Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

A Roma lo splendore dei Regni Thai

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

A  Roma lo splendore dei Regni Thai

ROMA: ARTE PER 150 ANNI RELAZIONI ITALIA-THAILANDIA

 "Antico Siam. Lo Splendore dei Regni Thai", fino al 30 settembre al Museo delle Civiltà di Roma, nell’ambito delle celebrazioni per il 150mo anniversario del trattato solenne di amicizia e commercio tra l’Italia e la Thailandia, in collaborazione con l'Ismeo, Associazione Internazionale di Studi sul Mediterraneo e l'Oriente, d'intesa con il ministero degli Affari Esteri, espone le collezioni di arte thailandese del museo romano con una scelta di opere provenienti da altre collezioni di arte thai, o collegate a figure di eminenti italiani che operarono in Thailandia all’epoca del Trattato e nei decenni immediatamente successivi. Le opere esposte accompagnano il visitatore illustrando diversi aspetti della creatività e della cultura delle genti che nel corso dei millenni abitarono le regioni della Thailandia, dall’inizio della locale Età neolitica (ca. 2200-1100 a.C.) al 1911, anno in cui il Siam fece mostra della sua produzione artistica e industriale all’Esposizione Internazionale di Torino. Particolarmente importante, tra i documenti storici in mostra, è l’originale del “Trattato di Amicizia e Commercio” del 1868, esposto per gentile concessione dell’Unità di Analisi, Programmazione, Statistica e Documentazione Storica della Segreteria Generale del Maeci. Un aspetto particolare della mostra – che segue una esposizione in Thailandia, nella residenza reale di Lopburi, per il progetto Thai-Italiano “Lopburi Regional Archaeological Project” sulla ricerca archeologica nella regione – è quello legato all'interesse italiano per i periodi più antichi dell’archeologia della Thailandia. Sono per la prima volta esposti diversi manufatti di Età Neolitica, dell’Età del Bronzo e del Ferro, provenienti da siti scavati nella provincia di Lopburi, inclusi vasi fittili ornati da misteriosi motivi decorativi deposti nei corredi funebri di Età neolitica.  Inoltre alla mostra, si affianca, fino al 30 settembre, l’esposizione “Antico Siam - Lo Splendore dei Regni Thai” al  centro commerciale Euroma2. (BIG ITALY / red)

