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direttore Paolo Pagliaro

Felliniana – Ferretti sogna Fellini a Cinecittà

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Felliniana – Ferretti sogna Fellini a Cinecittà

(31 gennaio 2020) Il 20 gennaio 2020 Federico Fellini – il più noto dei residenti di quella che per lui era la città ideale, Cinecittà – ha festeggiato 100 anni. E Cinecittà non poteva non presentargli un regalo, fisico e immaginario, come è nello stile del Maestro. Per lui, e per tutti i suoi spettatori.

Felliniana – Ferretti sogna Fellini, è il titolo della Mostra-installazione, a carattere permanente, che aprirà al pubblico dal 1 febbraio, negli Studi di Cinecittà, all’interno della storica ‘Palazzina Fellini’.

L’opera porta la firma di Dante Ferretti, lo scenografo premio Oscar® che per Fellini è stato uno dei magici artefici delle sue visioni, un artista-artigiano capace di dare corpo ai suoi sogni, e da Francesca Lo Schiavo, sodale di vita e lavoro di Ferretti, scenografa e set decorator premio Oscar® di fama internazionale. La mostra è una vera e propria immersione nell’immaginario felliniano, oltre che il racconto onirico e suggestivo di un sodalizio artistico e di un’amicizia. Un incontro, tra Federico e ‘Dantino’ nato sul set del Satyricon nel 1969, e una collaborazione diretta avviata con La città delle donne, cui seguono titoli indimenticabili: Prova d’orchestra, 1978; E la nave va, 1983; Ginger e Fred, 1986; La voce della luna, 1990. La meravigliosa maturità del genio riminese.

 

Felliniana, prodotta e promossa da Istituto Luce-Cinecittà, è una piccola città dentro Cinecittà, spazio fisico e di sogno che in un percorso raccolto contiene luoghi, segni, suggestioni dell’intero universo felliniano, al modo delle ‘camere delle meraviglie’ rinascimentali. La mostra si snoda in tre ambienti principali, tre tappe di un viaggio insieme al regista in luoghi elettivi della sua ispirazione.

La sala centrale, scenografata dalle locandine dei film come in un magnifico affresco, racconta l’automobile, un rito assiduo tra il regista e lo scenografo: il tragitto sulla Fiat 125, con cui Federico Fellini si recava a Cinecittà spesso accompagnato da Dante Ferretti, e con la quale la notte amava aggirarsi con gli amici per le strade romane (e di cui Ettore Scola in ‘Che strano chiamarsi Federico’ ha dato una memorabile elegia). Uno spazio fisico (per Fellini un vero e proprio luogo di lavoro) e temporale in cui avevano luogo conversazioni e scambi di idee, ma anche racconti di sogni, su cui Fellini interrogava il suo scenografo.

Il percorso prosegue nella “Casa di piacere”, sala sintesi dell’immaginario racchiuso ne La città delle donne, film simbolo del sodalizio artistico tra Fellini e Ferretti, riunendone in un unico quadro, al modo di un vero e proprio set, personaggi e sequenze memorabili. Ecco allora un bordello-lunapark, in cui compare lo scivolo bordato di velluto rosso e lampadine e luci da giostra fanno da contrappunto all’atmosfera soffusa della casa di appuntamenti.

Oltre all’estrema cura dell’ambiente scenografico e dei suoi arredi, selezionati da Francesca Lo Schiavo - come le maschere orientali presenti nella pellicola - Makinarium ha realizzato sculture in resina e iperrealiste con lo scivolo toboga e le soubrettes che circondano Marcello Mastroianni, lo Snaporaz del film..

Si arriva nella sala finale, quella del Fulgor - luogo emblematico per l’infanzia di Fellini, il cinema di Rimini situato al numero 162 di Corso d’Augusto e restaurato nel 2017 da Dante Ferretti. Il Fulgor ritorna a Cinecittà - dove fu ricostruito nel 1972 per le riprese di Amarcord - ricostruito secondo il modello riminese: in uno stile hollywoodiano anni Trenta voluto perché, come dice Ferretti “è un tipo di sala in cui uno viene al cinema e si trova al cinema, il cinema di una volta”.

