senza il percorso e che il viaggio più bello sia quello che bisogna ancora compiere. Proiettati anche i suoi progetti fotografici più significativi degli ultimi anni: Cina 1978. Appunti di viaggio (2019), Ruggine (2018), Stories. Viaggio tra fotografia e letteratura (2016) e Alle origini della terra (2014).  Paolo Gotti nasce a Bologna e si laurea in architettura a Firenze, dove frequenta il Centro di studi tecnico cinematografici. Nel 1974 sceglie l’Africa come meta del suo primo grande viaggio. In seguito a questa avventura che lo segna profondamente, inizia a dedicarsi al reportage, visitando oltre 70 paesi nei cinque paesi. Ancora oggi gira il mondo per immortalare persone, paesaggi e situazioni che archivia accuratamente in un gigantesco atlante visivo che conta oggi oltre 10.000 immagini, da cui nascono i calendari tematici che realizza da circa vent’anni.

 

FIRENZE: 70 ANNI DI STORIA DELLE DONNE

In una mostra 70 anni di emancipazione femminile tra Otto e Novecento, dalle lotte per il lavoro al Nobel per la Deledda. L’esposizione !Lessico femminile. Le donne tra impegno e talento 1861-1926”, fino al 26 maggio alla Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti, esplora l’impegno professionale ed il talento delle donne in Italia, tra Ottocento e Novecento. I termini cronologici si riferiscono a due eventi precisi: l’iscrizione di alcune lavoratrici alla Fratellanza Artigiana nel 1861, e il premio Nobel conferito a Grazia Deledda nel 1926 per il romanzo Canne al Vento. Sono due date simboliche, che tuttavia segnano la storia di un riscatto dell’immagine femminile e del ruolo pubblico delle donne nel periodo post-unitario. Opere d’arte, fotografie ed oggetti illustrano le diverse forme di operosità dell’universo muliebre, descrivendo energie e risorse spesso non riconosciute. Le contadine ad esempio, dedite alle pratiche agricole collegate al ciclo delle stagioni dovevano anche occuparsi degli animali nella fattoria. E nei momenti di sosta dal lavoro più duro, rammendavano, lavoravano a maglia o intrecciavano la paglia, come si può vedere in numerosi dipinti di Silvestro Lega esposti in galleria. Altro futuro attendeva le donne borghesi, che potevano studiare e intraprendere una carriera scolastica, diventare artiste e perfino scrittrici. In quest’ultimo caso, tuttavia, venivano limitate a generi e argomenti considerati specificamente femminili: la scrittura per l’infanzia o per libri di scuola, o articoli in periodici per le giovinette sulle ultime novità della moda, sull’economia domestica, sull’etichetta e le buone maniere. La quiete apparente dei salotti offrì spesso copertura, invece, a pensieri rivoluzionari e patriottici, e fu terreno per una fervida vita intellettuale. In quel periodo Firenze fu meta prediletta e luogo di incontro per figure di spicco nel mondo femminile non solo della letteratura e dell’arte, ma anche dell’impegno sociale e politico, su scala internazionale: qui vissero donne formidabili quali, tra le altre, Elizabeth Barrett Browning, Jessie White Mario, Theodosia Garrow Trollope, Margaret Fuller. La mostra, realizzata in collaborazione con Advancing Women Artists, si sviluppa scenograficamente attorno ad un nucleo centrale di opere di grandi dimensioni, così da far emergere le protagoniste femminili come sul palcoscenico di un teatro. Il percorso prosegue nelle collezioni della Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti - dove è custodita una delle più significative raccolte sul tema del lavoro delle donne nei campi fra Ottocento e Novecento – attraverso un fil rouge visuale con didascalie e focus, oltre a una proiezione multimediale dedicata alle donne nei loro ambienti di lavoro.  

 

VENEZIA: LA COLLEZIONE GRIMANI

A Venezia, al museo di Palazzo Grimani, fino al 30 maggio, “Domus Grimani 1594 – 2019” celebra, dopo oltre quattro secoli, il ritorno nel palazzo della città lagunare della collezione di statue classiche appartenuta al patriarca di Aquileia Giovanni Grimani. Conservata nel palazzo di famiglia in Santa Maria Formosa fino alla fine del 1500, fu poi donata alla Serenissima Repubblica di Venezia proprio per volontà di Giovanni dopo la sua morte. Il fulcro dell0esposizione, realizzata in collaborazione con Unesco,è la ricostruzione di uno dei più significativi episodi della museologia europea – la Tribuna del patriarca Giovanni, ancora integra nella sua struttura architettonica – accompagnata dall’esposizione di arredi e opere nelle sale antecedenti, con l’intento di ricreare la decorazione di una dimora aristocratica del XVI secolo e di restituire così ai visitatori l’atmosfera di un luogo che, grazie a questo progetto, torna protagonista dell’offerta culturale veneziana attraverso un allestimento ispirato all’estetica della “casa-museo”. L’evento è accompagnato da una pubblicazione edita da Marsilio che, oltre ad approfondire la storia della collezione Grimani, ne rivela la sua straordinaria bellezza grazie a una importante campagna fotografica realizzata per l’occasione.

