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Orari dell’election day
una modesta proposta

Orari dell’election day <br> una modesta proposta

di Luca Tentoni

(21 maggio 2019) Il 26 maggio saranno chiamati al voto - in Italia e negli Stati non appartenenti all'Unione europea - 49.413.168 elettori, ai quali si aggiungeranno gli italiani che risiedono in altri paesi dell'Ue (1.659.874). Le operazioni di scrutinio non saranno rapide e neppure facili. Infatti, in Piemonte si voterà anche per il Consiglio regionale (3.621.796 elettori) e in ben 3.658 centri (221 oltre i 15mila abitanti, 3.437 sotto i 15 mila) si rinnoverà il consiglio comunale (altri 16.108.752 elettori chiamati alle urne). In pratica, in 826 comuni si voterà per le europee, le regionali, le comunali; in altri 2.832 per le europee e le comunali; nei restanti 4.257 (53,7%) si andrà alle urne solo per le europee. Si voterà dalle 7 alle 23. I risultati saranno disponibili durante la notte, se non (quelli definitivi) nel corso del giorno seguente.

A titolo di provocazione (ma non troppo) ci permettiamo di avanzare una modesta proposta per il futuro (in primo luogo per le elezioni politiche). In primo luogo, chiudere i seggi alle 23 oppure prolungare (come si è fatto in passato) il voto fino alle 15 del lunedì è eccessivo: in molti altri paesi europei le urne chiudono prima. Lo si è visto in Spagna, dove già verso mezzanotte i risultati delle elezioni politiche erano già pressoché definitivi. L'election day, inoltre, se da un lato fa risparmiare, dall'altro allunga ulteriormente i tempi dello scrutinio e della diffusione dei risultati.

C'è poi da chiedersi se - alla luce proprio dell'aumento di affluenza fatto registrare alle ultime elezioni politiche spagnole rispetto alle precedenti - sia l'importanza dell'appuntamento con le urne e non il tempo di apertura di seggi a spingere gli aventi diritto ad esprimersi. Nel momento, infine, in cui finalmente si è deciso di ridare dignità all'insegnamento di quella che un tempo si chiamava "educazione civica", la riduzione delle ore di voto da 16 (7-23) a 13 o 14 (dalle 7 alle 20-21) potrebbe essere presa seriamente in considerazione. I risparmi dell'election day, inoltre, si potrebbero utilizzare per ampliare il numero delle sezioni elettorali, considerando che molti anziani (con una popolazione che invecchia) non hanno più il proprio seggio a portata di mano, pur non avendo i requisiti d’infermità previsti dalla legge che autorizzano il voto domiciliare. In questo caso il probabile maggior afflusso orario dovuto alla riduzione di due o tre ore dell'apertura dei seggi potrebbe essere compensato dall'aumento dei seggi stessi, evitando lunghe e faticose file.

Ma c'è un ulteriore strumento che potrebbe essere utilizzato: il voto per corrispondenza. Chiunque, indipendentemente dal proprio stato di salute, dovrebbe poter chiedere al comune d'appartenenza (con largo anticipo, s'intende) di poter votare per posta (in questo caso, il numero degli iscritti alle singole sezioni si ridurrebbe). Le obiezioni al voto per posta e alla segretezza dello stesso sono note, ma forse si potrebbe studiare qualche accorgimento per evitare l'uso improprio di uno strumento che potrebbe far aumentare (o non diminuire di troppo, vista la riduzione delle ore di votazione nei seggi) il numero dei votanti. Ci sono, infine, obiezioni di ordine pratico: chiudere i seggi alle 20 o alle 21 può dissuadere quanti vogliono fare, quella domenica, una "gita fuori porta". A parte il fatto che un momento così importante per la democrazia dovrebbe avere più valore di un picnic, si potrebbe ovviare votando per corrispondenza. Come in molti paesi europei, potremmo evitarci faticose (anche se interessanti) maratone televisive notturne e rendere il lavoro degli scrutatori e degli addetti ai seggi meno oneroso. Fra le tante grandi riforme promesse dai partiti, la revisione del meccanismo di voto può essere inserita, oppure si teme che attuandola si perdano i consensi di chi magari, all'ultimo momento, va ai seggi senza convinzione?

(© 9Colonne - citare la fonte)