ROMA: 180 ANNI DI CAMERE OSCURE

Con circa 320 immagini conservate nelle ricche raccolte del proprio Archivio Fotografico, il Museo di Roma a Palazzo Braschi celebra i 180 anni della nascita ufficiale della fotografia con uno straordinario excursus negli ambiti più significativi della storia fotografica della capitale prima dell'avvento del digitale. L’arte fotografica a Roma nasce prestissimo: già nel 1839, anno della presentazione di Daguerre all’Accademia delle Scienze di Parigi del sistema da lui inventato per fissare le immagini su una lamina argentea, cominciano ad operare i primi dagherrotipisti. Negli anni a seguire Roma è una delle prime città italiane a registrare il passaggio alla fotografia stampata su carta da un negativo, che sarà anch’esso di carta e poi successivamente di vetro. Nella Città Eterna, pur stretta nella morsa del governo temporale papalino, e negli altri Stati italiani, pur agitati dagli eventi che portarono all’unità, si assistette ad una grande diffusione della fotografia che si inserì nella scia del vedutismo sia pittorico che incisorio, per trovare in esso un rapido campo di espansione e commercializzazione, ma che in realtà destabilizzò consolidati modi artistici e antichi sistemi di riproduzione, tanto da suscitare a più riprese l’interesse dei governanti per un sua regolamentazione. Dal punto di vista iconografico la fotografia ottocentesca prese le mosse dalla pittura, nel campo della veduta e del ritratto. Si dovette aspettare la fine dell’epopea risorgimentale e l’annessione al regno italiano perché si creassero a Roma i validi presupposti per un rapido incremento della fotografia intesa non più solo come tecnica di riproduzione legata al mercato delle immagini-ricordo, ma per un suo più consapevole uso nei vari campi in cui poteva essere applicata: il ruolo di capitale portò ad un aumento delle occasioni pubbliche oltre che della popolazione e delle opportunità di lavoro. Il racconto per immagini si snoda per 9 sezioni dedicate alle diverse tematiche, declinazioni e tecniche, di questo affascinante processo. Si parte con Sperimentare con la luce: nascita e progressi della fotografia in cui si alternano il dagherrotipo, la carta salata e l’albumina, esplorati dai primi fotografi, Giacomo Caneva, Frédéric Flachéron, Eugène Constant, Alfred-Nicolas Normand, James Anderson, Robert MacPherson, veri pionieri che si spostavano tra città e campagna con ingombranti attrezzature, spesso accompagnati da pittori, ponendosi in piena continuità con l’arte del proprio tempo. Documentare l'Antico: percorsi tra le rovine, racconta come la nuova tecnica sia stata presto utilizzata anche nell’indagine archeologica, incentrata fin dagli esordi sulle vestigia classiche e sui principali monumenti della città. In una selezione concentrata sul valore quasi puramente simbolico del luogo di culto per eccellenza della cristianità, le immagini proposte nella sezione Centro della cristianità lasciano emergere la Basilica di San Pietro in alcune caratteristiche sue peculiari: da un lato nell’aspetto più solenne e ufficiale, con la grandiosa cupola michelangiolesca che sovrasta la città e il cui armonioso profilo è ormai parte integrante della cultura visiva di tutti i romani; dall’altro nella sua anima quasi “familiare”, che si rivela negli scorci più nascosti di vita quotidiana all’interno delle mura vaticane, nelle grandi riunioni di piazza in lunga attesa di eventi storici o semplicemente della benedizione papale. Quarta tappa della visita la sezione Vie d’acqua: la presenza del fiume e le fontane monumentali con diverse immagini che rappresentano il condizionamento operato nei secoli dalla presenza dell’acqua, del Tevere in particolare, ma anche degli acquedotti e delle fontane. A seguire, Un eterno giardino: Roma tra città e campagna documenta il patrimonio naturalistico ancora straordinario di Roma, nell’opulenza di giardini e parchi. Il percorso espositivo prosegue con la sezione dal titolo La nuova capitale: dai piani regolatori di fine Ottocento alla città moderna, dedicata alle trasformazioni urbanistiche che nei secoli mutarono il volto dell’Urbe, per adeguarla dapprima al ruolo di nuova capitale d’Italia, poi di ideale palcoscenico del regime fascista, o per renderla infine la città moderna che tutti conosciamo. Largo spazio è riservato anche alla quotidianità della vita romana: nella settima sezione, Occasioni di vita sociale, la fotografia si fa tramite di una modalità specifica di comunicazione della storia sociale che, fino ai giorni nostri, restituisce l’immagine della città in tutta la sua vivacità. Attraverso lo specchio: negativi su lastra di vetro propone, in una suggestiva presentazione, una serie di lastre ottocentesche in vetro retro-illuminate. Il percorso si chiude nelle sale al pianterreno con la sezione Ritratti dedicata alla fotografia di figura, con ritratti di personaggi famosi, modelli in posa e interni di studi d’artista ottocenteschi, ma anche con tableaux vivants, i “quadri viventi” di grande fortuna tra fine Ottocento e primo Novecento, che sottolineano ulteriormente il rapporto di stretta complementarietà affermatosi anche a Roma tra fotografia e pittura. (red)

 

PERUGIA: IL RITORNO DEL PINTURICCHIO 

 Torna a Perugia il dipinto su tavola “Madonna col Bambino”, trafugato nel 1990 e attribuito al Pinturicchio. L’opera, che resterà esposta nella Galleria Nazionale dell’Umbria fino al 26 gennaio, è rientrata in Italia grazie all’efficace opera di diplomazia culturale condotta dal ministero per i Beni e le attività culturali e all’attività investigativa dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio culturale. "Questo ennesimo recupero mi rende particolarmente contento - ha detto in un video messaggio il ministro Alberto Bonisoli - sia perché un altro frammento del nostro immenso patrimonio culturale è tornato nel nostro Paese, sia perché sarà possibile renderlo fruibile, per un periodo di tempo, ai cittadini e ai turisti che andranno a visitare la Galleria Nazionale dell’Umbria". “Grazie alla diplomazia culturale – ha dichiarato il ministro plenipotenziario Marco Ricci, intervenuto su delega del ministro per i Beni e le attività culturali Alberto Bonisoli - si restituiscono alle culture di appartenenza opere d’arte illecitamente sottratte, ma, altresì, si contribuisce a promuovere un mercato dell’arte internazionale basato su principi e valori etici universalmente accettati”. Per il generale di brigata Fabrizio Parrulli, comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, “ancora una volta, grazie alle preziose informazioni contenute nella Banca Dati dei Beni culturali illecitamente sottratti, anche a distanza di quasi trent’anni, è stato possibile individuare il dipinto rubato, che da oggi fa ufficialmente il suo ritorno”. Il direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria Marco Pierini ha sottolineato: “È bello che anche opere abituate da sempre a mostrarsi nell’intimità delle raccolte private possano godere di un pubblico più vasto, come accadrà per qualche mese alla splendida ‘Madonna col Bambino’ la cui pertinenza con la raccolta della Galleria Nazionale dell’Umbria è palesemente testimoniata dalle tante consorelle che la accolgono dalle pareti del museo”. (red)