 

VENEZIA: UNA COLLETTIVA “NOTTURNA”

C’è chi vede il notturno nella cometa di Giotto, o chi ne la Liberazione di San Pietro di Raffaello, oppure chi quasi in tutta l’opera di Tintoretto, o anche nei Due uomini che contemplano la luna di David Caspar Friederich o in Alla Luna di Giacomo Leopardi, quando non nella cromia blu dorata di Whistler, oppure chi nelle stelle solari di Van Gogh, o nelle opere dei futuristi Balla e Boccioni. Certamente la notte è stata molto corteggiata dai romantici, epoca in cui nasce il notturno (nocturne en français), come opera per prima musicale, una forma di musica libera, dolce e moderata che si riallacciava alla serenata: Chopin ne scrisse 21, Beetohoven ci allieta con la sonata Chiaro di luna, anche Satie e Debussy non si sottrassero all’impresa. Ma anche la letteratura non si è fatta mancare la notte e il notturno come Theodor Amadeus Hoffmann oppure ancora Leopardi con il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia e l’invito della mostra Notturno Più, in occasione della 58ma Biennale di Venezia, fino al 15 giugno alla galleria The Pool Nyc di Palazzo Cesari Marchesi, è mutuato dalla prima copertina del libro Notturno, una raccolta di pizzini intimistici scritti a mano con gli occhi bendati a causa di ferite dal vate Gabriele d’Annunzio. Una collettiva di 31 artisti che esplora uno spazio tempo di confine in cui l’immaginazione si allarga confidenzialmente con le opere di Mario Airò, Atelier Biagetti, Laura Baldassari, Bertozzi & Casoni, Michel Courtemanche, Meriella Bettineschi, Tommaso Binga, Stefano Cerio, CTRL ZAK, Eteri Chkadua, Jan Fabre, Patrick Jacobs, Ugo La Pietra, Lorenzo Marini, Maria Teresa Meloni, Alessandro Mendini, Aldo Mondino, Francesca Montinaro. Fabio Novembre, Maurizio Orrico, OVO, Paola Pivi, Sarah Revoltella, Jonathan Rider, Andrea Salvatori, Denis Santachiara, Federico Solmi, Giuseppe Stampone, Patrick Tuttofuoco, Vedovamazzei, Alice Visentin.

 

ROMA: ARCANO SOGNO EROTICO

“Polia”, progetto artistico di Carola Bonfili creato appositamente per la Fondazione Baruchello, fino al 7 giugno occupa le diverse sale dello spazio romano tracciando un percorso visionario tra video, sculture, maschere, a comporre una grande installazione i cui elementi alludono a paesaggi senza tempo, tra archeologia, mitologia e immaginari del futuro.  Il progetto della 38enne artista romana - con la collaborazione del musicista Francesco Fonassi e la curatela di Carla Subrizi, è ispirato al libro “Hypnerotomachia Poliphili” (Combattimento amoroso di Polifilo in sogno), un romanzo allegorico, stampato a Venezia da Aldo Manuzio il Vecchio nel dicembre 1499, con 169 illustrazioni xilografiche, che descrive un sogno erotico del suo protagonista, Polifilo, come un viaggio iniziatico il cui tema focale è la ricerca della donna amata, metafora di una trasformazione interiore alla ricerca dell'amore platonico. Ma più che al carattere narrativo del libro - attribuito a diversi autori (tra cui, oltre allo stesso tipografo Aldo Manuzio, a Leon Battista Alberti, a Giovanni Pico della Mirandola, e a Lorenzo de Medici) -, l’artista è interessata alla natura ambigua e polimorfica delle sue xilografie, illustrazioni dei passaggi del sogno di Polifilo che suggeriscono diversi fili narrativi, e diversi possibili accadimenti, all'interno della stessa raffigurazione. L’allegoria del tempo diviene un aspetto centrale del lavoro che allude a temporalità sospese e anacronistiche. Il visitatore è così invitato a percorrere uno spazio che si articola tra interno ed esterno, psichico e mentale, nell’ambito di una scenografia dalle molteplici prospettive.

 

(© 9Colonne - citare la fonte)