Per la Sala sono stati utilizzati materiali tipici della scenografia ma anche interventi artistici ricercati come il trattamento pittorico in stucco veneziano per le pareti e la realizzazione di calchi scultorei per la realizzazione di capitelli, appliques e plafoniere.

 

Nelle tre sale, con la sintesi magica di cui sono capaci gli artisti, Ferretti costruisce una nuova casa ideale di Fellini. Dei nuovi cassetti in cui racchiudere i sogni del Maestro condivisi con lui.

 

La mostra si avvale di importanti contributi che ha visto coinvolti gli scultori di Makinarium, eccellenza nel settore degli effetti speciali, per la realizzazione dei manichini dei protagonisti e delle comparse; della ricerca e della selezione dei costumi, a cura di Anna Lombardi (A.S.C.); della Sartoria Il Costume e dell’attrezzeria scenica E. Rancati;  ma soprattutto del lavoro degli artigiani, dei falegnami e delle maestranze che lavorano a Cinecittà; che hanno fatto e fanno ancora grande il cinema italiano e internazionale.

 

Felliniana – Ferretti sogna Fellini, è la piccola perla posta da Cinecittà sui festeggiamenti per il più rappresentativo dei registi italiani nel mondo, il simbolo di questo mestiere. E sulla grande opera di restauro di tutta l’opera di Fellini, realizzata da Istituto Luce-Cinecittà, Cineteca di Bologna e CSC-Cineteca Nazionale. Un’opera apportata all’immenso edificio dell’opera di Fellini, che permetterà in questo 2020 a lui dedicato di portare nel mondo retrospettive complete, come già avvenuto al prestigioso BFI di Londra, come avverrà al nuovo Museo dell’Academy di Los Angeles progettato da Renzo Piano, e ovunque nel mondo, in Europa, Nord e Sud America, in Asia.

Perché così è con il mondo di Fellini, il cui patrimonio immateriale va curato e trasmesso fisicamente, e i cui oggetti e luoghi, come le scenografie di Ferretti e Lo Schiavo, come Cinecittà, sanno ancora trasmettere tutta l’immaterialità fantastica.

 

Felliniana si inserisce nel percorso di Cinecittà si Mostra il percorso espositivo permanente che permette al pubblico di visitare tutti i giorni gli Studi cinematografici di Cinecittà. (red)

LECCE: IL PAESE DEI BALOCCHI

Con la mostra “Il Paese dei Balocchi”, all’ex Convento dei Teatini di Lecce fino al 31 marzo, una prima volta assoluta a Lecce per i giocattoli vintage e gli oggetti di arte e design messi insieme nel corso di 30 anni dall’antiquario e collezionista bolognese Maurizio Marzadori. Realizzata dal Comune di Lecce, la mostra – che, in precedenza, è stata ospitata al Moma di New York, alla Triennale di Milano e alla Salaborsa di Bologna – include mobili e camere di bambini, arredi scolastici, giochi di legno, realizzati da grandi artisti e designer ma anche da autori sconosciuti che hanno attinto, con la propria creatività, nella cultura e nella moda del loro tempo per realizzazioni destinate a un mercato sia popolare che lussuoso.

VARESE: IN VAL VEDDASCA UN MUSEO PER LA GIOCONDA

 “I volti segreti della Gioconda”, fino all’8 marzo al Civico Museo Parisi Valle, a Maccagno, sul Lago Maggiore, è un viaggio tra le opere che hanno preso ispirazione dalla storica icona femminile di Leonardo da Vinci, a 500 anni dalla sua scomparsa. L’evento si svilupperà in due parti, con video installazioni ed esposizioni di 40 artisti. La mostra darà inizio ad un percorso strutturale per la creazione di un museo stabile, dedicato alla Gioconda e al genio di Leonardo da Vinci.  Fulcro della mostra è il celebre dipinto di Monna Lisa, oggetto delle attenzioni di studiosi, scrittori, intellettuali, curiosi e appassionati; nutrimento per la stampa di tutto il mondo dopo il controverso furto al Louvre nell’agosto 1911. Due anni col fiato sospeso, a cercare di risolvere il mistero della scomparsa del quadro fino al suo ritrovamento a Firenze e l’arresto del reo confesso Vincenzo Peruggia. La figura del Peruggia ricorre quale colpevole dell’ardito gesto, ma a chiudere il cerchio ci sono altri personaggi fondamentali coinvolti, tra cui il marchese sudamericano Eduardo di Valfierno e una coppia: i fratelli Lancellotti. Perché un Museo della Gioconda nel territorio della Val Veddasca? Quali verità si alternano e quante Gioconde esistono al mondo? Incrociando le testimonianze dei residenti, tramandate come preziosa eredità culturale nel corso dei decenni, lo storico e critico d’arte Silvano Vinceti giunge a confermare l’ipotesi più sconcertante: la Gioconda è quasi sicuramente transitata ed è stata nascosta per un periodo a Cadero, piccola frazione montana di Maccagno, dove abitavano i familiari dei fratelli Lancellotti che dalle recenti scoperte hanno avuto un ruolo molto importante nella vicenda, validando le teorie e la possibilità che al Louvre sia esposto un falso.  (red)