 

SALERNO: UN ARCHIVIO FOTOGRAFICO PER IL CILENTO

A Bellosguardo,  piccolo comune nel Parco Nazionale del Cilento, vengono presentati i primi risultati del progetto “Archivio Bellosguardo” ideato da Alessandro Imbriaco (che ha già portato alla scansione di oltre 5mila foto di famiglie del paese e che ha come obiettivo l’estensione a nuovi comuni ogni anno fino ad andare a includere tutto il Parco Nazionale. L’iniziativa rientra nel Festival Rural Dimensions.  Le vie principali e i luoghi simbolo del paese ospitano una serie di immagini (che in autunno saranno esposte a Roma presso l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, entrando con alcuni scatti selezionati nel suo archivio) frutto del lavoro di digitalizzazione delle fotografie di famiglia e delle campagne fotografiche condotte sul territorio da 5 artisti emergenti, Alessandro Coco, Valerio Morreale, Nunzia Pallante, Mattia Panunzio e Sarah Wiedmann.  In particolare nel convento Santa Maria delle Grazie un’installazione video mostra una selezione più ampia delle immagini private, mentre lungo corso Garibaldi, la strada principale del paese, sono posizionate due installazioni fotografiche di grandissimo formato, elette a simboli del progetto stesso: un’opera della giovane fotografa Nunzia Pallante e una fotografia di famiglia. In 4 mesi di lavoro sono state scansionate oltre 5.000 immagini provenienti da 24 fondi familiari che raccontano momenti di vita pubblica a partire dai primi anni del Novecento, con processioni e cerimonie religiose, sfilate di carnevale e feste scolastiche, così come momenti più intimi e familiari, come i pranzi della domenica, le scampagnate e le giornate tra amici, una vacanza al mare o la prova di un’acconciatura davanti allo specchio. (PO / red)

 

AREZZO: CLARA WOODS, ARTE OLTRE LA DISABILITA’

Clara Woods, nonostante i suoi 13 anni di età e una storia difficile alle spalle, ha superato, in meno di un anno e mezzo, le venti mostre pittoriche e fino all’1 settembre espone alla Limonaia del Palagio Fiorentino di Stia, nella mostta “Tre in uno” insieme a Marco Biscardi e Katsu Ishida, esponente del "Neo-Japonism. Clara non può parlare a causa di un ictus che l’ha colpita mentre era ancora nel grembo materno ma conosce perfettamente tre lingue (italiano, inglese e portoghese) e usa il pennello per comunicare con il mondo e trasferire al suo pubblico la complessità di emozioni e la varietà di colori che il suo animo raccoglie. È proprio dai suoi vissuti giornalieri, infatti, che Clara trae ispirazione per tutti i suoi quadri, attraverso i quali è in grado di svelare tutto il suo mondo interiore. Con un impegno e una costanza quotidiani, che la aiutano a rimanere concentrata e rilassata, Clara sta costruendo a colpi di pennello il suo futuro. “La sua produzione artistica - spiega la mamma Betina Genovesi - è tanto prolifica quanto fruttuosa, al punto che le ha permesso di presentare in ogni personale una collezione interamente nuova e di ottenere, caso unico in Italia per un minorenne, l’approvazione da parte del Tribunale per aprire una sua partita Iva”. Un successo, quello della giovane fiorentina, che attraverso i social network ha raggiunto dimensioni planetarie. “Sono le sue abilità come artista a separarla dagli altri - ha commentato David Stadnyk, imprenditore canadese che ha acquistato un quadro di Clara - Girl in a Room - nel corso di Art Basel 2018 a Miami, di cui la sua azienda era sponsor -, la sua arte non è solo esteticamente gradevole ma racconta anche una storia”.  (PO / red)