 

ROMA, PALAZZO BARBERINI: NUOVO ALLESTIMENTO CAPOLAVORI ‘600

A Roma, le Gallerie Nazionali di Arte Antica riaprono al pubblico 10 sale situate nell’ala nord del piano nobile di Palazzo Barberini, completamente restaurate e con un nuovo percorso espositivo, organizzato secondo un ordine cronologico e geografico, dal tardo Cinquecento al Seicento.Le Gallerie Nazionali di Palazzo Barberini riacquistano così 550 mq di spazio espositivo per il prezioso nucleo dei propri capolavori seicenteschi, offrendo un punto di vista unico sulla portata rivoluzionaria della pittura di Caravaggio e della sua influenza in Italia e in Europa. Il restauro ha interessato le strutture architettoniche, l’impianto di illuminazione, la grafica e gli apparati didattici, con nuovi pannelli esplicativi e didascalie ragionate, nell’ottica di adeguare le sale al recente rinnovo dell’ala sud.80 le opere selezionate in un suggestivo percorso che permette, per la prima volta, di ammirare un’affascinante infilata di sale da un’ala all’altra del palazzo, attraverso il Salone Pietro da Cortona e la Sala Ovale. Dalle finestre, riaperte per l’occasione, si potranno ammirare i giardini del museo con inedite visuali.Un percorso espositivo circolare, che enfatizza il palazzo stesso, con un nuovo respiro e con un rinnovato equilibrio, in cui i visitatori potranno finalmente apprezzare le opere e gli spazi in tutta la loro ampiezza, valorizzando gli assi visivi da un capo all’altro del piano nobile, dallo scalone di Bernini a quello di Borromini.

 

ROMA: COLLETTIVA “SPIRITUALE” CON YOKO ONO

Che cosa significa, oggi, parlare di spirituale? Quale è lo spazio della spiritualità in un mondo dominato da una cultura digitale e tecnologica e da una mentalità ultra deterministica? Esiste ancora un’esigenza spirituale alla base delle istanze dell’arte? Per riflettere su questi e altri interrogativi il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma riunisce alcuni tra i più importanti protagonisti della scena artistica dei nostri tempi nella grande collettiva della materia spirituale dell’arte, fino all’8 marzo. In un allestimento che offre possibilità multiple di percorso sono esposti i lavori di 19 artisti, nomi di spicco del panorama internazionale, provenienti da culture e con background differenti. Le opere di John Armleder, Matilde Cassani, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Elisabetta Di Maggio, Jimmie Durham, Haris Epaminonda, Hassan Khan, Kimsooja, Abdoulaye Konaté, Victor Man, Shirin Neshat, Yoko Ono, Michal Rovner, Remo Salvadori, Tomás Saraceno, Sean Scully, Jeremy Shaw e Namsal Siedlecki, realizzate per la maggior parte nell’ultimo biennio e ripensate appositamente per gli spazi del MAXXI. Le opere sono esposte a fianco di 17 straordinari reperti archeologici etruschi, romani e di produzione laziale, provenienti da quattro tra i principali musei della città: Musei Vaticani, Museo Nazionale Romano, Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia e Musei Capitolini.  Diverse le installazioni in mostra, tra cui quelle di  Matilde Cassani (un drappo di tessuto, come una soglia che introduce nello spazio del sacro), Enzo Cucchi (artista al quale il MAXXI dedica al contempo un Focus della Collezione Arte in Sala Gian Ferrari, fino al 19 gennaio). Jimmie Durham, Haris Epaminonda, Remo Salvadori, Namsal Siedlecki, realizzate o ripensate appositamente per questo progetto. Il percorso si apre e va a chiudersi con le installazioni sonore di Hassan Khan (una composizione per battito di mani) e di Kimsooja (che diffonde gli echi di un canto tibetano), superate le quali si accede al grande spazio centrale che vede emergere la presenza di grandi opere bidimensionali tra cui quelle di John Armleder, Francesco Clemente, Abdoulaye Konaté, Victor Man, Sean Scully, in stretta relazione con gli oggetti antichi (la coppia di Pavoni dei Musei Vaticani, il Fegato dello Scasato di Villa Giulia, lo Scarabeo alato dei Musei Capitolini,  la Collana con Chrismon e la Statua Leontocefala, entrambe del Museo Nazionale Romano, la Gemma della dea Roma dei Musei Capitolini – Fondazione Santarelli). Fotografia (le mani di donne iraniane nel gesto di offrire versi di poeti della tradizione farsi di Shirin Neshat) e video (MichalRovner, Jeremy Shaw) dialogano con le installazioni immersive di Elisabetta Di Maggio (che ricrea con i francobolli il pavimento cosmatesco della Basilica di San Marco) di Tomás Saraceno (che trasforma il fluttuare della seta di ragno in  vibrazioni sonore), per finire con un’importante opera di arte partecipativa di Yoko Ono. (red)

 

NUORO: SGUARDO AFRICANO SULLA SARDEGNA

Il MAN Museo d’Arte Provincia di Nuoro presenta, fino all’1 marzo, la prima grande mostra personale in un museo europeo dedicata a Kiluanji Kia Henda, uno dei più significativi artisti e attivisti di origine africana nello scenario dell’arte contemporanea. “Something Happened on the Way to Heaven” vede il 41ebbe artista angolano offrire il proprio sguardo estetico sulla Sardegna. Il progetto ripropone una modalità di invito-residenza già attivato lo scorso anno con l’artista franco-ivoriano François-Xavier Gbré e prosegue una linea di ricerca avviata dal MAN sulla scena artistica africana contemporanea. Il progetto sarà poi presentato alla Galerias Municipais di Lisbona in ottobre. In esposizione una serie di opere scultoree e installative realizzate da Kiluanji Kia Henda durante il soggiorno sull’isola, accanto a lavori fotografici precedentemente prodotti. Nelle opere di nuova produzione le bellezze paesaggistiche della terra sarda si fondono con le tracce architettoniche della Guerra Fredda e delle basi militari ancora presenti sull’isola. Sono elementi che caratterizzano tutto il bacino Mediterraneo di oggi, terra di migrazioni e ingiustizie sociali all’interno di una paradossale cornice di idilliaca bellezza naturale. (red)

 

NAPOLI: IL MITO DI ANDY WARHOL

Un’esposizione interamente dedicata al mito di Andy Warhol alla Basilica di Pietrasanta di Napoli che, fino al 23 febbraio con oltre 200 opere scelte, regala al pubblico una visione completa della produzione artistica del genio americano che ha rivoluzionato il concetto di opera d’arte a partire dal secondo dopoguerra. Immortali icone e ritratti, polaroid e acetati, disegni e il mondo della musica, il brand e l’Italia: nel capoluogo campano arriva - in sette sezioni - quel mondo Pop che ha segnato l’ascesa di Warhol come l’artista che ha stravolto in maniera radicale qualunque definizione estetica precedente, attraverso miti dello Star System e del merchandising come le intramontabili Campbell’sSoup, il ritratto serigrafato di Marilyn derivato da un fotogramma di Gene Korman, le celebri serigrafie di Mao del 1972 e il famosissimo Flowers del 1964. In oltre 200 opere il percorso artistico e privato di un uomo eclettico che ha segnato l’arte a tutto tondo, trasformando visioni e concetti, fermando nell’immaginario collettivo volti, colori e scene e regalando all’Arte tutta, un aspetto nuovo. Accanto a opere che raccontano la scena americana del ‘900, nelle sale della Pietrasanta anche lavori che rivelano il rapporto di Warhol con l’Italia e un focus dedicato alla città di Napoli col suo Vesuvius del 1985 e il Ritratto di Beuys, realizzato nel 1980 in occasione della mostra tenutasi presso la Galleria Amelio. Presenti in mostra i suoi immancabili ritratti di grandi personaggi, figure storiche che il suo genio e la sua arte hanno trasformato in leggende contemporanee: i volti di Man Ray, Keith Haring, Edvard Munch, Lenin, Giorgio Armani e un rarissimo ritratto della Monna Lisa realizzato con inchiostro serigrafico su pergamena nel 1978. (red)