TRIESTE: GLI AUTORITRATTI “INVISIBILI” DI VIVIAN MAIER

  Fino al 22 settembre il Magazzino delle Idee a Trieste presenta, per la prima volta in Italia, la mostra “Vivian Maier, The Self-Portrait and its Double”, realizzata dall’Ente per il patrimonio culturale del Friuli Venezia Giulia in collaborazione con diChroma photography, Madrid, John Maloof Collection e Howard Greenberg Gallery New York. Settanta autoritratti, di cui 59 in bianco e nero e 11 a colori, questi ultimi mai esposti prima d’ora sul territorio italiano, raccontano la celebre fotografa attraverso i suoi autoritratti scattati quando ancora, da sconosciuta bambinaia, passava il tempo a fotografare senza la consapevolezza di essere destinata a diventare una vera e propria icona della storia della fotografia. Nel suo lavoro ci sono temi ricorrenti: scene di strada, ritratti di sconosciuti, il mondo dei bambini – il suo universo per così tanto tempo – e anche una predilezione per gli autoritratti, che abbondano nella produzione di Vivian Maier attraverso una moltitudine di forme e variazioni, al punto da essere quasi un linguaggio all'interno del suo linguaggio. Un dualismo. L'interesse di Vivian Maier per l'autoritratto era più che altro una disperata ricerca della sua identità. Ridotta all'invisibilità, ad una sorta di inesistenza a causa dello status sociale, si mise a produrre prove inconfutabili della sua presenza in un mondo che sembrava non avere un posto per lei. Caratteristica ricorrente è l'ombra, diventata una firma inconfondibile nei suoi autoritratti. La sua silhouette, la cui caratteristica principale è il suo attaccamento al corpo, quel duplicato del corpo in negativo "scolpito dalla realtà", ha la capacità di rendere presente ciò che è assente. L'intenzione dell'esposizione – che ripercorre l'incredibile produzione di una fotografa che per tutta la vita non si è mai considerata tale, e che, anzi, nel mondo è sempre passata inosservata – è proprio quello di rendere omaggio a questa straordinaria artista, capace non solo di appropriarsi del linguaggio visivo della sua epoca, ma di farlo con uno sguardo sottile e un punto di vista acuto.  Una storia straordinaria. Vivian Maier (1926 – 2009) ha lavorato come bambinaia per 40 anni, a partire dai primi anni Cinquanta e per quattro decenni, a New York e a Chicago poi. Nel suo tempo libero, fotografava la strada, le persone, gli oggetti, i paesaggi; ritraeva tutto ciò che le destava sorpresa, che trovava inaspettato nel suo vivere quotidiano; catturando l'attimo raccontava la bellezza dell’ordinario, scovando le fratture impercettibili e le inflessioni sfuggenti della realtà nella quotidianità che la circondava. Ha trascorso tutta la sua vita nell’anonimato fino al 2007, quando il suo corpus fotografico è venuto alla luce. Un lavoro immenso, composto da più di 150.000 negativi, super 8 e 16mm film, diverse registrazioni audio, alcune fotografie e centinaia di rullini non sviluppati, scoperto da un giovane immobiliarista, John Maloof. Grazie a lui il lavoro di Vivian Maier è venuto allo scoperto lentamente, da bauli, cassetti, dai luoghi più impensati, e la sua opera fotografica è stata resa nota in tutto il mondo. Scattare ritratti era per Vivian Maier una necessità: il modo con cui definiva la propria posizione nel mondo, e quello con cui provava a restituire l'ordine delle cose. Quando i protagonisti dei ritratti erano poveri, lasciava loro una legittima distanza; quando invece appartenevano all'alta società metteva in atto azioni di disturbo facendo in modo che nello scatto risultassero infastiditi. La Maier aveva due facce: quella che accettava la propria condizione, e quella che invece la combatteva cercando di essere qualcun altro. (9 ago - red)

 

 

 

 

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