NAPOLI: LE SCULTURE “SOSPESE” DI NAGASAWA

Dopo l’installazione dello scorso anno di UemonIkeda, che con il suo fragile filo rosso creò una struttura aerea che ha avviluppato l’architettura dell’edificio, Palazzo Reale di Napoli incontra nuovamente l’arte orientale con una mostra dedicata al grande artista giapponese Hidetoshi Nagasawa (1940-2018). Scultore tra i più noti a livello internazionale, l’artista arrivò in Italia a 27 anni, dove ha trascorso il resto della sua vita. Nagasawa ha saputo far dialogare la cultura occidentale e quella orientale, fin da quel viaggio di iniziazione in bicicletta durato un anno e mezzo che intraprese nel 1966 dal Giappone all’Italia, attraverso l’Asia, la Turchia, passando per Brindisi, fino a Milano. L’esperienza del viaggio è stata per Nagasawa il fulcro artistico e filosofico delle sue creazioni e ponte tra culture. Nella mostra “Hidetoshi Nagasawa. Sotto il cielo e sopra la terra”, fino al 10 marzo, le grandi sculure di Nagasawa, calate nella architettura razionale delle forme geometriche tardo manieriste di Palazzo Reale, esprimono l’intervallo dello spazio “vuoto” tra più elementi strutturali, in posizioni indefinite e sospese. (red)

TORINO: KONRAD MAGI, LA LUCE DEL NORD

Ai Musei Reali di Torino, fino all’8 marzo, la mostra “Konrad Mägi. La luce del Nord”, dedicata all’artista estone dalla straordinaria forza espressiva, fatta soprattutto di colore e di luce. Mägi è considerato il capostipite della pittura estone moderna ed è spesso assimilato ad artisti come Vincent Van Gogh e Alfred Sisley, con cui ha in comune l’uso audace della materia pittorica e degli effetti luminosi. La mostra cade in prossimità dei 100 anni dalla visita di Konrad Mägi in Italia e, con oltre cinquanta opere (paesaggi, ritratti e disegni), è una delle personali più grandi mai realizzate in Europa. L’opera di Konrad Mägi è il lavoro di una personalità irrequieta e intensa, che attraverso la sua pittura di paesaggio, tesa e talvolta onirica, costruita con una materia densa ed espressiva, racconta al continente europeo il fascino della natura del Nord, dei suoi grandi cieli solcati da nuvole instabili e accese dai bagliori del tramonto, i laghi, le campagne distese e le scogliere a picco sul mare. Impossibile da collocare in un preciso movimento, Mägi sfiora tutte le correnti senza mai farne propria nessuna. Ama la natura e la dipinge come se stesse facendo un ritratto; al contrario, i suoi pochi ritratti di persone sono realizzati come se stesse dipingendo la natura, che percepisce come uno spazio metafisico e sacro. Anarchico, eccentrico, sognatore e utopista, Mägi è un artista unico nel panorama europeo del primo ventennio del Novecento, per il suo approccio alla pittura e, più in generale, alla vita. Come scrisse egli stesso nel 1906: “Prima o poi bisogna andare a vedere il mondo, anche a costo della vita, perché non fa differenza come uno muore e dove muore”. L’ultima sua fase creativa coincide, nel 1921, con il viaggio in Italia, dove realizza luminose vedute di Roma, di Capri e di Venezia. Tornato in patria e gravemente malato, si spegne nel 1925, all’età di 47 anni. (red)

 

 

 

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